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Mark Cavendish. Qualche volta, succede…

di - 08/08/2024

Di Rudy Pesenti, foto Tornanti.cc

Trentacinque vittorie di tappa, a 39 anni. Un record incredibile, nessuno mai come lui nella storia del ciclismo. Ma dobbiamo considerare anche il fatto che trenta vittorie di tappa erano già in cascina dopo il Tour de France del 2016. Quindi cosa è accaduto in questo lasso di tempo? Cosa ne è stato di questo grande campione capace di avvicinarsi al record di trentaquattro vittorie alla Grand Boucle di un mostro sacro come Eddy Merckx nel giro di pochi anni? Quello che succede nella vita degli uomini e delle donne di questo mondo: si cade, si perde la strada, la si cerca di nuovo, con grande difficoltà. Si rinasce a volte. Come è successo a Mark Cavendish. Perché quello che dobbiamo raccontare non è la storia di un supereroe: è la storia di un uomo, come tutti noi. Con i suoi punti di forza e le sue debolezze, con i suoi equilibri e le sue oscurità più profonde. 

La prima al Tour

Mark Cavendish nasce sull’Isola di Man nel maggio 1985. La sua prima vittoria al Tour de France risale alla quinta tappa del 2008, da Cholet a Châteauroux, quando vestiva la maglia del Team Columbia. In quella tappa precede Oscar Freire ed Erik Zabel. Nomi che vengono da annate lontanissime, entrambi ritirati dalle corse ormai più di un decennio fa. Perché di anni nel frattempo, da quella vittoria, ne sono passati sedici.

Sogni di gloria

Poi un’incetta di successi dal 2009 al 2016 vestendo la maglia di HTC, Sky, Etixx Quick-Step, Team Dimension Data. Il record del Cannibale Eddy Merckx è sempre più vicino, sempre più alla portata. La vita però fa i suoi conti senza immedesimarsi nelle emozioni delle persone.Anzi, a volte sembra divertirsi nel rimescolare le carte. A seguire è un attimo, un istante, un secondo. Una caduta. Cambia tutto. Tour de France 2017, Mark si rompe la scapola, stagione finita. Sogni di gloria rimandati.

Il buio che cancella tutto

Si riparte, Milano-Sanremo del 2018, Cavendish sbaglia clamorosamente un ingresso di una rotonda, colpisce in modo frontale uno spartitraffico e fa un giro della morte su sé stesso, cadendo di schiena sull’asfalto. Mark non si muove, chiunque davanti alla TV trattiene il fiato. Il recupero fisico è lungo, mentre quello mentale sembra non seguire il corpo. I giornali iniziano a dubitare di lui, parlano di un atleta ormai finito che sente il passare dell’età. Lui non sembra reagire, anzi, sembra subire tutto ciò che tende a schiacciarlo. Mark non è più lui: non vince, non lotta, non c’è.

La depressione lo colpisce duramente: il forte corridore dell’Isola di Man non rischia soltanto di dover rinunciare alla carriera, ma mette in discussione anche la sua famiglia, le certezze che l’hanno sempre accompagnato. Cerca di uscirne con il supporto di uno psicologo, provando a cambiare il suo mondo che sembra proprio non voler andare nella direzione giusta. Nel 2020 passa alla Bahrain Victorius per una stagione, per fare il salto di qualità e tornare il grande velocista del passato: purtroppo di quell’esperienza rimane soltanto un Mark Cavendish che davanti alle telecamere annuncia di volersi ritirare dalle competizioni. Sembra davvero giunta la fine. 

La prima resurrezione

Per chi non si lascia andare fino in fondo, per chi decide di non arrendersi, però, può esserci sempre qualcosa di non previsto che ti riporta a galla. Arriva così la chiamata di Patrick Lefevere con la corazzata Deceuninck Quick Step, che pur essendo già piena di campioni, uno spazio per lui lo trova. Per provare a salvarlo. Al minimo salariale, per corsette minori. A Mark va bene così, ha voglia di riprovarci, con intorno la completa fiducia del Team Manager. Magari non di tutta la squadra, ma da lui sì. E allora si butta.

Quelle corsette minori in cui viene schierato le vince, battendo anche rivali di grandissima qualità. Ma non basta per essere convocato per il Tour De France 2021. La Quick Step vuole puntare sulle volate di Sam Bennet, in quell’anno in stato di grazia, e non c’è spazio per il mannese. Un duro colpo, comunque da accettare. Questi erano i patti di inizio anno. Se non che Sam Bennett poche settimane prima della Grand Boucle ha dei problemi a un ginocchio: non può partire. Al suo posto? Mark Cavendish. “È pronto?” Si chiedono tutti. Lui in quell’edizione non vince una tappa: ne vince quattro, raggiungendo a pari merito il record di trentaquattro vittorie totali al Tour de France appartenenti a Eddy Merckx. 

Nessuno ci crede più

Ne manca soltanto una per essere l’unico vincitore di trentacinque tappe totali. Il problema? L’età che avanza. Nel 2022 Mark Cavendish ha la bellezza di trentasette anni. E non viene convocato per partecipare alla corsa francese. Questa volta nessun miracolo. Sembra finita, un’altra volta.

Nel 2023 si presenta al Tour de France con una nuova squadra che vuole regalargli fiducia: l’Astana di Vinokurov. Lui parte senza i favori del pronostico ma con una gran voglia di provarci: nella settima tappa è secondo dietro a Jasper Philipsen. Sembra avere le carte in regola per poter portare a casa quell’ultima tappa tanto agognata. Ma il giorno successivo è ancora una volta una caduta a distruggere i suoi sogni: questa volta sembra non esserci più speranza. I sogni, la carriera, tutto ciò su cui Mark aveva puntato negli ultimi anni. Non è facile rialzarsi da qui.

Qualche volta, succede…

Ma quando un obiettivo lo vedi così chiaro e vero dentro di te, quando riesci a guardare oltre, osservando chiaramente qualcosa che gli altri proprio non vedono… Forse bisogna seguire quella visione. Così siamo nel 2024, Mark Cavendish ha 39 anni e nessuno che crede in lui. Nessuno tranne l’Astana, il suo Team, che allestisce una squadra proprio il suo velocista di punta: per trainarlo a raggiungere quella vittoria che significherebbe entrare nella storia, superare la leggenda. 

E così, a non mollare mai, succede anche che a volte accada ciò che è riservato soltanto ai sognatori: cioè che i sogni, alla fine, si realizzino. Mark Cavendish, il 3 luglio 2024 vince la trentacinquesima tappa della sua incredibile carriera, sedici anni dopo la sua prima vittoria al Tour de France. Nessuno l’aveva mai fatto, nessuno ci era mai riuscito prima di lui. Nessuno è come lui e nessuno lo sarà, per molto, molto tempo a venire.

Con lui la moglie e i due figli a festeggiare quest’impresa. A festeggiare la vittoria di un uomo. Il ritorno di un uomo. Più che stanco, vivo. Più che invecchiato, pronto. Che in carriera ha sconfitto centinaia di avversari, in decine di volate. E che nel corso della sua esistenza ha battuto anche il nemico più difficile da affrontare: quello che si trovava dentro di sé. 

Me lo sto immaginando quest’omino di quasi quarant’anni, una mattina di luglio, che si prepara per la tappa che lo consacrerà per sempre nella leggenda contro tutti i pronostici, mentre magari legge un pezzo del romanzo di Harper Lee, Il buio oltre la siepe:

“Aver coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare egualmente e arrivare fino in fondo, qualsiasi cosa accada. È raro vincere in questi casi, ma qualche volta, succede…”