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Banana e bici, tutta la verità

di - 25/02/2022

Chi non è fan della banana, di sicuro ne conosce almeno uno. Il “momento banana” è un classico di qualsiasi uscita in bici, indipendentemente dalla disciplina e dalla situazione. Presente in pezzetti sui tavoli dei ristori alle gare o intera nelle tasche delle nostre maglie, questo frutto esotico è da sempre parte integrante della dieta di molti ciclisti. Ma è davvero utile una banana nel contesto di un’uscita in bici?

Banana sì, banana no…

La risposta è “sì”. La banana è effettivamente utile, ma con un occhio di riguardo al timing di assunzione. La banana, infatti, rispetto ad altra frutta, è ricca di zuccheri e sali minerali. I primi ottimi per sostenere il metabolismo energetico e i secondi ideali per mantenere equilibrato il bilancio salino. Una banana di medie-grandi dimensioni può apportare una quantità di zuccheri simile a quella di molte barrette commerciali, potendo quindi sostituirsi ad esse. Però, benché essa possa risultare ottima per pedalate a ritmo medio-basso, raggiungere il proprio fabbisogno energetico tramite questo frutto in sessioni svolte ad alta intensità può essere difficile. Non di meno, la sua digestione dipende molto dal grado di maturazione e a volte può risultare pesante, portando a disturbi gastrointestinali nei corridori più sensibili.

Quando mangiarla

Mangiare una banana prima dell’allenamento permette una ricarica rapida di energia, soprattutto nelle sessioni infrasettimanali, spesso svolte tra un impegno e l’altro. In questo caso, l’assunzione deve essere fatta almeno 30 minuti prima dell’esercizio. Ma è al termine dell’allenamento che questo frutto esotico dà il meglio di sé. Il giusto mix di potassio e magnesio presente all’interno è ottimo per sostenere il recupero delle fibre muscolari dopo attività stressanti e intense, aiutando a ristabilire il bilancio salino e alleviando l’insorgenza di una possibile disidratazione, soprattutto in condizioni di elevata umidità e alta temperatura atmosferica.

Enrico Baggio
Biologo Nutrizionista

Mi piacciono le biciclette, tutte, e mi piace pedalare. Mi piace ascoltare le belle storie di uomini e di bici, e ogni tanto raccontarne qualcuna. L'amore è nato sulla sabbia, con le biglie di Bitossi e De Vlaeminck ed è maturato sui sentieri del Mottarone in sella a una Specialized Rockhopper, rossa e rigida. Avevo appena cominciato a scrivere di neve quando rimasi folgorato da quelle bici reazionarie con le ruote tassellate, i manubri larghi e i nomi americani. Da quel momento in poi fu solo Mountain Bike, e divenne anche il mio lavoro. Un lavoro bellissimo, che culminò con la direzione di Tutto MTB. A quei tempi era la Bibbia. Dopo un po' di anni la vita e la penna parlarono di altro, ma il cuore rimase sempre sui pedali. Le mountain bike diventarono front, full, in alluminio, in carbonio, le ruote si ingrandirono e le escursioni aumentarono, e io maturavo come loro. Cominciai a frequentare anche l'asfalto, scettico ma curioso. Iscrivendomi alle gare per pedalare senza le auto a fare paura. Poi, finalmente arrivò il Gravel, un meraviglioso dejavu, un tuffo nelle vecchie emozioni. La vita e la penna nel frattempo erano tornate a parlare di pedali: il cerchio si era meravigliosamente chiuso.