Pubblicità

La Granfondo di Sant’Angelo Lodigiano vista da noi

di - 26/03/2018

La Granfondo di Sant’Angelo Lodigiano giunge alla nona edizione, una manifestazione amatoriale che è cresciuta negli anni, nata da una scommessa di Vittorio Ferrante e da tutto lo staff del Pedale Sant’Angiolino, sodalizio storico della cittadina lombarda. La granfondo di Sant’Angelo Lodigiano, così come la conosciamo oggi, rappresenta una vera e propria “classica d’apertura” per il territorio del nord-ovest padano.
Ci viene da dire, “finalmente un fine settimana senza rinvii”, in considerazione del meteo inclemente che ha costretto a posticipare diverse manifestazioni,nei week end che hanno preceduto la granfondo lombarda, fattore che ha sancito il debutto stagionale per moltissimi corridori e appassionati. In questo contesto il percorso lungo di 160km che di norma consente di allungare i tempi di gara rispetto ai percorsi costieri di inizio stagione ha rappresentato per molti una sfida più ostica del solito. Anche la partenza dei circa 1100 iscritti è avvenuta sotto un cielo a tratti coperto e con una temperatura di appena 5 gradi.
Dopo un breve tratto ad andatura controllata, con una salita, il gruppo si è frazionato, anche a causa di alcune cadute e forature dovute allo stato di alcuni tratti di strada (purtroppo la Provincia di Pavia non brilla per la condizione in cui versano alcune strade). E’ in questa prima fase che si è concentrato il grosso del lavoro per i mezzi scopa al seguito, mentre le ammiraglie seguivano il resto del plotone.
Giunti a ridosso della collina, attraverso un itinerario più diretto, se paragonato alle edizioni precedenti, sono partite le prime vere scaramucce, fughe  che sono andate a determinare l’esito della gara per i percorsi corto e medio.
Per il lungo e per la maggior parte del plotone la vera selezione si è avuta più tardi, dopo una breve discesa seguita da uno strappo, altra novità’ di quest’anno, dove le pendenze arrivano a sfiorare il 17%. La discesa e la successiva salita verso San Damiano al Colle, in un paesaggio di vigneti immersi finalmente in un sole più convinto, hanno di fatto consolidato i gruppetti esistenti fino alla divisione tra i percorsi lungo e medio. Il percorso lungo ha quindi affrontato un anello che aveva per punto più elevato il Passo del Carmine seguito poi dalla tecnica discesa di Ruino verso la diga del Molato e l’omonimo lago.
I gruppi hanno poi percorso il fondo valle della Val Tidone fino alla salita per Montalbo dove e’ avvenuto il ricongiungimento con il percorso medio. La segnaletica e i volontari, ben presenti a presidio degli incroci, sono risultati fondamentali nel tratto successivo caratterizzato da un alternanza di brevi salite e discese. Tutta l’attività di controllo non è stata semplice, visto il dedalo di strade secondarie dell’appenino; qui siamo a ridosso dei tratti appenninici pavese e piacentino. Dopo l’ultima ascesa a Montù Beccaria, il rientro è stato caratterizzato da un vento contrario che ha limato le forze residue dei volenterosi che tiravano, mentre come sempre, qualcuno ne ha approfittato per restare a ruota salvo poi piazzare la stoccata in vista dell’arrivo. Ma anche questo, lo sappiamo, fa parte delle gare e fornisce argomenti di cui discutere durante il pasta party di cui abbiamo apprezzato in particolare la scelta di proporre anche dei gustosi ravioli oltre alla solita pasta. Di fronte ai tavoli, si sono svolte le premiazioni come sempre ben curate dell’organizzazione guidata da Vittorio Ferrante.
Docce disponibili in numero adeguato e calde, nota non di secondo piano in una giornata che nonostante il sole sempre più convinto ha visto arrivare al traguardo molti concorrenti infreddoliti, in particolare quelli che hanno optato per il percorso corto e medio. Una gran fondo che conferma i propri punti di forza e mostra, con i cambi di percorso fatti, di voler cercare di colmare alcune lacune, pur restando ovviamente soggetta ai compromessi dovuti alla distanza tra la sede di partenza e la parte collinare del percorso.
Grazie al prezioso contributo di Davide Sanzogni e alle immagini  di Paolo Colombo (Foto Ottica Colombo).

Alberto Fossati, nasco come biker agli inizi degli anni novanta, ho vissuto l'epoca d'oro dell'off road e i periodi della sua massima espansione nelle discipline race. Con il passare degli anni vengo trasportato nel mondo delle granfondo su strada a macinare km, facendo collimare la passione all'attività lavorativa, ma senza mai dimenticare le mie origini. Mi piace la tecnica della bici in tutte le sue forme, uno dei motivi per cui il mio interesse converge anche nelle direzioni di gravel e ciclocross. Amo la bicicletta intesa come progetto facente parte della nostra evoluzione e credo fermamente che la bici per essere raccontata debba, prima di tutto, essere vissuta.