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La nuova Specialized Roubaix, oltre il pavé

di - 10/04/2019

Ecco la nuova Specialized Roubaix, la bici di Specy dedicata al pavé ma che in questa rinnovata configurazione non si vuole fermare alle pietre del Belgio. Il nome è di quelli importanti, che con se portano un peso, che richiamano interesse ma al tempo stesso delle pretese, una delle prime biciclette di questa categoria con l’obiettivo di essere totalmente a disposizione dell’atleta in tutta la sua tecnologia: suspended the rider not the bike, come dire, rendiamo la bici il più efficacie possibile, in modo che l’atleta si concentri sulla prestazione.

Inazione con la nuova Roubaix all’interno del pavé di Arenberg

Le prime impressioni ci parlano di una bici veloce, stabile e confortevole, capace di adattarsi alle richieste del pilota; riduttivo categorizzarla come una bici solo per l’attività endurance o per lo sconnesso.

Ci piace iniziare la descrizione di questa bicicletta con una considerazione personale ma che porta con se un messaggio tecnico: la categoria di bici di cui fa parte la nuova Specialized Roubaix è un segmento di prodotti che non è mai stato capito a pieno dal consumatore italiano, più in generale dagli appassionati delle nazioni latine, sempre orientati alla ricerca della prestazione massima, dell’agonismo che sfocia nell’emulazione verso i corridori pro, che in molti casi ha portato degli svantaggi, non dobbiamo nasconderlo: un amatore, anche se ben allenato non è come un atleta che fa il professionista di mestiere. Pedalare su una bicicletta che esprime concetti estremi è gratificante ma al tempo stesso impegnativo. La bici marcatamente racing chiede tanto al fisico, pretende di essere portata al limite e non tutti gli appassionati sono in grado di andare sempre “ a tutta” come un pro. Ecco che un progetto come la nuova Roubaix può diventare una soluzione ottimale per la buona parte degli amatori, un progetto accattivante in termini di design, versatile nell’utilizzo, valorizzata e in grado di valorizzare i freni a disco.

In azione sui muri del Fiandre

Possiamo inserire la Roubaix che andiamo a presentare nelle prossime righe, come una bicicletta che prende qualcosa dalla Venge Disc e dalla Tarmac Disc, forme e impatto visivo, moduli di carbonio, applicazione del composto ma anche e soprattutto l’aerodinamica. Questo progetto adotta il protocollo dalle tubazioni FreeFoil Shape, in comune proprio con i due modelli sopra citati.

Ecco il grafico di valutazione aerodinamica della Roubaix

Una Roubaix aerodinamica? Si è così, a conferma del suo essere moderna e orientata alla performance. Oggi l’aerodinamica è ovunque, ha varie forme e applicazioni, ognuna di queste ha un indirizzo specifico e la nuova Roubaix conferma proprio questo concetto. L’abbiamo scritto nel corso di pubblicazioni precedenti a questa: se consideriamo le medie finali delle competizioni degli ultimi anni, è facile capire quanto ci sia stato un innalzamento di queste e delle velocità massime. La Specialized Roubaix che andiamo a presentare ha un’efficienza aerodinamica maggiore se messa a confronto con la versione Tarmac SL6. Tecnologia, biciclette migliori e specifiche, pneumatici, ruote dal profilo alto, i freni a disco, le geometrie del mezzo e molto altro, tutti fattori che hanno contribuito a far diventare più veloce il corridore ma anche più sicuro sullo sconnesso. Il sistema ammortizzante Future Shock 2.0? Un valore aggiunto non da poco integrato in una bicicletta che è un vero e proprio sistema.

Sporca e tirata al limite dopo una mattinata di pioggia, fango e pavé ma con il fascino del velodromo alle spalle.

IL TELAIO, LA FORCELLA E IL FUTURE SHOCK

Il frame è un full carbon monoscocca che utilizza due moduli diversi: Fact 11r per i modelli S-Works, Fact 10r per il resto della gamma (Comp e Sport). Totalmente in carbonio è anche la forcella, quest’ultima include quello che per alcuni aspetti consideriamo il cuore tecnologico del progetto Roubaix: la sospensione Future Shock 2.0 che include un circuito idraulico con una valvola che regola il passaggio del liquido in estensione e in compressione, in aggiunta alle molle interne. Una precisazione: 2.0 come camera idraulica è in dotazione ai modelli S-Works, mentre Comp e Sport adottano una versione (Future Shock 1.5) senza sistema idraulico e comunque più evoluto e funzionale rispetto alla sospensione più anziana. 

Ecco uno spaccato del Future Shock 2.0

Il sistema si aziona con una sorta di ghiera/pomello posta sopra lo stem.

Il pomello/ghiera che apre e/o chiude il sistema Future Shock 2.0

La sospensione ha due posizioni di controllo, completamente aperta, oppure chiusa: non ci sono steps intermedi.

Chiuso, bloccato e rigido
Sbloccato, apperto e sospensione che lavora con affondamento di 2cm. Qui si può notare anche il nuovo Boot, il soffietto che si comprime quando la sospensione affonda.

Il rinnovamento di questa porzione di bicicletta ha obbligato a ridisegnare gli spessori al di sotto dello stem, dell’attacco manubrio stesso e della zona d’inserzione tra tubazione sterzo e profilato orizzontale: sono inoltre disponibili due caps a chiusura della serie sterzo, con due altezze differenti.

Il cap più alto

 

Il cap con dimensioni di altezza ridotte. In questa immagine si nota anche l’inserto sulla tubazione obliqua. Qui viene posizionata la centralina Di2 di Shimano, oppure il passaggio delle guaine e fili per la trasmissione meccanica. Questo nell’immagine è impiegato per la trasmissione Sram eTap.

L’attacco manubrio è in alluminio, simile per certi versi a quello in dotazione alla Venge. I normali spessori rigidi sono sostituiti da un boot (come un soffietto in materiale morbido) che non ostacola l’affondamento della forcella di due centimetri. Inoltre, il movimento dell’ammortizzamento è solo verticale e non orizzontale. La forcella ha gli steli dritti con perno passante tradizionale. Due i rake disponibili: 50 millimetri per le taglie 49 e 52, 44 mm per le restanti misure. Le tubazioni proseguono verso la porzione posteriore sfinandosi. La parte centrale della Roubaix è tanto sinuosa e sexy, quanto capace di trasmettere sostanza.

Una prospettiva del profilato orizzontale che permette di vedere il cambio di volume tra l’anteriore e il posteriore.

Dal basso verso l’alto: il bottom bracket è largo 68 mm e non è press fit ma bensì, prevede l’ingaggio esterno delle calotte tramite una filettatura.

La ghiera esterna del movimento centrale, non press fit ma filettata.

La tubazione del piantone ha il profilo posteriore tronco. Sulla parte vicina al nodo sella è possibile notare un piccolo foro che dà modo divedere il seat-post al suo interno. Proprio il nodo sella è abbondante, voluminoso, squadrato e nasconde la vite a brugola per il serraggio.

Qui si nota la porzione del nodo sella
La brugola di serraggio del seat-post e i due ampi spazi che permettono al reggisella di oscillarein modo contrallato.

Il suo volume inoltre e gli spazi vuoti interni, permettono al reggisella di “lavorare” in senso orizzontale. Sempre in merito al reggisella, della categoria S-Works e comune a tutte le versioni Roubaix disponibili a catalogo. Le sue forme sono uguali a quelle adottate per il modello che equipaggia la Tarmac (aero nella parte frontale, con profilo tronco posteriore) ma la sua tecnica e funzionalità sono molto differenti. Il seat-post della Roubaix, che si chiama Pavé ed è disponibile con due arretramenti (2 cm, oppure zero off set) è flessibile e nasce per fare un movimento ad arco verso il retro.

Il reggisella S-Works Pavé

Questa soluzione ha l’obiettivo di offrire stabilità al rider quando si pedala sullo sconnesso, garantendo un’efficienza costante della pedalata, in trazione e in spinta, senza modificare l’angolo del ginocchio. Esiste una compatibilità con il Tarmac seat-post ma l’applicazione sul campo non è consigliata dai tecnici di Specialized.

Un’mmagine tecnica che mostra la capacità del seat-post Pavé.

La Roubaix di oggi deve essere considerata una piattaforma che sfrutta l’equilibrio dei vari componenti e allestimenti: l’utilizzo di un reggisella differente potrebbe portare ad una variazione negativa della performance nel suo complesso. I foderi obliqui sono dritti e sfinati, mentre gli stays bassi hanno un’arcuatura leggera, impercettibile e sono arrotondati. Il carro ha il perno passante 142×12 mm. Avantreno e retrotreno garantiscono il passaggio di coperture fino a 33c di sezione. Un altro aspetto interessante è riferito al forcellino del cambio, con il suo aggancio al frame posto nella parte interna dello stay, ben protetto e rigido. Il frame nella taglia 56 ha un valore alla bilancia di 900 grammi. Nove le misure disponibili per il mercato italiano con un range che va dalla 49 alla 61, comuni a uomini e donne. Ogni taglia è sviluppata grazie al protocollo Rider First Engineered che prevede proporzioni e applicazioni specifiche per ogni misura.

GLI ALLESTIMENTI

Sono previsti sette allestimenti in totale, che comprendono frame kit e biciclette complete, divise a loro volta tra i segmenti S-Works, Comp e Sport. Tre le S-Works, una che si basa sulla trasmissione Shimano Di2 e ruote Roval CLX disc da 50 mm con colorazione grigio/rosso/nero (10999 euro), una con trasmissione Sram eTap AXS, ruote Roval CLX disc da 32 mm con livrea nera (11199 euro), oltre al kit telaio Roubaix Sagan Collection Mirror ltd (4199 euro). Si prosegue con la configurazione Comp Sagan Collection con colorazione Underxposed con l’allestimento che prende forma a partire dalla trasmissione Shimano Ultegra meccanica (3999 euro). Un allestimento decisamente interessante per il suo rapporto tra qualità e prezzo è quella con l’Ultegra Di2 nella colorazione carbonio satinato/nero (4799 euro). Le altre due Roubaix in versione Comp, sempre con trasmissione Shimano Ultegra meccanica sono disponibili nelle colorazioni nero lucido e livrea grigio/rossa 3799 euro). Si scende agli allestimenti Sport, una sorta di entry level della Roubaix che comunque adottano il telaio con modulo in carbonio Fact 10r. la trasmissione è Shimano 105, 105 che firma anche l’impianto idraulico dei freni. Due gli abbinamenti cromatici, turchese/grigio/nero e carbonio/rosso/nero (2799 euro).

 

IN CONCLUSIONE

La prova in anteprima della nuova Roubaix è stata una vera e propria experience in terra belga, da prima sulle strade del Fiandre, per poi affrontare i tratti di pietre della Roubaix. Due condizioni meteorologiche molto diverse tra loro, asciutto al Fiandre, pioggia battente per la seconda uscita e due tipologie di percorsi differenti tra loro, ci hanno permesso di farci un’idea precisa della bici.

immersi nella foresta di Arenberg

Il tracciato della De Ronde è caratterizzato da un turbinio di strappi e salitelle, la classica dei muri con il pavé ma dove quest’ultimo sembra essere un’autostrada se messo a confronto con i tratti di pietre della Parigi-Roubaix. Per il Fiandre, oltre alla gamba (che comunque è sempre necessaria, a prescindere), sono necessari trazione costante in salita, stabilità e una giusta reattività, un bilanciamento ottimale tra questi elementi. Specialized Roubaix fa collimare al meglio questi aspetti e colpisce positivamente per la sua trazione posteriore ma anche quella anteriore. Perché la trazione anteriore: perché se si affronta un muro con il Future Shock aperto, questo ovviamente ammortizza e si schiaccia ma non da mai la sensazione di un affondamento eccessivo e conseguente perdita di potenza. La parte dissipante rimane sulla parte alta, azzerando un’eventuale e scomoda sensazione di bumping sulla ruota che resta costantemente aderente alla strada.

Sulle strade del Fiandre

I sentieri pietrosi della Roubiax sono piatti ma più difficoltosi da interpretare, in particolar modo se la pioggia, il fango e l’umidità rendono viscidi i sassi. È vero, qui conta il setting del mezzo, l’abilità di guida, la capacità di chiudere gli occhi e in un certo senso di staccare il cervello per un attimo ma se pedali su una bici “buona”, tutto risulta più semplice (non facile). A nostro parere, l’ambiente estremo è il suo habitat ideale. Qui si vede e si può beneficiare della sua stabilità, della capacità di cambiare direzione in un battito di ciglia (anche con ammortizzatore chiuso), di scodare con il posteriore e di tornare immediatamente al suo posto, di assecondare gli errori del pilota. La nuova Roubaix è velocissima, magnifica in questo senso: quando la rilanci, anche alle basse andature è un proiettile ( in considerazione della categoria di cui fa parte). La sua porzione centrale è bella tosta e quando ci si alza in piedi sui pedali, questa compattezza si sente. Passare da 20 a 40 km orari non è poi così difficile ma, è mantenere questa velocità che diventa più complicato: se a disposizione c’é una bici che aiuta, che permette di abbassarsi sul manubrio limitando lo schiacciamento del muscolo diaframma, senza mettere in croce la schiena, beh qualcosa in più possiamo pretendere anche da noi stessi. Come si può immaginare è un prodotto differente da Tarmac e Venge ma è inutile pensare alla nuova Roubaix come un ripiego. Questa bici è uno strumento racing in tutte le sue parti, dal design alle prestazioni e il nome che porta è, secondo noi, un punto di partenza.

specialized.com

a cura della redazione tecnica

foto redazione tecnica, Specialized e LVL.

Alberto Fossati, nasco come biker agli inizi degli anni novanta, ho vissuto l'epoca d'oro dell'off road e i periodi della sua massima espansione nelle discipline race. Con il passare degli anni vengo trasportato nel mondo delle granfondo su strada a macinare km, facendo collimare la passione all'attività lavorativa, ma senza mai dimenticare le mie origini. Mi piace la tecnica della bici in tutte le sue forme, uno dei motivi per cui il mio interesse converge anche nelle direzioni di gravel e ciclocross. Amo la bicicletta intesa come progetto facente parte della nostra evoluzione e credo fermamente che la bici per essere raccontata debba, prima di tutto, essere vissuta.