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La Granfondo Internazionale Torino

di - 11/09/2018

Settembre sembra essere il mese delle granfondo cittadine, ecco il racconto della Granfondo Internazionale di Torino.

Non sono mai stato un grande estimatore delle granfondo cittadine (forse per via del fatto che solitamente i percorsi da esse proposti siano poco affini ai mei gusti e caratteristiche, o più probabilmente perché mi piace visitare posti maggiormente “naturalistici”) ma questo fine settimana ho ceduto al richiamo della Granfondo  Internazionale Torino, a poco più di un’ora di distanza da casa mia e con un percorso tutt’altro che banale. La basilica di Superga, uno dei simboli religiosi architettonici e perché no, sportivi della città, è la stupenda sede di arrivo della gara; quest’ultima propone due percorsi, un medio da circa 100km e 2200m di dislivello ed un lungo da 125km per 2600m.

Entrambi partono dal centro di Torino per snodarsi sulle colline torinesi e dell’astigiano, per poi tornare verso il capoluogo piemontese ed affrontare la scalata verso il traguardo che sovrasta la città; una delle peculiarità che accomuna ulteriormente i due percorsi è quella di proporre le stesse – e maggiori – difficoltà altimetriche nella parte iniziale, con la salita verso Pino vecchio, e naturalmente in quella conclusiva del tracciato. La bellissima location che ospita la partenza (oltre alle classiche le operazioni pre e post gara) è invece quella di Borgo Medievale, splendido museo a cielo aperto posto all’interno del Parco del Valentino e sulle sponde del fiume Po’, dove, tra fortificazioni e splendide fontane, ci si può rilassare rimanendo comunque a due passi dal centro città. Lo start avviene alle ore 8, in una giornata settembrina dal cielo limpido e clima ancora estivo, con il folto plotone che si avvicina ad andatura controllata verso le prime rampe di Pino Vecchio, dove il direttore di corsa abbassa la bandierina e si inizia a “far sul serio”; questa prima salita è molto pedalabile, ma sufficientemente lunga (circa 5km) per sgranare il gruppo e creare ordine nella successiva discesa. Fatico parecchio durante le prime fasi di corsa, solitamente preferisco avere qualche chilometro più “rilassato” per prendere confidenza con lo sforzo e scaldare bene le gambe dopo le usuali attese in griglia di partenza, ma stringendo i denti riesco a mantenermi in un ottimo gruppetto, con il quale affronterò poi tutta la gara. Scavalcata questa prima asperità, il tracciato punta diretto verso le colline dell’astigiano e del Monferrato, in un susseguirsi senza soluzione di continuità di strappetti, falsipiani e discesine che obbligano a continui rilanci e tolgono la possibilità di impostare un ritmo omogeneo; dopo la separazione dei percorsi il lungo affronta la salita di Cocconato, unica vera ascesa che si può definire tale prima di quella conclusiva. Ma i dolori per me cominciano dopo il novantesimo chilometro, quando gli strappi accorciano la loro lunghezza ma aumentano la pendenza, oltretutto inseriti in un contesto di stradine strette e svolte secche: la sagra del rilancio. Con non poca fatica arrivo al cartello dei meno 10 chilometri ancora agganciato al mio gruppetto, ma sento che il ritmo finora sostenuto ha quasi completamente svuotato i miei serbatoi di energia e, soprattutto, ha messo a dura prova i muscoli riempiendoli di acido lattico; il risultato è che alla prima rampa della salita verso Superga perdo le ruote di chi mi precede, rimango insieme ad una altro ragazzo che è nelle mie stesse condizioni e con lui salgo regolarmente verso il traguardo.

La salita, affrontata dal versante di Valle Ceppi, di per sé non è impegnativa, poiché alterna alcune rampe a lunghi tratti quasi pianeggianti; giunti a poco meno di un chilometro dalla vetta di si ricongiunge però con il versante “classico” e qui le pendenze aumentano intorno al 10%, ma mancano davvero poche centinaia di metri per arrivare al piazzale della Basilica ed è solo questione di concentrazione. Davvero emozionante terminare la gara al cospetto di questo monumento, una chicca che ben poche altre città possono permettersi; il rientro alla base avviene fuori gara, per cui ci si gode qualche pedalata in scioltezza e le gambe ringraziano del favore. Dopo una doccia veloce mi fiondo nuovamente al Parco del Valentino, dove partecipo molto volentieri al pasta party e mi gusto quel paio d’ore di relax in uno degli splendidi prati che caratterizzano questo grande giardino pubblico. Sinceri complimenti agli organizzatori, che sono riusciti a proporre una gf che coniuga i sapori di “libertà” delle colline con la comodità e il richiamo artistico di una città come Torino.

granfondotorino.it

foto C.O. (grazie)

Alberto Fossati, nasco come biker agli inizi degli anni novanta, ho vissuto l'epoca d'oro dell'off road e i periodi della sua massima espansione nelle discipline race. Con il passare degli anni vengo trasportato nel mondo delle granfondo su strada a macinare km, facendo collimare la passione all'attività lavorativa, ma senza mai dimenticare le mie origini. Mi piace la tecnica della bici in tutte le sue forme, uno dei motivi per cui il mio interesse converge anche nelle direzioni di gravel e ciclocross. Amo la bicicletta intesa come progetto facente parte della nostra evoluzione e credo fermamente che la bici per essere raccontata debba, prima di tutto, essere vissuta.