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Omar di Felice e Italy Unlimited, noi lo abbiamo intervistato

di - 14/12/2017

 

Omar di Felice, un ragazzo che ha realizzato il suo sogno, quello di pedalare e vivere in bicicletta, facendo diventare una passione anche il suo lavoro, un vero e proprio stile di vita. Non è la prima volta che lo intervistiamo, che ci rendiamo partecipi e complici delle sue imprese.

Facciamo per un attimo un passo indietro: sull’ultima uscita di 4granfondo, abbiamo voluto pubblicare il resoconto della sua ultima fatica, Italy Unlimited, un viaggio per l’Italia, in bicicletta. Dopo il meritato riposo, abbiamo voluto intervistarlo a 360° e lo abbiamo incontrato nel suo viaggio “post prestazione”, dove racconta Italy Unlimited.

Un anno fa, proprio durante uno dei momenti più difficili di una mia impresa estrema (Cime della Leggenda, la mia lunga no-stop attraverso le mitiche salite di Pirenei, Alpi francesi, svizzere o italiane) mentre stavo scalando il Passo dello Stelvio, a pochi km dalla fine, ho iniziato a pensare che fosse giunto il momento di un’avventura tutta nel nostro Paese. Qualcosa che, se da un lato potesse celebrare il centenario del Giro d’Italia, dall’altro se ne distaccasse, realizzando qualcosa di unico e mai tentato prima. Così ho pianificato un percorso che toccasse tutte le regioni dello Stivale, nessuna esclusa, ed è nata l’idea di Italy Unlimited: 3.380 km e quasi 50.000 metri di dislivello. Fedele alla mia filosofia di “ultracycling” (termine con cui, comunque, si intende anche performance di spessore e non solo di durata), mi sono posto un obiettivo sufficientemente ambizioso da darmi il giusto stimolo per andare oltre i miei limiti: attraversare tutta l’Italia entro i 9 giorni.

Il percorso

L’elaborazione del tracciato è stata la parte più difficile e forse “dolorosa”. Da un lato due vincoli: non superare i 3.500 chilometri complessivi ed effettuare un passaggio in ognuna delle 20 regioni italiane. Dall’altro tanti luoghi, strade e salite da scalare. Ho dovuto purtroppo effettuare delle scelte affinché il chilometraggio non fosse maggiore di quello preventivato.

La partenza: puntando il Sud Italia

Nella mia mente la parte iniziale doveva essere la più “facile” da gestire. Per questo ho scelto di partire subito con destinazione il Sud Italia. Ma niente è più complicato e difficile dell’ignoto. Non conoscevo molto bene le zone che avrei affrontato, e mi sono ritrovato, inaspettatamente, a dover superare un dislivello e delle strade davvero tortuose: strappi brevi, salite arcigne e condizioni d’asfalto non sempre ottimali. Le problematiche più importanti le ho incontrate proprio durante i primi 2 giorni trascorsi in sella. Per fortuna, le cose sono andate via via migliorando: come sempre, la forte motivazione e la voglia di andare oltre i miei limiti mi hanno aiutato a superare le grandi difficoltà iniziali. Giorno dopo giorno, mi sono sentito sempre meglio: attraversare la Sicilia e la Sardegna in sella alla mia bici è stata un’esperienza unica, così come osservare l’alba dalla cima dell’Etna (salita per me inedita) mi ha regalato uno dei momenti più intensi ed emozionanti.

Il rientro sulla terraferma

Con la prima parte di Italy Unlimited in archivio, mi sono ritrovato a dover attraversare strade per me ben più note. Da Genova in poi ho puntato le Alpi, passando attraverso percorsi che già avevo affrontato più volte durante la mia carriera. È stato emozionante toccare con mano l’affetto e la stima di tanti appassionati che, da ogni parte d’Italia, e a ogni ora del giorno, sono accorsi per condividere un tratto di tracciato con me, o incitarmi al mio passaggio (grazie a un track GPS è stato possibile seguire in diretta la mia posizione, aggiornata su un’App mobile ogni 5 secondi). All’arrivo in cima alla Basilica di Superga, voltarmi e trovare alla mia ruota decine di appassionati è stato emozionante, e mi ha infuso la carica per affrontare la parte più difficile, gli ultimi giorni e l’Arco Alpino

Lo Stelvio, le Dolomiti e i momenti difficili

Nella mia vita ho legato molti dei ricordi più belli al Passo dello Stelvio, così quando ho tracciato il percorso sapevo che il passaggio in cima alla montagna tanto cara alla storia del nostro ciclismo era uno dei pochissimi punti fermi. L’avevo scalato con ogni condizione meteo, ma mai mi era capitato di affrontarne i tornanti di notte. La leggera nevicata trovata una volta arrivato in cima ha reso il tutto ancora più epico e speciale. Successivamente, attraversando le Dolomiti, un errore nella tracciatura del percorso mi ha portato a perdere molte ore rispetto alla tabella di marcia prevista: quando non si dorme per tanti giorni (la media, escluse le due soste forzate per il trasporto in traghetto tra le isole, è stata di circa 2 ore di sonno al giorno per 8 notti) e si è sottoposti a uno sforzo fisico così intenso, si diventa fragili mentalmente, e anche il minimo errore può portare a una crisi difficile da superare. È stato il momento più duro, quello in cui ho dovuto dare fondo a tutte le mie energie mentali più che fisiche, per trovare la forza di rimettermi in marcia e recuperare il tempo perso. Proprio allora ho preso la decisione più importante: fermarmi per ben 2 ore consecutive, concedendomi tutto il riposo necessario per ripartire nella migliore maniera possibile. La lunga cavalcata verso il mare è stata una volata per recuperare il tempo perso. L’arrivo a Cesenatico poi, con “Mamma Tonina” Pantani ad attendermi… qualcosa di unico. Lei, madre del campione che ha ispirato le mie imprese e influenzato il mio modo di cercare il limite, soprattutto quando la strada sale, era lì per me e per salutare il mio passaggio. Un momento che conserverò nel cuore, così come le parole che mi ha riservato e che porterò sempre con me.

L’ultimo giorno e l’arrivo a Roma

Durante l’avventura ho percorso ogni chilometro pensando alla fine, a pedalare il più forte possibile per rispettare l’obiettivo che mi ero prefissato e a raggiungerlo nel minor tempo possibile. Ma quando mi sono ritrovato a soli 200 chilometri dall’arrivo a Roma, ho iniziato a rallentare la mia marcia. Ho cercato di godere di ogni singolo momento, consapevole che quest’avventura stava finendo. Avrei voluto che non terminasse più e che, una volta giunto nella Capitale, qualcosa o qualcuno mi chiedesse di ripartire. So che è difficile da spiegare, così come sarà impossibile per me descrivere quanto sia stato emozionante tutto ciò. Ancora non riesco a raccontare quanto incredibile sia stato riuscire a realizzare questo sogno. Un sogno durato 8 giorni, 21 ore e 11 minuti.

Alberto Fossati, nasco come biker agli inizi degli anni novanta, ho vissuto l'epoca d'oro dell'off road e i periodi della sua massima espansione nelle discipline race. Con il passare degli anni vengo trasportato nel mondo delle granfondo su strada a macinare km, facendo collimare la passione all'attività lavorativa, ma senza mai dimenticare le mie origini. Mi piace la tecnica della bici in tutte le sue forme, uno dei motivi per cui il mio interesse converge anche nelle direzioni di gravel e ciclocross. Amo la bicicletta intesa come progetto facente parte della nostra evoluzione e credo fermamente che la bici per essere raccontata debba, prima di tutto, essere vissuta.