Passa abbastanza tempo a guardare annunci pubblicitari ed è facile ipotizzare le priorità della tua vita: avere un bell’aspetto. Essere ricco. Usare il giusto profumo.
Ma fuori dal piccolo schermo, ci rendiamo presto conto che far rientrare i nostri obiettivi in una massa di responsabilità, limitazioni e la folle imprevedibilità della vita è come assemblare un puzzle al buio da ubriachi.
Ma non inizia per forza così. La nostra esistenza è cominciata con semplici bisogni, la maggior parte dei quali sono stati soddisfatti da qualcun altro. Mangiavamo, dormivamo e creavamo arte alla Rorschach nei pannolini. Questo è tutto. Siamo diventati un po’ più grandi e la lista un po’ più lunga. Per molti di noi che ancora si vantano delle cicatrici a forma di corona o disco del freno, la nostra prima ambizione non basata sulla pura sopravvivenza è iniziata con una bicicletta.
Non importava se il nostro mezzo di trasporto a due ruote per la libertà dell’infanzia arrivava nuovo e splendente dalla nonna la mattina di Natale o se si faceva strada attraverso il fratello più grande prima di essere personalizzato con i nostri colori e adesivi preferiti.
Quella bicicletta era nostra. E noi l’amavamo. L’abbiamo pedalata ogni volta che potevamo, portandola alle corse forsennate intorno all’isolato o dando passaggi agli amici per qualche anno. Preferivamo andare in bicicletta ai cartoni animati, alle faccende domestiche ma soprattutto ai compiti, anche se questo significava ritrovarsi nei guai più tardi. Quella bicicletta ci ha fatto conoscere la libertà e l’umiltà di un’impennata andata male, e abbiamo pianto tutta la notte quando è stata rubata. Alla fine arrivò una nuova bicicletta con ruote più grandi per i nostri corpi più grandi, ma non fu la stessa cosa. Non è mai la stessa cosa.
Le candele sulla torta di compleanno si sono accumulate anno dopo anno, ogni nuova fiammella portava più indipendenza e uno tsunami di nuovi interessi che riempivano un tempo libero sempre più limitato. Alla fine la nostra bici è stata declassata da attrice protagonista ad assistente personale che porta il cestino del pranzo e ricorda gli appuntamenti in agenda.
Durante l’università, la resurrezione della bici era evidenziata da file di corpi d’acciaio arrugginiti chiusi fuori dalle aule, ma il suo uso era spesso limitato ad arrivare a lezione in tempo dopo troppe lattine di birra sciapa e tiepida la sera prima. La vera metrica delle nostre priorità era misurata contando le sessioni di studio a tarda notte, la frequenza delle mattine passate a giurare di smetterla con il gin tonic, e i conti in banca svuotati dai costi ridicolmente alti dei libri di testo. Alcuni di noi hanno invece condotto una vita in cui le personali metriche calcolavano il numero di volte in cui andavano al lavoro in bicicletta, alimentati da conti bancari svuotati dal puro costo della sopravvivenza mentre sognavano a occhi aperti su quanto sarebbe stato bello lamentarsi dell’università.
Abbiamo trovato un lavoro e una macchina che funziona meglio di qualsiasi cosa abbiamo mai avuto. A un certo punto, lungo la strada, ci siamo innamorati di sinuose tracce di terra, abbiamo comprato una lussuosa mountain bike, e abbiamo pianificato di pedalarla, sempre. E l’abbiamo fatto, fino al momento in cui non l’abbiamo più fatto.
Il lavoro ha preso il sopravvento, i soldi andavano e venivano insieme ai lividi che segretamente apprezzavamo. La promessa di nuove cicatrici e nuove pedalate è stata scambiata con allenamenti confezionati in palestra, o per cibo spazzatura e pantaloni della tuta come abbigliamento casual accettabile.
Abbiamo ceduto alla stessa frenetica corsa al successo che i noi stessi liceali giuravano di evitare e abbiamo passato anni a cercare di correre un po’ più velocemente degli altri roditori a forma di uomo che ci stavano alle calcagna.
Una domanda ha cominciato a riverberare nelle nostre menti fino a quando non siamo più riusciti a farla tacere: ha importanza dove sono dirette le nostre vite se non ci godiamo il viaggio? La frustrazione per la nostra posizione nella vita ha preso il sopravvento, così come la delusione di avere così poche scelte. Finché ci siamo resi conto che stavamo facendo delle scelte fin dall’inizio.
Così abbiamo scelto di smettere di correre.
Quella bicicletta ci ha fatto conoscere la libertà e l’umiltà di un’impennata andata male, e abbiamo pianto tutta la notte quando è stata rubata. Alla fine arrivò una nuova bicicletta con ruote più grandi per i nostri corpi più grandi, ma non fu la stessa cosa. Non è mai la stessa cosa
Ci siamo liberati dal pifferaio magico e ci siamo alzati in piedi per la prima volta dopo secoli. Fu allora che vedemmo che la nostra folle corsa era sempre stata circolare, come criceti dentro la ruota. Così abbiamo scelto di smettere di correre, di smettere di vivere nel futuro e di essere controllati dal nostro passato. Invece di giocare con i nostri desideri più profondi, abbiamo rimescolato le carte e impilato il mazzo a nostro favore. Abbiamo iniziato a vivere nel presente.
Le nottate insonni sono state sostituite da notti ancora più lunghe, inseguendo tunnel di luce incandescente attraverso boschi oscuri. Gli schermi tremolanti diventano neri mentre lucidiamo il telaio di una bicicletta che sarà appoggiata agli alberi, gettata a terra dal lato del cambio, e ci scappa via dalle mani mentre rivalutiamo la nostra capacità ollare i tronchi. Le sveglie sono impostate ridicolmente presto, anche se questo significa infilarsi a letto quando l’orologio mostra ancora una singola cifra per l’ora.
I nostri veicoli sono meno affidabili delle biciclette che trasportano e trasferirsi in una nuova casa significa fare spazio per bici e attrezzi mentre le scatole di asciugamani, articoli per la casa e soprammobili assortiti rimangono intatte. Prendiamo qualche giornata di ferie e mettiamo fine alla relazione con quella persona che non ha mai capito che le nostre fughe nell’ignoto sono più di un hobby, che sono una parte intrinseca del nostro diventare la persona che abbiamo sempre voluto essere.
Dall’esterno, le nostre priorità possono sembrare sciocche. Alcune persone pensano che andare in bicicletta nei boschi sia infantile e, a meno che non si lavori nel settore dell’outdoor, i colleghi sono felici di pensare alla ridicolaggine di una bicicletta che costa quanto una moto. Ma non sanno quello che sappiamo noi. Non si tratta di giocare su bici di lusso fatte di plastica e metallo. Si tratta di scegliere di vivere – di vivere davvero – invece di aggrapparsi alla folle corsa della vita. Attraverso sacrifici, fortuna sfacciata e mille piccole decisioni, abbiamo scelto di afferrare la vita per il volante, o meglio, per il manubrio.
Così facendo, abbiamo finalmente scoperto il nostro antidoto alla follia della vita, la calma nella nostra tempesta, e la forza radicale che ci impedisce di sfrecciare nello spazio. Potremmo non conoscere mai la sicurezza finanziaria o avere il nostro parcheggio aziendale, ma sappiamo cosa significa sentirsi vivi.
E questo mi basta.
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