Pubblicità

Algarve, a trip to the end of the World

di - 06/01/2020

Sin dai tempi in cui si credeva che le terre emerse finissero lì per lasciare spazio al temuto ed infinito oceano, questa è terra di sognatori, di avventurieri, di chi insegue la liberà, di chi va in cerca di quel inebriante piacere che solo in mare riesce a provare.

Testo: Giordano D’Ecclesiis  (@jordi__26)
Photo: Emma Pirastru (@emmapiras_)

Sagres, Portogallo, venerdì 30 Novembre 2018
Stavamo bevendo una Superbock (birra tipica portoghese) in un pub del centro, l’aria era allegra e ridevamo con due ragazzi brasiliani conosciuti in quei giorni. Già, quei giorni; ci ho pensato su parecchio.
Ho pensato al posto meraviglioso che avevamo appena conosciuto ed esplorato, ho pensato alla libertà che ci ha trasmesso, ai panorami che ci ha regalato; ma più di tutto ho pensato a quanto mi sia sentito piccolo di fronte ad una natura così prorompente.

L’Algarve la più meridionale delle regioni portoghesi, si affaccia sull’oceano Atlantico sia verso ovest, sia verso sud. Le principali città come Faro, Lagos, Portimao ed Albufeira, tutte affacciate sulla costa meridionale, di fronte al Marocco, ricevono la gran parte dei turisti d’estate.
Al contrario, le coste occidentali attirano principalmente surfisti, vista la consistenza di swell che l’Atlantico può offrire, soprattutto in inverno.

Arriviamo a Sagres domenica sera dopo il tramonto, l’aria è accogliente, le poche luci che illuminano le strade lasciano intravedere le tipiche abitazioni bianche, con le finestre dipinte di ogni colore.
Non c’è anima viva, d’altronde siamo in pieno inverno e l’ora è già tarda. Siamo accolti semplicemente dal ritmico suono delle onde che si infrangono sulle falesie.
Ci troviamo in uno dei paesi più antichi di tutto il Portogallo, situato su un promontorio che si infila come un coltello nell’oceano Atlantico, spingendosi verso sud-ovest.
Sagres è lo spartiacque dell’Algarve, divide la calda e accogliente costa sud dalla più selvaggia costa ovest. Terra di navigatori, ha sempre affascinato chiunque nella storia vi sia passato.

Il mattino seguente perlustriamo la zona con la tavola sotto braccio, ci dirigiamo sulla costa sud, dato che le previsioni indicavano una leggera scaduta da SW. Surfiamo a Praia de Mareta, piccola spiaggia davanti al lungomare di Sagres. Onde piccole, sovraffollato e pieno di scuole surf, ma sempre buona come prima surfata in Portogallo.
La sera stessa, dopo aver comprato del pesce fresco e qualche birra, decidiamo di pianificare i restanti giorni, anche se l’unico piano in mente era seguire le onde; le previsioni preannunciavano l’arrivo di una bella mareggiata, forse una delle più solide degli ultimi tempi nel Nord Atlantico.
Per tutto il mese di novembre, infatti, il Nord Atlantico è stato interessato da un consistente blocco di bassa pressione a sud della Groenlandia. Le forti burrasche hanno azionato un ciclo continuo di swell provenienti da NW in discesa proprio verso Portogallo, Francia, Marocco e Canarie. Non a caso, una settimana prima del nostro arrivo si era svolto il Nazarè Challenge, e mentre eravamo a Sagres si svolgeva il Quemao Class a Lanzarote.

Lo swell che sarebbe arrivato è uno di quelli che tutti sperano di trovare; quattro giorni di durata, con il picco di mare il secondo giorno (13ft) e periodo in crescendo con picchi di 19 secondi.
Con queste previsioni in un posto mai visto, non si è mai sicuri se si surferà. Si è assaliti da mille dubbi, ci si domanda se saremo in grado, se troveremo il giusto posto e se il mare sarà accessibile.
Al diavolo le perplessità.
Non avevo niente da perdere, d’altronde, un mare come quello che avrei visto nei giorni successivi mi avrebbe appagato anche solo alla vista.

Martedì, terzo giorno a Sagres.
Un modesto swell da NW è entrato. E’ tempo di esplorare la costa ovest. Appena svegli carichiamo le tavole in macchina, colazione veloce e poi ci dirigiamo verso Praia do Beliche, beach-break incastonato tra falesie con meravigliose grotte e cunicoli che affiorano con la bassa marea. La spiaggia è leggermente esposta a SW e ben riparata dalla scogliera di Cabo de São Vicente, il cui faro padroneggia il panorama. Questa conformazione permette a Praia do Beliche di essere più accessibile degli altri spot anche nei giorni di swell solidi.
Facciamo una bella surfata con onde glassy e sole, mangiamo qualcosa al volo e decidiamo di provare lo spot davanti casa, Praia de Tonel, anch’essa affacciata verso ovest è una lunga spiaggia dorata con qualche masso sparso in mare e racchiusa fra due imponenti scogliere. Trovo una bella sinistra nel centro baia, la corrente è tanta ma il divertimento è assicurato.
Surfo fino a poco prima del tramonto, il mare è aumentato, segno che durante la notte sarebbe entrato lo swell che aspettavamo.

Mercoledì, quarto giorno.
Ci svegliamo con il rumore del mare che scuote le pareti. Partiamo diretti a nord. Più saliamo la costa e più la misura dello swell aumenta. Non ci fermiamo neanche un attimo ad osservare il mare vicino casa; sapevo che Beliche avrebbe lavorato, ma con una mareggiata del genere volevo trovare di più.
Partendo da Sagres e andando verso Nord la strada principale si allontana dalla costa fino a raggiungere Villa do Bispo, da cui, o si prosegue nell’entroterra con una strada asfaltata o si prendono le ramificate stradine sterrate che raggiungono le scogliere, ovviamente, prendiamo lo sterrato, circondati da campi alle volte coltivati, cercando di raggiungere la costa.
Finalmente arriviamo al mare e quasi non credo alla mia vista.

L’oceano avanzava lineare, con enormi barre parallele che svanivano solo oltre l’orizzonte.
Il vento di terra rendeva l’aria fredda e i primi raggi di sole dell’alba creavano una sottile foschia sulla superficie delle onde, sembrava che l’oceano stesse ribollendo pronto ad esplodere.
Si sentiva solo il rumore delle onde infrangersi violentemente contro le immense scogliere.
La vista dall’alto rendeva il tutto imponente ed epico. Lungo le falesie piccole insenature con accenni di spiaggia apparivano ogni tanto, qualche furgone parcheggiato e nessuno in acqua.
I Beach-break non reggevano la misura ed erano solo schiuma per 400m dalla costa. Continuando a cercare troviamo una baia molto ampia, un point destro che rompeva di fronte ad una falesia alta più di 60m per poi scorrere perfetto per oltre 200m verso il centro baia. Non potevo credere ai miei occhi.

Non avendo visto nessuno in mare per più di 20km, vedere che sul picco c’era una persona mi rassicurava. Sapevo di non avere la tavola giusta ma impulsivamente la decisione è stata quella di entrare. Muta infilata, tavola e rapido studio di correnti e canali per capire la via migliore per raggiungere il picco.
Remando verso il largo lo spettacolo era unico; una destra perfetta, ampia e scavata con una forza che sinceramente non avevo mai percepito. Appena entrato riesco a prenderne una, leggermente spostato dal picco. Sono emozionato. Salendo sul picco di fronte alla scogliera vedo arrivare un set dei più belli; prendo la prima onda della serie; probabilmente l’onda più bella della mia vita. La surfo per un po’ con il cuore a mille. Risalgo, aspetto un altro set e provo subito a prenderne un’altra. La tavola si impunta in cima all’onda e mi scaraventa giù dalla parete. Quel wipe-out me lo ricorderò per un po’.
Risalgo dalla schiuma stremato, due onde ancora più grosse avevano rotto dietro e mi stavano per travolgere. Dopo averle prese entrambe in testa, esausto, decido che era il momento di uscire.

Una volta fuori continuo a guardare quell’onda. Le barre si schiantavano una dopo l’altra contro la falesia, il loro boato mi risuonava dentro. Ma il rumore più forte che riecheggiava dentro era quello del senso di impotenza che quel posto, quel mare, quell’onda, mi avevano lasciato.
Noi surfisti siamo controllati da questo, ci affanniamo per cercare qualche onda, siamo alla continua ricerca di una parete su cui scivolare, ma alle volte siamo costretti ad arrenderci di fronte a tanta potenza, rimanendo in disparte ad ammirare lo spettacolo.
La giornata sta finendo, il vento off-shore ci regala un tramonto mozzafiato. Joao e Diego ci offrono una birra nel loro locale il “Pau di Pita”; vorrei ringraziarli per l’ospitalità con cui ci hanno accolto, grazie a loro posso quasi dire di essermi sentito a casa.

Giovedì, quinto giorno.
E’ entrato vento di mare e pioggia forte. Prendiamo la macchina e partiamo in direzione Nazaré. Volevamo vederlo e quello sembrava il giorno migliore con mare grosso e vento on-shore, quindi non avremmo surfato.
300km fino a Lisbona e altri 100 fino a Nazaré. Il faro si innalza da un imponente falesia e domina il paesaggio della cittadina. Stava piovendo e le onde rompevano fuori dalla scogliera, il vento era forte ed il mare non era liscio ma è uno spettacolo che vale sempre la pena ammirare.

Venerdì, ultimo giorno.
Il mare è calato ma le previsioni sembrano comunque perfette, 2.5m con 14secondi. Passiamo la giornata a Praia do Beliche, l’atmosfera è serena e tranquilla ed il panorama non lascia a desiderare. Il parcheggio qua è sempre pieno di camper e furgoni, viaggiatori da tutto il mondo che visitano l’Algarve e si ritrovano li accomunati dall’immensa passione per l’oceano. Da sempre terra di sognatori, avventurieri, di chi va in cerca di libertà, di chi non si sazia mai e va in cerca di quel inebriante piacere che solo in mare prova.

Surfiamo onde perfette e lisce, con sole e poca gente. Riusciamo pure a scattare qualche foto dall’acqua.
Anche l’ultima giornata sta finendo, ci sediamo sul margine della scogliera al tramonto con la vista sulla baia di Beliche. Saremmo rimasti li per sempre, avevamo trovato tutto quello che cercavamo, onde, scogliere a picco sull’oceano, distese sconfinate di verde e gente alla mano, sempre col sorriso in faccia.
Il giorno dopo saremmo tornati alla normalità, lontano da questo paradiso e dai sogni che ci ha fatto vivere. D’altronde tutto, come un ciclo, prima o poi finisce; tranne le onde, quelle scorreranno per sempre.

 

Processed with VSCO with c1 preset