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Armando, surfista e nomade digitale da 10 anni

di - 07/12/2021

Vorremmo presentarvi una persona molto interessante, lui è Armando di westfaliadigitalnomads. Come potrete immaginare, Armando è un nomade digitale, lui e sua moglie Mel viaggiano e lavorano da circa dieci anni a bordo di un piccolo furgone Volkswagen non molto più grande di una station wagon. La loro casa su ruote si chiamava Mork, mentre ora si chiama Morkenstein a seguito di una serie di miglioramenti radicali.
Armando per vivere fa il regista, inoltre si occupa di foto e video editing come freelance. Oltre ad essersi appassionato al surf, Armando è un amante del mare sotto ogni sua sfumatura. Lo abbiamo incontrato durante la fiera del Camper di Parma e abbiamo scambiato con lui un po’ di pensieri ad alta voce.
Buona lettura!

Ciao Armando, è un piacere conoscerti, il vostro canale Youtube vi ha resi davvero popolari. Sono tanti anni che viaggiate in giro per mondo lavorando dal vostro piccolo furgone, finalmente lo smart working si sta diffondendo a macchia d’olio, cosa ne pensi?

Noi abbiamo cominciato a fare questo tipo di vita da tanti anni, il termine che più ci rappresenta è quello di “nomadi digitali”, ovvero coloro i quali fruttano le tecnologie digitali per lavorare a distanza, per i propri clienti oppure per i loro datori di lavoro, senza essere legati a sedi fisiche, conducendo per l’appunto una vita nomade.
E’ un po’ diverso dal concetto di smart working, così come si sta diffondendo in questo periodo pendemico. Seguiamo questo stile di vita da molti anni, quando forse non se ne parlava ancora, ora è forse più di moda, ma per noi è diventata la normalità.
Inizialmente abbiamo aperto un blog in inglese (westfaliadigitalnomads) poi il canale Youtube, quello in inglese (Westfaliadigitalnomads) e quello in italiano (VivereInCamperMacchitelofaffa). Lo scopo è stato quello di far vedere gli aspetti positivi di questa scelta come anche gli aspetti negativi. Non tutto è così rose e fiori come lo si dipinge. Perchè abbiamo visto negli anni la gente che diceva: “mah si prendo il furgone, prendo e vado!”, però devi avere la maniera per mantenerti, che non vuol dire solo online, ci sono anche tanti lavori offline, dalla raccolta stagionale a lavori canonici. Abbiamo conosciuto persone che d’estate insegnavano surf nei Paesi Baschi e d’inverno si trasferivano ad Andorra a insegnare snowboard. Facevano sei mesi in un posto e sei mesi in un altro, facevano qualcosa che gli piaceva. Noi abbiamo seguito la strada del lavoro online grazie alla nostra esperienza, perchè ti permette di fare il lavoro veramente da qualsiasi posto, dal parcheggio del Salone di Parma piuttosto che dalla montagna sperduta.

Quando hai cominciato a fare surf?

Ho cominciato nel 2015, quando abbiamo fatto un bel giro tra Spagna, Portogallo e Marocco. La mia prima tavola mi era stata regalata dal mio miglior amico, un mini long, un malibù. Solo che non aveva volume, ed io sono abbastanza “voluminoso” <risate>. Mi ricordo che mi trovavo proprio nei Paesi Baschi, figurati che non avevo neanche il laccio e mi sono legato una corda alla caviglia, molto emozionato sono entrato in acqua e ho fatto quello che potrei definire “surf da fondo” <risate>. Poi successivamente ci siamo fermati a Pantin a vedere la manifestazione (ndr. Pantin Classic Galicia Pro), lì ho conosciuto Felipe, uno shaper locale. Quando successivamente lo abbiamo incontrato nuovamente in Costa da Caparica (un posto dove ci sono davvero belle onde), mi ha omaggiato di una sua tavola, questa volta con un po’ di volume <risate>. E’ un 7’5 con appunto un bel volume e da lì lui è stato un po’ il mio mentore, lui fa questo lavoro da 35 anni, forse è stato uno dei primi che ha portato il surf in Portogallo negli anni ’80. Quindi entrare in acqua con una persona, non solo surfista, ma che realizza tavole da surf è stato davvero importante. Come mentore mi ha aiutato tanto, all’inizio è difficile imparare, faticoso. Soprattutto farlo da adulto, ho visto un sacco di bambini darmi la me**a <risate>. Quindi nel 2015 siamo stati diversi mesi in Portogallo, in quasi tutte le spiagge famose per surfare, poi ci siamo trasferiti, siamo stati tre mesi in Marocco e anche lì, quando hai la possibilità di uscire dal furgone, prendere la tavola e buttarti in mare. Poi torni, lavori un’oretta, dici “ciao” al cliente, e torni un attimo in mare. Lì è stato il periodo più bello forse, perchè riuscivo a spezzare la vita lavorativa in camper con le uscite in acqua, perchè comunque c’è sempre onda.
La più bella surfata l’ho fatta ad Imsouane, poi mi son fatto quaranta minuti a piedi per tornare, perchè è un’onda lunghissima, sarò stato sulla tavola almeno tre minuti, mai successo prima, bellissimo!
Da lì è nata la mia passione, comunque non sono il surfista che va a cercarsi le condizioni. Se posso surfare durante i miei viaggi, nei posti dove è possibile farlo, allora lo faccio. Come mi è successo in Sicilia, dove ho trovato dei bei giorni di mareggiata, oppure in Sardegna.

Quindi si può dire che non sei tu a cercare l’onda, ma è quasi lei a trovare te?

Si, può capitare durante il viaggio. C’è da dire che il nostro viaggio non è dedicato prettamente alla ricerca delle onde. Però ovviamente quando ci sono le condizione, fa molto piacere. L’ultimo anno l’abbiamo passato sulle Alpi, e come ben sai lì è abbastanza difficile fare surf <risate>.
Adesso andremo, per l’inverno, a sud della Turchia, scopriremo questa realtà, se per caso dovessimo trovare delle condizioni sicuramente mi butterò in acqua.

Solitamente durante le vacanze estive sulle coste europee ci sono sempre tante persone in acqua, praticando surf in periodi non prettamente turistici, che impressione hai avuto in relazione all’affollamento?

Quando ho cominciato a fare surf nel 2015, nel periodo invernale si notavano diversi furgoni con i surfisti. Ma quando due anni dopo siamo tornati c’era così tanta gente che siamo scappati via, un po’ perchè c’era una vera e propria invasione, un po’ perchè da principiante cerco sempre di stare in fondo all’onda, evitando di essere troppo vicino agli altri. Altre volte invece, come circa un anno e mezzo fa in Sardegna, saremo stati dieci persone in acqua, un numero accettabile, quindi dipende dai posti.
Un posto dove vorremmo andare, perchè mio fratello ci vive da tre anni, sono le Azzorre. Ci vorremmo andare col furgone, mettendolo su una nave cargo, e viaggiando in aeroplano, stando via magari cinque o sei mesi. L’aspetto positivo sarebbe non trovare camperisti, la spesa non sarebbe neppure eccessiva: nave cargo andata e ritorno più volo in aereo circa 2000 euro. Considerando che andare alle Canarie si andrebbe a pagare circa 1300/1400 euro. L’importante è soggiornare per un periodo abbastanza lungo per ammortizzare i costi. Come dicevo, la bellezza di un viaggio alle Azzorre sarebbe non trovare camperisti, è comunque una zona di surfisti, windsurfisti, kiter. Sono posti davvero belli, forse meno battuti rispetto al classico Portogallo, Marocco e nord della Spagna.
Un altro luogo dove vorremmo andare è la Cornovaglia, ci sono dei bei posti, come anche l’Irlanda. Durante i nostri viaggi ci piace stare comunque vicino all’acqua, che sia il mare, un lago o un fiume. Infatti ho provato a fare surf anche a Monaco di Baviera, mi sono “spatasciato” <risate>, perchè tutti saltavano per entrare in acqua, allora ci ho provato anche io, ma sono caduto rovinosamente.

Il river surfing è un po’ diverso dal surf in mare, a Milano hanno aperto una struttura per il surf statico, si trova all’Idroscalo si chiama Wake Paradise.

Insomma quando trovo l’opportunità di entrare in acqua, metto la muta ed entro, poi faccio le mie brutte figure, ma va bene così <risate>

Hai diverse mute per le diverse attività che fai al mare, oppure usi sempre la stessa?

Ho una muta per fare surf e una muta per fare apnea, perchè mi diverto a fare immersioni con il fucile da pesca oppure con la macchina fotografica e lo scafandro. Ho fatto una bellissima esperienza con un amico in Sardegna, è stato per tanti anni istruttore di apnea e mi ha aperto alla pratica dell’apnea notturna che è davvero fantastica. Di notte puoi vedere il mare e chi lo popola; a livello video non hai quei colori tendenti al blu che hai di giorno, mentre usando le luci artificiali vedi i reali colori dei pesci e delle pietre, toccarli è emozionante. Ho toccato dei polipi, delle murene, tutto quello che di giorno non vedi. Fa un po’ paura, perchè entrare nel buio può spaventare, però è un’esperienza bellissima.

Quindi l’esperienza fatta con l’apnea ti ha fatto sentire più a tuo agio mentre fai surf, oppure sono due cose distinte?

L’apnea è venuta dopo il surf, devo dire che io sono sempre stato uno da montagna, cresciuto sulle Alpi a 2000 metri, per cui ho sempre prediletto la montagna, non mi è mai piaciuta la spiaggia, intesa come sdraio e ombrellone. Vivere il mare è un’altra cosa, ad esempio sono un velista, ho fatto scuola di vela, per cui viverlo con una barca a vela, da dentro l’acqua, con una tavola da surf oppure facendo apnea, è una bellissima sensazione.
La mia fortuna è che viaggiando riesco a incontrare delle persone che in qualche maniera trasmettono il loro amore. A Lipari ho conosciuto questo ragazzo, che di professione fa immersioni e nel tempo libero fa pesca fino a 25 metri di profondità, io non vado così tanto sotto. Gli è capitato anche di tornare a galla con cernie di 5kg, cose parecchio interessanti. Ci trovavamo vicino a Pantelleria, in prossimità di alcuni faraglioni, ricordo che in quella occasione questa persona mi ha trasmesso l’emozione di stare in acqua, facendomi vivere la sensazione di volare in cielo. Perchè vedi tutte queste rocce, il fondale, quindi è un po’ come se galleggiassi nello spazio. Da lì ho iniziato ad apprezzare questo mondo, ho acquistato un muta per l’apnea, e anche un fucile. Devo ammettere che la soddisfazione di fare delle grigliate di pesce appena pescato, sulla spiaggia, è davvero notevole.

In questo particolare momento storico, tante persone sentono la necessità di lasciarsi tutto alle spalle e partire, soprattutto l’obbligo del greenpass sembra abbia dato l’impulso a tanti di trovare un’alternativa alle imposizioni governative. Che consiglio ti senti di dare ad una persona che sta maturando questa scelta?

Il primo consiglio prima di acquistare un furgone è quello di affittarne uno, magari partendo da uno grosso, per poi provarne uno medio e infine uno piccolo. In modo da capire quelle che possono essere le proprie necessità a livello di spazio, perchè è un aspetto molto importante. Certo se uno viaggia da solo va bene, però se si viaggia in coppia o addirittura in famiglia è importante. Sarebbe meglio evitare di spendere subito tanti soldi per una cosa che poi magari non è funzionale per il viaggio. Una volta capito qual è lo spazio, poi si può andare a vedere qualcosa di più concreto.

L’ultima cosa che volevo chiederti è: cosa ti manca della vita stanziale?

Nulla!

Neppure gli spazi?

Ho sempre sostenuto che aprendo il portellone del furgone ho modo di vedere il mio “soggiorno”. L’uomo è un animale che riesce ad adattarsi, quindi abbiamo trovato le soluzioni per riuscire ad avere quello che ci serve anche in uno spazio piccolo. Devo dire che non ho niente di particolare che mi manchi. Mettendo sul piatto la possibilità di viaggiare, di scoprire e di conoscere le persone, le culture, le tradizioni, piuttosto che stare fermi in un posto, preferisco viaggiare!

Grazie Armando

 

Potete seguire Armando e sua moglie Mel attraverso questi canali:

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