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Luca Bianchini coach le sue considerazioni e i suoi consigli

di - 25/04/2020

coach luca bianchini

Luca Bianchini è un coach e preparatore atletico con alle spalle un’esperienza invidiabile. Il suo percorso passa dall’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport di Roma e dal centro di preparazione Olimpica del Coni. Abbiamo fatto con lui una lunga chiacchierata, cercando di approfondire alcuni aspetti dell’indoor training in relazione al periodo di emergenza che stiamo attraversando. Con lui abbiamo cercato di capire come potremo sfruttare quello che abbiamo costruito in questi due mesi di rulli. Ovviamente, quando torneremo a pedalare all’aria aperta.

Chi è Luca Bianchini

Luca Bianchini è classe 1974, lombardo di nascita. Il suo percorso legato allo sport ha inizio nella pallanuoto, attività che lo impegna fino al 1996. Arriva a fino alla Serie B, militando nella squadra Snam di San Donato Milanese, con il ruolo di centro boa. La crescita professionale ha realmente inizio nel 2004, dove alla passione per il triathlon e all’attività praticata fa collimare il ruolo di allenatore.

Al fianco degli atleti olimpici

Una crescita costante che lo porta ad essere preparatore fisico della nazionale di triathlon, dal 2013 al 2016, in vista dei Giochi Olimpici di Rio 2016. Dal 2017 al 2019 svolge l’attività presso l’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport di Roma, all’interno del Centro di Preparazione Olimpica del Coni. Il suo ruolo è quello di preparatore fisico e somministrazione dei test, oltre alla valutazione funzionale degli atleti, per le Olimpiadi invernali di Pyongchang 2018 e per i Giochi del Mediterraneo di Terragona. Dal 2017 il suo panorama si amplia ulteriormente e diventa anche docente per la Federazione Italiana Pesistica e professore a contratto presso l’Università la Sapienza di Roma, facoltà di Scienze Motorie del Foro Italico. Oggi Coach Luca collabora attivamente con Magneticdays per lo sviluppo dell’intera piattaforma training.

luca bianchini

A tu per tu con coach Luca Bianchini

  • In considerazione del periodo che stiamo vivendo da più di un mese a questa parte pensi che molti cambieranno approccio nei confronti dell’home training specifico, ovvero dei cosiddetti lavori di qualità eseguiti in maniera statica?

Fino a febbraio molti, i semplici appassionati ma anche atleti di professione, non possedevano un home trainer. Diverse le motivazioni, tra cui le convinzioni legate ad una maggiore efficacia dell’allenamento outdoor. E’ giusto dire che non tutti hanno una reale conoscenza delle potenzialità dell’indoor training. Con l’inizio della quarantena, ogni sistema in circolazione che permettesse di eseguire un allenamento tra le mura di casa è stato acquistato. L’utilizzo è dei più svariati; pochi riescono a sfruttare al meglio le enormi potenzialità che si celano dietro il training indoor. Il rullo, nella maggior parte delle situazioni è utilizzandolo solo per “tenere la gamba” o ricalcare pedissequamente l’allenamento outdoor. Altri invece hanno saputo comprendere le numerose possibilità dell’allenamento indoor. La comprensione di queste potenzialità ha portato e sta facendo crescere la consapevolezza sull’uso metodico dell’allenamento indoor, consolidando una convinzione che da anni personalmente sposo.

  • Coach, secondo te, questo obbligo di programmare la rullata, è una cosa e una sorta di aspetto organizzativo che potremo sfruttare anche in futuro?

Un allenamento organizzato, inteso e specifico permette di ottenere molti più vantaggi rispetto all’improvvisazione, sempre. L’intento di trasmettere questa convinzione a più persone possibili, il connubio del maggior utilizzo degli home training con le numerose attività sui media hanno permesso di divulgare il messaggio non solo da me ma anche da altri coach. Sono convinto che al termine della quarantena molte persone preferiranno sfruttare l’outdoor, ma a ottobre, la presenza di uno strumento in casa farà ricordare la qualità delle sedute indoor. L’esperienza fatta in quarantena e i risultati ottenuti, proprio durante il periodo di restrizioni e successivamente documentabili all’aperto, potranno fare la differenza. Il prossimo inverno troveremo molte più persone che sfrutteranno le potenzialità dell’allenamento indoor, ma con la libertà di poter uscire nel fine settimana.

Con Damiano Cunego
  • Le sedute con un obiettivo specifico fatte su un sistema tipo l’MD, ma anche altri,  eliminano molte variabili che si incontrano quando si esce in bici su strada, vento, traffico e difetti dell’asfalto, etc. dal punto di vista qualitativo. Fare dello specifico sui indoor è meglio che eseguirlo vento in faccia?

Io ho una convinzione, che prende valore con dati e test: indoor si possono eseguire allenamenti qualitativi più fini, precisi e specifici. Iniziando a lavorare con un sistema come MD questa convinzione si è solamente consolidata e potenziata. Le tabelle di allenamenti di una volta, ma anche con i moderni ciclo computer, spostano l’attenzione dell’atleta sull’esecuzione del compito. Considerando uno stesso esercizio proviamo a fare un esempio e un paragone: all’aperto, dobbiamo trovare il tratto di strada che mi permetta di eseguire l’esercizio al meglio. Successivamente devo leggere e ricordare l’esercizio, controllare il tempo con un cronometro. Controllare la strada e tutta una serie di fattori esterni immodificabili. Indoor tutto questo si riesce a gestire con molta più semplicità.

Con un sistema di controllo come l’app di MD bisogna solo pedalare, l’allenamento è scritto dal coach e l’atleta esegue pedalando.

E’ ovvio che alcune cose non possono essere eseguite indoor, ma l’intento è di svincolare da tabelle l’atleta durante le uscite e permettergli di godersi il suo giro senza la necessità di doversi staccare dal gruppo per eseguire delle ripetute.

  • A prescindere dalla qualità che possiamo ottenere da una seduta indoor, ben fatta ed eseguita, sentiamo comunque parlare di watt come mangiare noccioline. Non credi che ci sia una vera esasperazione, a tutti i livelli e nessuno escluso (amatori, pro etc)? Cosa sono i watt in realtà?

Da quando sono stati inseriti i misuratori di potenza nel mercato, i watt sembrano essere diventati il numero magico per identificare la qualità di un atleta. Si conoscono gli avversari non per nome, ma per watt di FTP (e questo ormai non succede solo tra i pro e gli U23). L’uso del power meter ha semplificato la vita degli allenatori permettendo di utilizzare un parametro di carico esterno estremamente preciso. Viceversa, ha reso succubi gli atleti. Oggi l’intento principale è quello di avere una media di watt più alta rispetto al compagno di uscita. Si pedala nella speranza che la potenza normalizzata aiuti a credere di aver fatto più watt e vantandosi dell’FTP aumentato di qualche decimo di watt. Per l’amatore il watt è la parola sacra che rappresenta il  ciclismo moderno, mentre per il professionista è un parametro di allenamento. Per il profano è un numero avulso da ogni significato. Il rapporto peso potenza è la vera sfida del millennio, che permette di identificare le reali caratteristiche dell’atleta, salvo poi capire che si bara sul peso. Il watt e il rapporto watt/kg dovrebbero essere dei parametri per l’allenamento, non per fare a gara a chi ce l’ha più grande.

  • Coach, ci piacerebbe una tua considerazione in merito alla qualità del gesto che possiamo sviluppare indoor, al di la dei numeri della prestazione. Quando pedaliamo sui rulli ci possiamo concentrare sulla pedalata, sul gesto e sulla rivoluzione. E’ così? Se si, possiamo trarre dei benefici da questo aspetto?

L’aspetto della concentrazione sul gesto tecnico è un tema molto importante indoor. Infatti, possiamo focalizzare l’attenzione sulla nostra pedalata e cogliere le piccole modificazioni indotte dalle variazioni di pedalata. Poter guardare i piedi, controllare le rpm o anche chiudere gli occhi per concentrarsi meglio è una cosa che possiamo fare solo indoor. Fuori è impensabile. Percepire la differenza di tensione muscolare modificando la posizione del piede. Ridurre il carico su un pedale per cogliere la maggiore spinta del controlaterale. Investigare con attenzione tutte le variazioni di assetto è un vantaggio offerto solo dall’allenamento indoor. Non a caso i biomeccanici, anche per praticità, eseguono tutte le valutazioni su di un rullo. Inoltre, in bici, avere sempre il miglior assetto biomeccanico, permette di ottimizzare ogni singola pedalata. Pensiamo ad un semplice cavalcavia, l’inclinazione della bicicletta modifica la ripartizione dei pesi, del baricentro, dell’appoggio sulla sella e degli angoli di spinta del piede. Indoor non dobbiamo preoccuparci di adattarci a questi cambiamenti, avremo sempre la corretta posizione che ci permette di spingere efficacemente ad ogni pedalata. Nelle uscite outdoor, dove la realtà è fedele al 100%, impareremo a modificare la nostra posizione adattandoci al percorso, ma con la consapevolezza di avere le gambe per poterle gestire.

E’ sempre bene e fondamentale considerare che: andare in bici, uscire e fare un giro sono una cosa. Allenarsi con la volontà di migliorare ogni singolo aspetto della performance è un’altra.

  • Nell’arco di una settimana, sette giorni, a parità di ore di allenamento tra bici e rulli, il rischio di finirsi per un eccesso di allenamento statico esiste, oppure è sufficiente gestirsi ed saper ascoltare le risposte del nostro corpo?

L’allenamento indoor offre molti vantaggi, ma abbiamo anche il rovescio della medaglia. In un ambiente poco ventilato, caldo e limitato per stimoli visivi, possiamo andare incontro ad una riduzione delle prestazioni, molto più velocemente rispetto all’outdoor. Un ambiente poco ventilato farà salire la concentrazione di CO2 impedendo i corretti scambi gassosi (non si simula l’altura o l’ipossia, si rischia lo svenimento). Un ambiente caldo aumenta la sudorazione e, oltre alla disidratazione, può avvenire un colpo di calore. Gli stimoli visivi monotoni fanno perdere la motivazione e la concentrazione.

  • Se potessimo quantificare in termini d’intensità, a parità di obiettivo, a quanto corrisponde una seduta indoor, confrontandola con una outdoor?

Una seduta indoor di un’ora, può essere paragonata a due ore di allenamento outdoor in termini di stress psico-fisico. Si possono ascoltare le proprie sensazioni, ma come la crisi di fame, i problemi arrivano all’improvviso e a volte ci  colgono impreparati. In questo periodo storico, dobbiamo rinunciare all’uscita del fine settimana. Qualche atleta per compensare questa mancanza decide di fare il lungo sui rulli. Una particolare attenzione deve essere posta all’idratazione e all’assunzione di carboidrati. Un consiglio: se si vogliono fare 4 ore per sopperire all’uscita lunga, è necessario avere l’accortezza di dividerle in due sessioni da 2 ore.

Una foto scattata durante il Bike Festival di Rimini 2019
  • Durante le giornate di lock down siamo stati testimoni di tante iniziative, da parte di aziende del settore, social ride, ex pro ma anche atleti professionisti in piena attività. Tutti hanno in un certo senso fornito dei feedback personali e assolutamente validi. Qui però corriamo anche il rischio di emulazione nei confronti di atleti che hanno un altro motore, stimoli ed obblighi, rispetto ad un amatore. Credi che il rischio di bruciarsi sia un aspetto reale? Meglio fare la propria strada e percorso?

Nella prima due settimane di quarantena ho passato 10 ore al giorno a rispondere a messaggi, mail e telefonate per soddisfare le esigenze di allenamento di ogni singolo atleta. Nelle settimane successive non è cambiato molto. Ho notato, negli atleti che hanno MD, che in 10 giorni eseguivano gli allenamenti che normalmente andrebbero eseguiti in un mese. Questo mi ha fatto pensare al sovrallenamento per eccessiva attività indoor. (Abbiamo linkato una precedente pubblicazione di Luca Bianchini). Il poter sfidare il professionista virtualmente sulle varie piattaforme può essere uno stimolo. Quello che noto è che ognuno propone allenamenti ad alta intensità oppure distanze lunghe. Questo connubio è estremamente sfavorevole per il corretto recupero. Anche se a livello muscolare sembra di aver recuperato correttamente, a livello ormonale le cose non sono proprio così. Durante l’allenamento produciamo adrenalina e noradrenalina che stimolano il nostro corpo. Durante il recupero il cortisolo contrasta i due ormoni precedenti e riduce gli stati infiammatori. Contemporaneamente altri ormoni, ad esempio il testosterone, permettono la ricostruzione dei tessuti danneggiati. Inoltre, dobbiamo ricostruire le scorte di glicogeno. Per fare tutto ciò è necessaria una corretta alimentazione e un tempo medio di circa due giorni. Se ogni giorno facciamo un allenamento ad alta intensità o lungo senza fornire l’adeguato tempo di recupero, alla fine della quarantena i nostri livelli prestativi saranno diminuiti a discapito di tutte le ore di allenamento dedicate. Se il nostro corpo è abituato a fare 10 ore di allenamento a settimana e da un giorno all’altro raddoppiamo i volumi di allenamento, presto o tardi ci presenterà il conto. Ammiro tutti gli allenatori, atleti e professionisti che vogliono riempire le giornate monotone dei ciclisti desiderosi di pedalare ed evitare il de-training.

Dobbiamo ricordarci che lo sport non si esegue solo con le gambe, ma anche e principalmente con la testa.

  • Partiamo dal presupposto invece di un corretto home training lungo tutto il periodo di attività tra le mura amiche. Quali vantaggi potremmo avere in termini di prestazione, una volta che si potrà uscire all’esterno?

Ti voglio fare un esempio che è anche una sorta di costruzione e quello che succederà a molti, partendo da un atleta abituato ad allenarsi: il buon atleta segue alla lettera le indicazioni dell’allenatore e i feedback degli allenamenti ed è sempre positivo. Dopo due mesi di allenamenti costanti e ben calibrati ci si aspetta un netto miglioramento del proprio stato di forma. Finalmente ci permettono di uscire e si inforca la bicicletta per il primo giro dopo un lungo periodo. Anche se non ci si scorda mai come si va in bicicletta, il nostro corpo è assuefatto dall’uso dei rulli, e i primi chilometri saranno di adattamento e devono esserlo. Dopo aver realizzato che si è su una strada vera e non una virtuale, si inizia a spingere. Anche il migliore purosangue necessita di farsi una galoppata ogni tanto. Ci si sorprende nel controllare il computerino e constatare che la velocità tenuta nel solito tratto di strada è aumentata. La sensazione del vento sul viso, l’orgoglio di andare più veloce e la gioia di pedalare all’aperto vengono miserabilmente stroncate sul nascere. Dopo la prima ora, la seconda per i più fortunati, le prestazioni inizieranno a calare. Tutto l’entusiasmo della prima ora inizia a scemare e il dubbio a diventare l’emozione principale. Stanchezza, affanno e deriva cardiaca sono i primi segnali di una mancanza di allenamento sul lungo. Si gira la bicicletta e si ritorna a casa con la coda tra le gambe. Neanche ci si fa la doccia e si telefona subito al coach raccontando l’accaduto. Il coach molto paziente ripete la stessa cosa per l’ennesima volta: per un lungo periodo hai fatto allenamenti di qualità e hai migliorato le tue condizioni, ma tanta qualità e poca quantità non ti permettono di poter mantenere lo stesso livello prestativo per lungo tempo. Ti manca il fondo lungo. Per l’estate faremo due allenamenti di qualità indoor e due outdoor, ogni settimana. A settembre siamo pronti per le gare vere.

magneticdays

  • Pensi che qualcuno torni ad utilizzare il sistema indoor, presumibilmente per qualche “richiamo” specifico, anche nel corso della stagione più calda?

In un certo senso è quello che mi aspetto. Se il messaggio che ho cercato di far passare a tutti gli atleti è riuscito nell’intento, dovrebbe essere oramai consolidato che l’allenamento indoor deve entrare in un normale programma di ogni atleta. Dal principiante al professionista, dal giovane al più esperto, dal triciclo alle gare su pista. Un allenamento controllato in ogni minimo dettaglio è sicuramente più efficace. Nel periodo estivo, con aria condizionata e programma di allenamento personalizzato, si può sempre garantire un livello prestativo ottimale. Parliamo di una ricerca del miglioramento. Nelle settimane di vacanza in bicicletta lo si può lasciare a casa. Se in inverno l’ideale è sfruttare l’allenamento indoor per migliorare le prestazioni, nei momenti in cui si può uscire una volta la settimana è sufficiente per mantenere il livello raggiunto. Chi abita nelle grandi città e ha solo un’ora a disposizione per poter pedalare, è meglio che pedali sui rulli.

Diciamo questo nell’ottica di ottenere una performance e migliorare.

L’allenamento indoor garantisce di potersi allenare regolarmente durante la settimana lavorativa senza finirsi e senza l’obbligo di concentrare 10 ore di allenamenti settimanali in sole due uscite. Non dobbiamo scimmiottare la programmazione di un atleta élite, ma imparare da loro. Gli allenamenti specifici vanno eseguiti tutto l’anno, non solo d’inverno. Lo stato di allenamento è subdolo. Facciamo tanta fatica e investiamo tempo per recuperare lo stato di forma, poi bastano tre settimane senza lavori specifici per vanificare gli sforzi di un inverno.

  • Considerando il tuo lavoro di coach ad altissimo livello, e’ più difficile relazionarsi con un pro, con un amatore alle prime armi oppure con un amatore evoluto che ha già una base per il training specifico e utilizza delle strumentazioni complesse? (ad esempio il power meter)

Qui devo essere un po’ critico nei confronti degli italiani. Se la domenica siamo tutti sportivi, il lunedì siamo tutti allenatori. Parlare di allenamento con i professionisti è estremamente facile. Non c’è bisogno di spiegare nulla. Gli si dice di fare una cosa e loro la fanno. Alla base di tutto c’è la fiducia dell’atleta nei confronti dell’allenatore. Ho sempre fornito gli obiettivi di allenamento agli atleti professionisti. La motivazione è il motivo che porta all’azione. Se sono consapevoli di quale obiettivo devono raggiungere nella giornata, il loro allenamento avrà un effetto maggiore rispetto alla semplice somministrazione. L’atleta amatore alle prime armi invece è esattamente il contrario del professionista: nessuna conoscenza. Quando trovo questa categoria di atleti il mio compito non è solo quello di spiegare per filo e per segno l’allenamento, ma spiegare loro anche i principi dell’allenamento. Alle prime armi c’è un grande entusiasmo nell’affrontare l’allenamento e la sete di conoscenza è sempre alta. Parlare con l’amatore evoluto è paragonabile ad una conversazione al bar del lunedì mattina. È un grande conoscitore di metodiche di allenamento, ha provato ogni tipo di allenamento e ha sempre la soluzione per ogni persona. Sono le persone che fanno venire fuori la bipolarità insita in ogni individuo. C’è un momento che ascolto volentieri quello che dicono, perché a volte mi fanno conoscere cose nuove, ma a volte vorrei strangolarli. Quando una persona si allena da tanto tempo, e magari ha dei risultati, ha sviluppato una sorta di autoregolamentazione nella tipologia di allenamenti da eseguire. Il problema è che il loro allenamento viene suggerito anche ad altre persone tralasciando un dettaglio importante: gli altri non sono lui.

  • Come spesso diciamo, “ogni testa è un mondo”, così come ognuno ha delle caratteristiche proprie?

Ogni atleta ha delle caratteristiche fisiche e organiche diverse, per sviluppare queste caratteristiche, in primis dobbiamo conoscerle e successivamente somministrare la corretta quantità di allenamento. Pensare che il proprio allenamento sia il migliore e tutti debbano eseguirlo per diventare forti, è come indicare all’allenatore di calcio quale schema eseguire a partita finita. Gli strumenti poi sono una manna dal cielo per monitorare gli allenamenti, ma sono anche aggeggi malefici nelle mani sbagliate. Molti parametri forniti da questi strumenti a volte sono ingannevoli e studiati a misura per raggirare i poveri ciclisti. Ad esempio, ci sono misuratori di potenza che nel calcolo della media non tengono in considerazione i watt uguali a zero. Insomma, se sei in discesa senza pedalare i watt sono a zero, la velocità magari è 50 km/h e scendi per 10 km. Alla fine dell’uscita la media è un numero esagerato ad una velocità degna ti una tappa del giro. È un po’ come se quella discesa non fosse mai esistita in termini di watt, ma la velocità fa media con il resto. I dati forniti sono irrealistici e truffaldini, ma fanno così tanto bene al cuore dei ciclisti che nessuno li ha mai contestati. Quando analizzo una gara o un’uscita preferisco scorrere uno per uno i dati raccolti piuttosto che affidarmi ai risultati forniti dai vari costruttori.

  • Se tu dovessi identificare un valore, quello che ricopre un ruolo di maggiore importanza, a cui dare maggiore peso: rpm, velocità, wattaggio, valori cardiaci (bpm) e Nm, a prescindere dalla strumentazione che abbiamo disponibile. Da quale partiresti?

Per poter fare una “classifica” dei valori più importanti dobbiamo contestualizzare tre momenti: l’allenamento indoor; l’allenamento outdoor; la gara.

Training indoor

Al primo posto metterei i watt perché sono il parametro di carico esterno più facilmente comprensibile e modulabile. Secondo posto per le rpm per la loro grande importanza che hanno nel cambiare i parametri di allenamento. Gradino basso del podio per il cuore e per il feedback sul carico interno, informazioni utili per comprendere anche lo stato di affaticamento dell’atleta; Newton per la comodità di usare un parametro costante di forza esercitata sui pedali e poter modulare con precisione watt e cadenza; la velocità indoor neanche la contemplo.

Allenamento outdoor

In primis la frequenza cardiaca per gestire il carico interno e fornire le indicazioni corrette. In secundis i watt, mediati almeno ogni 10 secondi e non istantanei, per far restare sempre nella zona di allenamenti che mi interessa. Terzis alla cadenza che deve essere sempre adattata al tipo di percorso, salita, discesa e pianura; newton e velocità sono parametri relativi ma non attendibili.

Durante la gara

Medaglia d’oro ai watt per come sono stati erogati in relazione al tempo e alla cadenza. L’argento alla frequenza cardiaca per vedere le modulazioni in base all’altimetria. Il bronzo al resto, anche se la velocità potrebbe prendere questa medaglia è solo un numero. Se la gara è lunga e uguale per tutti, chi vince è quello che ci ha messo meno tempo. La fisica dice che la velocità è uguale al rapporto tra spazio e tempo, quindi chi arriva prima è andato più veloce. La gara è gara.

  • Siamo lontani dalle competizioni e in ambito amatoriale chissà quando si potrà riprendere. In questo momento, definiamolo di transizione, meglio continuare a pedalare, magari più sessioni quotidiane oppure abbinare (per quanto possibile) del core static training al ciclismo indoor? Un tuo consiglio.

Per chi ha una vita semi-normale, intesa come una minima variazione della routine quotidiana, raccomando di mantenere le normali abitudini di allenamento. In sostituzione alle uscite magari eseguire due sessioni da un’ora e mezza. Una la mattino e una al pomeriggio. Chi ha dovuto ridimensionare completamente la propria vita, è possibile pedalare tutti i giorni modulando i carichi ogni giorno per non incorrere ad un eccessivo affaticamento. È possibile anche inserire delle sessioni di core stability (statico e/o dinamico), potenziamento a corpo libero (le scale sono un ottimo strumento di allenamento), allungamento muscolare (la flessibilità aiuta a stare in posizione bassa per lungo tempo), uso del roller o foam-roller (come automassaggio). Magari non facendo tutto insieme, ma diluendo le varie sessioni all’interno della giornata. Ad esempio, la mattina una sessione di allenamenti sui rulli; dopo pranzo 30 minuti di potenziamento con esercizi a corpo libero e core stability; la sera primo a dopo cena 20 minuti tra stretching e roller. In questo modo si spezza la monotonia della giornata, si rimane sempre attivi in maniera diversa e si provano nuove routine. Il fai da te lo sconsiglio vivamente, i suggerimenti del coach permettono di programmare la settimana e scandire i tempi ottimali trovando l’equilibrio tra allenamento e recupero.

A cura della redazione tecnica, grazie a Coach Luca Bianchini immagini Magnetidays e Sara Carena

Ulteriori approfondimenti di coach Luca Bianchini sono disponibili anche tramite il sito ufficiale magneticdays.com oppure tramite la pagina Facebook.

 

Alberto Fossati, nasco come biker agli inizi degli anni novanta, ho vissuto l'epoca d'oro dell'off road e i periodi della sua massima espansione nelle discipline race. Con il passare degli anni vengo trasportato nel mondo delle granfondo su strada a macinare km, facendo collimare la passione all'attività lavorativa, ma senza mai dimenticare le mie origini. Mi piace la tecnica della bici in tutte le sue forme, uno dei motivi per cui il mio interesse converge anche nelle direzioni di gravel e ciclocross. Amo la bicicletta intesa come progetto facente parte della nostra evoluzione e credo fermamente che la bici per essere raccontata debba, prima di tutto, essere vissuta.