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Riconosciamoci di 4granfondo, quello che tutti pensano e che a volte è difficile dire

di - 20/11/2017

Riconosciamoci è una rubrica sviluppata dal nostro Stefano Conca, spazio che trovate anche, tutti i mesi, all’interno della rivista. Riconosciamoci è in un certo senso “quello che tutti pensano ma in pochi raccontano”, il ritorno alle origini, il non dimenticare da dove si viene.

Il ciclista amatoriale di mezza età osserva la sua bici da corsa come un oggetto vivo, di cui prendersi cura e da proteggere dalle intemperie della vita. Non è raro vedere persone che sistemano la loro “creatura” nel soggiorno di casa o addirittura in camera da letto. Normalmente mogli e compagne non comprendono questo gesto, rifiutano qualsiasi tipo di spiegazione e lo considerano un affronto all’intimità della coppia, una mancanza di rispetto nei confronti loro e della casa che accudiscono con tanta fatica e sudore. Come spesso accade, la realtà sfugge allo sguardo razionale, e va ricercata altrove. Sebbene ognuno abbia un rapporto personale con il proprio mezzo meccanico, si possono delineare delle categorie in cui catalogare i ciclisti.

L’importante è che faccia il suo dovere

In questo gruppo si collocano quelle persone che considerano la bici come uno strumento sportivo senz’anima, alla stessa stregua di un manubrio per pesistica o un pallone da calcio. La comprano, spendendo il giusto, la sfruttano al massimo riducendo al minimo manutenzione e spese accessorie poi, entro lo scadere del secondo anno di vita, la cambiano. Tra questi sportivi è facile trovare gente che va forte, e che mette davanti a tutto il gesto atletico. Ha un comportamento simile alle compagnie low cost che acquistano in una volta sola intere flotte di aeromobili nuovi di zecca, li sottopongono a estenuanti lavori di resistenza per brevi periodi, e poi li rivendono dopo poco, così da mantenerne alto il valore e annullare i costi per il personale addetto ai controlli e per la manutenzione. Per i primi tre mesi la bici è nuova, la vernice è lucida e i componenti mantengono ancora quello strato opaco, quasi ruvido, tipico degli oggetti appena comprati. Verso i 6 mesi la brillantezza svanisce, i cerchi cominciano a ingrigirsi per via della polvere e della gomma dei pattini che si consuma sulle piste frenanti. Al superamento del primo anno di vita appaiono sporche e maltenute, tanto che quando ti passano a fianco ti verrebbe voglia di offrire loro una lavata sincera, pur di far riemergere la luce originale. Intorno all’anno e mezzo fanno rumore, il cambio è completamente sregolato, perni e movimenti vari hanno perso parte della lubrificazione iniziale. A quel punto anche i temerari pedalatori appartenenti a questa categoria devono ricorrere (loro malgrado) a un meccanico per un tagliando e una messa a punto. Se il centro al quale si sono rivolti sarà abbastanza attrezzato e armato di buona volontà, riconsegnerà il mezzo anche pulito e lucidato. Questo permetterà loro di traguardare i due anni e reiniettarlo nel ciclo di rivendita.

Sempre al top

Per rientrare in questa griglia bisogna avere soldi da spendere, oppure una lunga lista di finanziamenti da onorare. Fatto sta che oltre che dagli accostamenti cromatici e dal perfezionismo in generale, dall’aria fi era con la quale cavalcano il loro destriero. Se viaggiano in gruppo non si fanno avvicinare mai troppo, e pretendono il loro spazio vitale. La tua bici, anche se top del top di gamma, non sarà mai come la loro, perché ogni parte, componente, dettaglio è stato oculatamente ponderato, valutato, acquistato e installato. Se sentono un rumore mentre pedalano, perdono la testa. Li vedi divenire irascibili, nervosi, addirittura sofferenti e depressi. Alla prima sosta prendono il telefono e chiamano il loro meccanico di fiducia, cercando un po’ di conforto e fissando un appuntamento per il pomeriggio stesso. Quando arriva il momento di cambiare specialissima, non riescono a separarsene. La mettono in vendita e, quando trovano un potenziale compratore, prima di incontrarlo si assicurano, attraverso indagini condotte in segreto, che possa essere degno dell’acquisto, sebbene il più delle volte si tirano indietro e ci ripensano. Alla fine, se possono permetterselo, acquisteranno quella nuova tenendo la vecchia, finché il tempo e il nuovo amore non li convincano a distaccarsene.

Beata ignoranza

L’ultimo ciclotipo è colui che non ha la percezione del tempo e dello spazio. Non ha grandi disponibilità economiche, e nella vita si è abituato ad accontentarsi e a farsi andar bene tutto. Ma soprattutto non concepisce la bici da corsa come un oggetto in cui investire denaro. Li vedi pedalare con mezzi di recupero, oppure con prodotti da supermercato o grande distribuzione. Si aggirano ignari degli sguardi esterrefatti e schifati dei ciclisti dei gruppi 1, 2 e 3. I pesi non sono un problema, l’aerodinamica un concetto applicabile solo a velivoli aero-spaziali. L’abbigliamento segue di pari passo la qualità del ciclo, con taglie sbagliate e colori male assortiti. Tra questi sportivi puoi trovare di tutto, anche gente che, nonostante il mezzo, ha compiuto imprese eroiche, ma che gli altri tendono a minimizzare per invidia o, peggio, indifferenza. In realtà ci sarebbero anche quelli equilibrati, in grado di dare il giusto peso alla bici, la cura e la manutenzione, e di bilanciare saggiamente la passione per lo sport con il lavoro e gli impegni familiari, ma sinceramente fino a quel momento ne avevo solo sentito parlare. le bici di questi ciclisti sono sempre nuove, appartenenti a uno fra i 4-5 brand più in voga del momento e allestite al meglio. Per quanto possa sembrare assurdo e difficile da comprendere, un mezzo con queste caratteristiche può arrivare a costare come una moto, anzi di più. Le ragioni in realtà, sebbene la discussione tra i consumatori sia piuttosto accesa, ci sono, assieme a razionali di processi industriali e regole universali di mercato. I sofisticati utilizzatori di queste costosissime due ruote possono anche essere molto forti, ma questo non è l’obiettivo principale. Se hanno una bici così, è molto facile che abbiano anche una moto e un’auto di lusso, e che l’apparire conti più dell’essere. Normalmente pure l’abbigliamento è ricercato e impreziosito da accessori esclusivi. Parliamo di mascherine da 400 euro, di caschetti leggerissimi di ultima generazione e dai costi proibitivi, e di scarpini da fare arrossire aziende come Tod’s e Prada. Questi gioielli non hanno bisogno di essere puliti, perché in realtà non fanno in tempo a sporcarsi. Di solito vengono aggiornati o addirittura cambiati in toto entro i 6 mesi di vita. Passano più tempo all’atelier che in strada, hanno un posto assegnato all’interno delle mura domestiche, su un cavalletto in colorazione coordinata.

Come una figlia

I ciclisti di questo schieramento vedono la bici come un essere vivente, le parlano, la coccolano, e nella stagione invernale la proteggono dal freddo con una coperta di lana. Cercano di non farle mai mancare nulla. La fotografano spesso, si fanno autoscatti con lei (perché la bici è femmina) e poi li postano sui social network con definizioni del tipo: “la mia bambina” o “con il mio amore”. Queste persone comprano modelli di buon livello e spendono molto per personalizzazioni varie, a costo di far decadere la garanzia del costruttore per manomissioni rispetto all’originale. Di solito fanno riverniciare delle parti, oppure cambiano il colore delle scritte coordinandole con il nastro del manubrio e gli adesivi delle ruote. Quelli più “naïf” aggiungono il proprio nome sul tubo orizzontale, emulando i professionisti, e cercano sempre di indossare abbigliamento che faccia “pendant” con tutto il resto. Questi sportivi sono estremamente convinti, si allenano con passione e serietà. Ne fanno una questione esistenziale, e la bici diventa una “mission”. Li riconosci, oltre che dagli accostamenti cromatici e dal perfezionismo in generale, dall’aria fi era con la quale cavalcano il loro destriero. Se viaggiano in gruppo non si fanno avvicinare mai troppo, e pretendono il loro spazio vitale. La tua bici, anche se top del top di gamma, non sarà mai come la loro, perché ogni parte, componente, dettaglio è stato oculatamente ponderato, valutato, acquistato e installato. Se sentono un rumore mentre pedalano, perdono la testa. Li vedi divenire irascibili, nervosi, addirittura sofferenti e depressi. Alla prima sosta prendono il telefono e chiamano il loro meccanico di fiducia, cercando un po’ di conforto e fissando un appuntamento per il pomeriggio stesso. Quando arriva il momento di cambiare specialissima, non riescono a separarsene. La mettono in vendita e, quando trovano un potenziale compratore, prima di incontrarlo si assicurano, attraverso indagini condotte in segreto, che possa essere degno dell’acquisto, sebbene il più delle volte si tirano indietro e ci ripensano. Alla fine, se possono permetterselo, acquisteranno quella nuova tenendo la vecchia, finché il tempo e il nuovo amore non li convincano a distaccarsene.

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Alberto Fossati, nasco come biker agli inizi degli anni novanta, ho vissuto l'epoca d'oro dell'off road e i periodi della sua massima espansione nelle discipline race. Con il passare degli anni vengo trasportato nel mondo delle granfondo su strada a macinare km, facendo collimare la passione all'attività lavorativa, ma senza mai dimenticare le mie origini. Mi piace la tecnica della bici in tutte le sue forme, uno dei motivi per cui il mio interesse converge anche nelle direzioni di gravel e ciclocross. Amo la bicicletta intesa come progetto facente parte della nostra evoluzione e credo fermamente che la bici per essere raccontata debba, prima di tutto, essere vissuta.