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Dal Vigorelli al Ghisallo passando per Filottrano

di - 07/11/2017

29 Ottobre 2017, un grazie particolare a Caterina Vacchi e Simone Centemero, che hanno partecipato alla manifestazione fornendo testo e foto per questo articolo che unisce passione ed emozioni.

Michele Scarponi, Team Astana: anche chi non è ciclista, non può non conoscere Michele Scarponi, atleta prematuramente scomparso nell’Aprile del 2017 investito da un furgone durante un allenamento e che ha lasciato un enorme vuoto nel ciclismo italiano. E proprio uno dei suoi gruppi di fan più attivo, il Michele Scarponi sempre nel cuore, ha consegnato oggi, nelle mani del Presidente del Museo, Antonio Molteni, la maglia di Michele Scarponi, che la famiglia ha donato.

“E’ stato un gesto dettato dal cuore” dice Marcella Scotti, fondatrice del gruppo. “Durante un viaggio a Filottrano, lo scorso settembre, abbiamo avuto il piacere di incontrare la mamma e il papà di Michele, che ci hanno accolto a braccia aperte”, continua Mario Ciceri, amministatore del gruppo “e che hanno risposto subito positivamente alla nostra richiesta della maglia. Credevamo fosse importante che Michele fosse anche qui, dentro il nostro museo, dove ci sono le maglie di tanti campioni del ciclismo, da Moser a Savoldelli”.

 

Ed è proprio il Museo, insieme al Comitato del Velodromo Vigorelli e a Upcycle, che ha organizzato la pedalata non competitiva e la concomitante donazione della maglia.

“La Vigorelli – Ghisallo è ormai arrivata alla sua terza edizione, è nata per dare visibilità ai due monumenti storici del ciclismo italiano” ci dice Carola Gentilini, direttrice del Museo del Ciclismo. “E’ l’evento che per noi chiude la stagione ciclistica e che si colloca idealmente tra il compleanno del Museo (14 ottobre ndr) e quello del Vigorelli (28 ottobre ndr). Il Museo fornisce l’appoggio logistico per l’arrivo e a tutti i partecipanti è offerta la visita gratuita. Quest’anno siamo particolarmente felici e orgogliosi di aver potuto far coincidere la pedalata con l’evento legato alla maglia di Michele Scarponi, offrendo ad un momento così toccante il pubblico giusto: i ciclisti”.

 

Anche Barbara Bonori, socia di Upcycle, la società dietro al Milano Bike Café, ci parla di argomenti che toccano il cuore dei ciclisti, di “cultura del pedale”, di volontà e sostegno a monumenti così importanti della nostra cultura sportiva. “Milano Bike Café e Upcycle sono dentro quest’avventura della Vigorelli-Ghisallo sin dalla prima edizione. Un’iniziativa nata quasi per caso” ci racconta “perché nell’ambiente del ciclismo lombardo, in fondo, non siamo tantissimi e ci conosciamo tutti. E quando i valori che ti accomunano sono gli stessi: vita sana, sport e amore per il pedale, le iniziative importanti, quelle vere, nascono spontaneamente. La realtà di Upcycle Bike Café nasce, nel 2013, dallo spirito imprenditorale di un “gruppo di amici di bici” ed è uno spazio in cui si mangia, si parla e si pedala”, continua Barbara che trasmette fisicamente e verbalmente l’amore per questo sport.

E la stessa dedizione la sentiamo nelle parole di Daniele d’Aquila, portavoce del Comitato del Velodromo Vigorelli. “Pensa che 3 anni fa l’iniziativa è nata dal fatto che eravamo in difficoltà. Noi perché il Vigorelli era chiuso e sembrava non ci fosse futuro per il velodromo e il Museo perché stava attraversando un complicato momento per mancanza di fondi. Ci siamo uniti per sensibilizzare l’opinione pubblica e, anche ora, che invece la situazione è migliorata per entrambi, questa pedalata è rimasta così nel cuore dei ciclisti che continua ad avere un enorme successo”. 350 partecipanti per questa edizione 2017, che si sono iscritti online o direttamente al Milano Bike Cafè. “Ma abbiamo dovuto chiudere le iscrizioni ad un certo punto, se no saremmo stati troppi”, ci dice ancora Daniele, che promette, per l’edizione 2018 una più ampia disponibilità di posti per questo inno all’italianità ciclista.

E a proposito di italianità, il nuovissimo sponsor di questa edizione è Titici. Azienda ciclista tutta italiana con sede a Asola (Mantova) e attiva nel settore sin dagli anni 60, ma fondamentalmente rimasta nell’ombra per aver sempre fornito telai di altissima qualità a terzi. Dal 2017 l’azienda è stata parzialmente acquisita dal socio di maggioranza di X-Bionic e ha deciso di lanciarsi come marchio indipendente sia a livello nazionale che internazionale. Le bici di Titici hanno decisamente carattere dal punto di vista estetico e promettono di essere particolarmente prestanti e confortevoli.

“Siamo 100% italiani e creiamo i telai su misura senza costi aggiuntivi, il cliente sceglie la livrea, la misura e tutte le particolarità della bici e noi gli garantiamo il suo modello unico”. Ci dice Roberto Sambinelli, brand manager di Titici. Un’eccellenza italiana che vuole crescere proprio in quanto tale e per questo ha scelto di sponsorizzare questa manifestazione che ha il “made in Italy” nel DNA. “Quest’anno siamo saliti a bordo un po’ tardi, ma per l’anno prossimo vorrei organizzare una serie di eventi collaterali, perché queste manifestazioni sono sempre quelle che danno più soddisfazione”.

La giornata volge al termine e mentre gli spettatori cominciano a diradarsi, i giornalisti si allontano e si cominciano a vedere gli organizzatori che raccolgono i materiali, il ciclista del monumento di piazza Bartali ha, come tutti i giorni, la mano alzata verso un cielo celeste. Oggi quel segno ha un significato in più: il saluto del Ghisallo a Michele Scarponi.

 

 

Alberto Fossati, nasco come biker agli inizi degli anni novanta, ho vissuto l'epoca d'oro dell'off road e i periodi della sua massima espansione nelle discipline race. Con il passare degli anni vengo trasportato nel mondo delle granfondo su strada a macinare km, facendo collimare la passione all'attività lavorativa, ma senza mai dimenticare le mie origini. Mi piace la tecnica della bici in tutte le sue forme, uno dei motivi per cui il mio interesse converge anche nelle direzioni di gravel e ciclocross. Amo la bicicletta intesa come progetto facente parte della nostra evoluzione e credo fermamente che la bici per essere raccontata debba, prima di tutto, essere vissuta.