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Bici, pavé, grinta e la forza delle quote rosa

di - 23/04/2019

Sta volgendo al termine la lunga campagna del Nord. Lunga, perché se  il clou e’ concentrato a cavallo della settimana Santa, il ricco calendario del World Tour UCI parte con la Omloop Het Nieuwsblad ad inizio Marzo e si chiude con la Liegi-Bastogne-Liegi di fine Aprile.  La doppia vittoria italiana, sia in campo maschile che femminile, alla Ronde van Vlaanderen e’ stata memorabile all’interno di un quadro in cui i nostri e soprattutto le nostre hanno ben figurato. Parliamo di piazzamenti che fanno onore alla categoria e alla nostra nazione, citiamo anche Soraia Paladin, ottima 5^ all’Amstel Gold Race di Domenica.

Anche nel corso delle presentazione e lanci dei vari marchi, le donne sono un numero sempre maggiore.

Sottolineiamo le nostre perché nonostante tutte le difficoltà che ha il ciclismo, in particolare quello femminile, nel ricevere le giuste attenzioni dai mass-media, in primis in termini di spazi televisivi, e’ importante rilevare come siano stati diversi i nomi delle nostre atlete: Bastianelli, Paternoster, Balsamo, Confalonieri, Paladin per l’appunto, con altre che hanno ben figurato senza però risultare nelle prime posizioni del finale di gara. Segno di un movimento vivace che può contare su nuove leve da crescere ed avviare al duro confronto internazionale.  Per fortuna sono lontani i tempi in cui Alfonsina Strada disertava di nascosto la Messa per andare a correre. Il numero dei praticanti cresce in generale e l’altra metà del cielo traina, almeno percentualmente, questo incremento. In alcune aree geografiche il numero di cicliste è tale da creare di per sé una reazione positiva in grado di interessare, coinvolgere per meglio dire, altre potenziali praticanti. Le granfondo, solo per fare un esempio? Diciamo che la presenza femminile occupa ormai, un costante 10% (circa) ai nastri di partenza delle competizioni amatoriali, endurance (granfondo e mediofondo) in particolare.

Il podio femminile all’ultima edizione della Granfondo del Po

Questa presenza è pervasiva in tutti gli ambiti: MTB, pista, kermesse a circuito e single speed, nelle già’ citate gran fondo. Ovunque la presenza femminile è rilevante e molto agguerrita. Il livello cresce e può crescere ancora, tanto in ambito amatoriale che professionistico, con gli opportuni investimenti sia in termini di percorsi che con lo sviluppo di famiglie di prodotti ad esse dedicate.

Le Liv Ambassador a Finale Ligure

Sul fronte percorsi, mentre l’UCI sta gradatamente aumentando la lunghezza massima consentita per le gare Women (attualmente 160km) si vedono alcune iniziative di competizioni amatoriali riservate alle donne. Per quanto riguarda i telai e la componentistica (selle, abbigliamento in primis) la questione è stata affrontata dalle case produttrici, tanto che da alcuni anni hanno fatto la loro comparsa in molti listini linee espressamente dedicate alle ladies e in molti casi puntare su delle ambasciatrici è parte fondamentale della strategia commerciale.

Paola Panzeri, Look Ambassador con la sua Look 875 a scatto fisso

Al contrario alla base della diversificazione dell’offerta c’è la consapevolezza che il pubblico femminile ha, logicamente, alcune caratteristiche fisiche che lo differenziano dalla platea maschile. Ad esempio, molte ragazze sfrecciano sicure in salita salvo poi mostrare un po’ di incertezza in discesa (ci sono comunque notevoli eccezioni): solo frutto del maggior sale in zucca e spirito di auto-conservazione o, forse, piuttosto conseguenza di essere state costrette per anni a pedalare su bici con geometrie inadatte a loro? In effetti la scelta di un telaio da donna, ancor oggi, non è affatto facile come potrebbe sembrare. Una considerazione: le geometrie endurance dei progetti di ultima generazione facilitano un’eventuale scelta da parte delle donne. Un esempio è la nuova Roubaix di Specialized, messa a disposizione ad alcune atlete sponsorizzate, utilizzata nel corso del Giro delle Fiandre (la Roubaix al femminile non viene disputata, per ora), che adotta le medesime geometrie e taglie, comuni a uomini e donne.

La prova della Specy Roubaix su alcuni tratti della De Ronde.

Certo, rispetto ad una ventina di anni fa la situazione e’ di per se più semplice. Con i telai tradizionali, quelli detti “quadri” dove l’altezza del tubo sella era di norma pari a quella dell’orizzontale, realizzare una bici adatta ad una ragazza (o ad un uomo di bassa statura) dava spesso luogo a risultati abbastanza dubbi. Viceversa le geometrie slooping consentono da un lato di svincolare il fuori sella dalla distanza orizzontale, tanto che per identificare le geometrie di una bici al primo ordine si parla di stack e reach, intesi rispettivamente come la distanza verticale e orizzontale tra il movimento centrale e la sommità del tubo sterzo.

Altre differenze che si riscontrano, in media, tra la popolazione maschile e femminile come ad esempio le differenze tra le proporzioni degli arti, del femore in particolare, possono essere successivamente compensate con l’utilizzo di attacchi manubrio o pedivelle opportune. A condizione di avere in testa il risultato che si vuole ottenere (o affidarsi ad un professionista biomeccanico) e contare sulla disponibilità delle aziende di fornire tali componenti senza aggravio di spesa (in particolare, sulle pedivelle, ci torneremo). Partiamo da un numero: il valore medio dell’altezza della popolazione femminile italiana, nonostante sia in progressivo aumento, è attualmente di 164cm, un valore ai limiti delle indicazioni date per il corretto utilizzo di molti frame. 

A questa statura media corrisponde un’altezza di sella intorno ai 67cm che, considerato un drop tra sella e manubrio proporzionato, insieme agli spessori usuali delle pipe e serie sterzo, porta ad orientarsi a telai aventi uno stack (come detto si tratta della differenza verticale tra l’apice del tubo sterzo e il centro del movimento centrale) inferiore a 530mm. Già questi dati, geometrie alla mano, riducono di fatto la possibilità di scelta, in molti casi, alla taglia più piccola.

Tarmac disc expert mixtape ltd

Un po’ poco per un pubblico in crescita che legittimamente ha diritto al pari degli uomini non ad una bici, ma alla sua bici. Giusta, performante, senza compromessi se non quelli dati dalle disponibilità economiche.

E per le ragazze con una statura sotto la media? Si diceva appunto che negli ultimi anni varie aziende si sono impegnate, andando a produrre delle soluzioni interessanti. Noi qui non vogliamo entrare nel dettaglio dei singoli approcci, per indicare se uno sia migliore di un altro.  La preferenza e’ questione strettamente personale, legata al proprio modo di pedalare, all’uso che si fa della bici. Quello che ci preme sottolineare e’ come le geometrie di una bici debbano essere valutate con particolare attenzione, nel loro complesso e non fermandosi ad un paio di parametri

Ci sono progetti in cui si e’ lavorato di lavorato di lima riuscendo a realizzare telai con stack ridotto e fuori sella pronunciato andando a sagomare i tubi per accogliere le ruote. Al contrario qualche azienda propone delle bici road race oriented con ruote 650b di diametro ( in pratica 588 mm), al posto delle classiche da 28″.

In altri casi si e’ preferito mantenere angoli e linearità dei tubi, preferendo l’allungamento del carro posteriore e del rake della forcella anteriore.

Alcune case hanno invece mantenuto misure ordinarie di carro e rake, ma hanno aumentato l’angolo del tubo sella e ridotto quello del tubo sterzo.

Esistono naturalmente molti esempi in cui si e’ agito su tutti questi parametri in maniera più o meno evidente cercando di raggiungere il miglior compromesso.

Altre aziende, non volendo invece venire a compromessi sulle geometrie dei telai prettamente racing, che hanno vincoli maggiori, hanno invece optato per proporre soluzioni da donna solo sulla linea endurance, dove lo stack viene mantenuto alto a favore di una maggiore comodità. Bici assolutamente performanti, ma dove il peso è volutamente trascurato, cosa che può far storcere il naso a scalatrici che spesso non superano i 50kg e pronte, al pari degli uomini se non di più, a lottare col coltello tra i denti.

Ruote da 700c e 650b a confronto

Torniamo un attimo sul discorso accennato circa le differenze del secondo ordine quali la lunghezza degli arti, gambe e braccia. Ammesso che si sia individuato un telaio di misura adeguata va prestata attenzione alla lunghezza della pipa e della pedivella. La prima spesso scala linearmente senza tener conto che sovente le donne hanno braccia in proporzione più lunghe di quelle di un uomo mentre per la pedivella, per curiose dinamiche commerciali, viene spesso proposta come misura minima la 170mm (che risulta di norma lunga per atlete di statura inferiore ai 165cm) e solo in alcuni casi la 165mm. In pratica la misura intermedia da 167.5mm è sparita dal mercato e soprattutto, ad un determinato telaio in una certa taglia viene associata in maniera automatica una attacco manubrio da 70, 80 o 90mm e una pedivella da 170mm o da 165mm senza una esplicita proposta di personalizzazione per l’utenza finale. Cambiare un’attacco manubrio e’, salvo casi particolari, un’operazione veloce e poco costosa, modificare in seconda battuta una guarnitura al contrario e’ un’opzione sicuramente sgradita. Della lunghezza delle pedivelle, ci occuperemo in seguito con un approfondimento specifico.

Infine, in questo momento di transizione dai freni caliper ai dischi, l’aggiornamento dei listini naturalmente procede a rilento, partendo dai modelli maggiormente venduti, quindi i modelli nelle taglie standard, anche se l’allungamento dei foderi posteriori per i frames disco permette uno sviluppo “facile” per le bici al femminile. 

 Nel frattempo pero’ le ragazze stanno proseguendo per la loro strada: gareggiano, lottano e vincono… a quando l’appuntamento con la foresta di Arenberg? Ma intanto godiamoci la settimana delle Ardenne.

photo credits Liv, Specialized (Kelly Kenningsen), Sottobosco, Look

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