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Il ruolo del fisiomental coach durante il recupero

di - 18/02/2019

Un interessante approfondimento di Paolo Valli, , fisioterapista-osteopata e mental coach e professore a contratto presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Quanto conta il fisiomental coach nelle attività di recupero da un infortunio, in mod da evitare pericolose ricadute?

La vita degli atleti, professionisti e non, è inevitabilmente segnata da eventi traumatici, da cui spesso risulta difficile riprendersi. Gli infortuni sono infatti un ostacolo che può bollare in maniera indelebile non solo il corpo, ma anche la mente di chi fa sport. Talvolta infatti, pur in presenza di un pieno recupero fisico per cui le prestazioni potrebbero tornare a livello di eccellenza, è la mente il freno che impedisce di lasciarsi alle spalle lo shock.

Se tralasciamo di curare, o meglio, di prenderci cura della mente, commettiamo un errore fondamentale: monitorare lo stato emotivo di un atleta nella fase di recupero dovrebbe essere la regola nella condotta quotidiana. – spiega Paolo Valli, mental coach e fisioterapista-osteopata, che prosegue – La paura di farsi male nuovamente, la rabbia, la frustrazione vanno riconosciute e trattate al pari di un muscolo o di un’articolazione”.

Secondo il fisiomentalcoach ci sono però 5 passi fondamentali per ottenere un recupero mentale che vada di pari passo con quello fisico.

 

  1. Dai la giusta misura al problema

Tradotto: inquadra correttamente l’accaduto. Sappiamo che molti dei ritardi o degli insuccessi di un recupero sono dovuti a una non corretta classificazione del problema fin dall’inizio. È necessario quindi chiedere il supporto di uno staff sanitario competente per un corretto quadro clinico. “Capire l’entità del trauma o della patologia consente una corretta programmazione sia del percorso terapeutico che dei tempi di recupero. Se si sbaglia in questa fase, si rischia non solo di peggiorare la situazione, ma anche di porsi degli obiettivi non congrui. Di pari passo vanno monitorate le reazioni emotive che, spesso, portano a sovradimensionare o a sottostimare il problema generando preoccupazione, frustrazione e senso di impotenza”, specifica Valli.

  1. Non vivere l’infortunio come un castigo

Il primo passo falso che molti commettono è quello di vedere l’infortunio come un castigo: l’infortunio fa parte degli accadimenti naturali nella storia di uno sportivo. Chi fa sport sa che a un certo punto qualcosa può capitare. È sicuramente più interessante ribaltare il concetto e chiedersi il perché sia capitato l’infortunio o si è arrivati a quella condizione. E la sfortuna non c’entra proprio niente.

In quest’ottica, l’infortunio diventa un momento di riflessione sulla propria condizione fisica e mentale e, di conseguenza, un’opportunità per migliorare quegli aspetti che ci hanno esposto ad un maggior rischio. “È proprio durante il recupero dall’infortunio che molti sportivi imparano a conoscere meglio il proprio corpo e la propria mente, ad ascoltare le proprie sensazioni fisiche e mentali e a comprendere le motivazioni di quanto successo. È un momento in cui si ha la possibilità di prendersi cura di corpo e mente in maniera sostanziale, di dedicarsi a lavori mirati per ottimizzare i parametri di forza, resistenza, coordinazione, oltre che per stabilire un piano alimentare corretto. Tutto questo permette di ricominciare con un nuovo slancio e con nuove risorse”, aggiunge Valli.

  1. Non fermarti completamente, trova qualcosa di sostitutivo e mantieni alta la motivazione

Nella fase di recupero di un problema fisico è importante non fermarsi e scegliere, se è il caso, qualcosa che, in via transitoria, permetta di mantenere un buon livello fisico generale. Se per esempio non è possibile sollecitare il carico sulla gamba, si potrà andare in acqua e muoversi in assenza di peso; se non si può correre ci si può dedicare alla bici o al nuoto; se non si può sforzare il braccio, ci si potrà concentrare sulla parte inferiore del corpo, ecc.

Il fatto di non fermarsi nonostante l’infortunio consente di non far decadere i parametri cardio-respiratori, permette di sollecitare meno o in maniera diversa e congrua una struttura, aiuta a mantenere normali livelli metabolici e a continuare a produrre quelle sostanze (endorfine, neurotrasmettitori, mediatori chimici endogeni) in grado di regolare il dolore e anche il tono dell’umore utile a mantenere la giusta motivazione”.

Mantenere alta la motivazione implica un processo fondamentale e strutturato. Per farlo, è fondamentale riprogrammare adeguatamente gli obiettivi e gli step del percorso di guarigione, oltre che anche di quello che verrà dopo la ripresa. “Un errore commesso sulla strutturazione degli obiettivi può portare all’insuccesso e al decadimento drastico della componente motivazionale”, sottolinea il fisiomentalcoach.

Un altro modo per mantenere la giusta motivazione è quello, ad esempio, di mantenere i contatti con la squadra o il gruppo sportivo fin da subito, evitando l’isolamento o il sentirsi fuori posto. Si può farlo anche introducendo il prima possibile esercizi e tecniche sport-specifiche, che avvicinino in tempi rapidi all’idea del recupero della disciplina sportiva.

  1. Rispetta la gradualità

In questo è fondamentale, ancora una volta, il supporto dello staff medico e tecnico. Ma la persona ha un ruolo fondamentale. Secondo il fisiomentalcoach, “Gli esperti ti possono dare le giuste indicazioni che derivano dalle loro competenze, ma sei tu che senti il tuo corpo, la tua mente, le tue sensazioni e li guidi per declinare su di te in maniera corretta le loro regole. Non devi strafare pensando che se fai di più fai meglio. Così come non devi lasciarti andare al fare meno pensando di evitare rischi. Nel processo di recupero è necessario rispettare il criterio dell’esposizione graduale e misurata all’esercizio e alla tecnica: se fai troppo rischi, se fai troppo poco rallenti o non prepari adeguatamente le strutture. Serve la giusta misura”.

  1. Riprendi l’attività quando è il momento giusto

Il momento della scelta della ripresa è cruciale per lo sportivo. E non è affatto facile, nemmeno per gli esperti e per lo staff. Se è vero che stabilire e seguire il percorso di cura è un processo che può prevedere aggiustamenti e modifiche in itinere, decidere quando è il momento per rientrare in gara è tutt’altro che semplice.

Di base è fondamentale essere al cento per cento dal punto di vista fisico: forza, agilità, coordinazione, reattività sono fenomeni misurabili attraverso test o strumenti specifici e ci danno la misura del livello raggiunto. Ma da soli non bastano. “È importante che la testa sia pronta a riprendere la competizione e che tu sia ‘emotivamente’ pronto. Se coesistono stati d’animo come la paura di farsi nuovamente male o il non sentirsi all’altezza, se si sente l’incombenza pressante delle aspettative, proprie o dall’esterno, se la mente non è ben centrata e focalizzata ma si perde in congetture inutili, tutto questo costituisce un fattore critico e mina l’adeguata ripresa”.

Per questo, secondo Valli, è fondamentale seguire tutti gli step nell’affrontare l’infortunio. Solo così la ripresa dello sport diventa quasi automatica. Al contrario ci si può esporre a un rischio molto elevato di re-infortunio.

 

Il lavoro di mental coaching a seguito di un infortunio ha il compito di regolare le emozioni e la condizione di tensione psichica dell’atleta in modo tale da influire in modo decisivo sui processi fisici di guarigione e sulla prestazione finale. Con il mental coaching, anche attraverso l’impiego di tecniche specifiche, si è anche in grado di ottenere migliori livelli di performance e di ristrutturare una più coerente programmazione degli obiettivi”, conclude Valli.

Paolo Valli, fisioterapista-osteopata e mental coach, è nato a Bergamo nel 1973. Dal 2002 è professore a contratto presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Nel 2006 fonda il IRO Medical Center, una struttura polifunzionale dedicata alla riabilitazione principalmente in ambito ortopedico con particolare focus sulle problematiche della colonna vertebrale e sulle patologie legate alla pratica sportiva. Svolge la sua professione dal 1995 e negli ultimi anni, come mental coach ha scelto di approfondire e di specializzarsi sul ruolo che giocano i fattori mentali all’interno di un percorso di cura e di prevenzione. Con Tecniche Nuove ha pubblicato ‘La tua svolta al dolore’, (novembre 2016), un testo che guida il paziente verso un personale percorso di guarigione dal dolore cronico e dalla fibromialgia.

centroiro.it

 

Alberto Fossati, nasco come biker agli inizi degli anni novanta, ho vissuto l'epoca d'oro dell'off road e i periodi della sua massima espansione nelle discipline race. Con il passare degli anni vengo trasportato nel mondo delle granfondo su strada a macinare km, facendo collimare la passione all'attività lavorativa, ma senza mai dimenticare le mie origini. Mi piace la tecnica della bici in tutte le sue forme, uno dei motivi per cui il mio interesse converge anche nelle direzioni di gravel e ciclocross. Amo la bicicletta intesa come progetto facente parte della nostra evoluzione e credo fermamente che la bici per essere raccontata debba, prima di tutto, essere vissuta.