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Gravel ed experience, godersi la vita pedalando

di - 02/11/2021

Oggi come oggi il gravel è uno dei soggetti principe. Ne discutono e argomentano tutti, lo fanno gli appassionati veri della bicicletta e quelli che non hanno minimamente idea di come si fa a pedalare. Ci sono gli estremisti e ci sono gli scopritori, ma comunque se ne parla (e se ne scrive). Al di là dell’approccio tecnico, gravel è una sorta di aggettivo “tutto e niente”, che porta con sé un’infinità di messaggi e che abbraccia tante discipline di una stessa categoria (la bicicletta). Eppure è difficile fornire una descrizione precisa, perché sono gli interpreti che non hanno un’identità ben definita. Ma forse neppure la cercano ed è bello anche così.

Gravel, ogni scusa è buona

La bicicletta e il gravel esistono da più di 200 anni. Sì perché se la bici ha festeggiato le 200 primavere nel 2019, nel 1819 le strade asfaltate non esistevano, né qui, né in America. Quindi poche palle, il gravel è un fenomeno commerciale che utilizza un aggettivo semplice, anche per chi non mastica l’inglese, facile, intuitivo e che ti rimane in testa. GR-A-VEL, la ghiaia, cioè sporco, polvere, giocare ed uscire dagli schemi. Infangarsi, impolverarsi e sputare, non avere timore di essere sozzi e luridi. Tornare bambini, riscoprire le origine, godere del divertimento che può generare un gioco ed una passione.

Bersi una birra in più, seduti in piazzetta senza guardare tanto per il sottile, senza watt e senza ripetute. Poche regole scritte e libertà. Terra, natura e verde. Distaccarsi dal rumore e dal traffico, vicino ma lontano. Beh, il gravel è una sorta di dito medio al periodo incasinato nel quale viviamo.

Come le e-bike

Gravel ed e-bike non sono molto differenti, perché pur essendo entrambi un’opportunità per l’industria (cosa non lo é, ben vengano gli influencer ad argomentare…), hanno definitivamente aperto il settore bici un po’ a tutti. E ci piace così.

È bello andare sulle strade ghiaiate e trovare un sacco di gente che pedala. Si ma guardate avanti e cercate di tenere la mani ben salde sul manubrio, sennò il dentista diventa il migliore amico! La gente che fino a ieri ha usato la “Graziella”, oggi vuole la bici gravel, senza neppure conoscere come cambiare rapporto! Beh, ci sta, il fenomeno di questa disciplina è cronaca.

Ora siamo in tanti ad usare la bicicletta. Occupiamo le strade e i marciapiedi, i sentieri e le vie tagliafuoco dei boschi. Andiamo in contromano e usiamo le strisce degli attraversamenti pedonali facendo lo zig-zag tra i passeggini. Gravel, e-bike e monopattini elettrici! Non sarà mai colpa del mezzo, ma di come lo utilizziamo a prescindere. Sono le auto il problema? No, chi le utilizza.  Anche gli stessi monopattini sono uno strumento valido, ma se utilizzato male e nella maniera scorretta può diventare un problema.

Il grande abbraccio della bicicletta

Non estremizziamo dai, non vogliamo essere sovversivi. Il gravel è una sorta di grande abbraccio (lo abbiamo scritto in altre occasioni e ci perdonerete se diventiamo ripetitivi), ma anche un contenitore enorme dove ci trovi di tutto. C’é il ciclista incallito, quello tecnologico e preparato; lui respira solo se gli è stato ordinato dal preparatore. Trovi quello scazzato, che vive la bici con un McChiken in tasca e beve la Coca al posto dell’acqua, tra voglia di non mollare l’agonisimo e la scoperta che la bici è un viaggio eterno. In questo scatolone c’é il novellino, c’é lo scopritore, il povero ed il ricco, c’é l’operaio e il dirigente d’azienda.

Forse, mai come la disciplina gravel diventa l’esempio di un vecchio adagio, sempre attuale: “la bici mette tutti sullo stesso piano, è la strada che stila la classifica, tutti parlano la stessa lingua”. E a volte arrivare primo, non significa essere vincitore in senso assoluto!

Il gravel è capace di metterci in pace noi stessi e con il nostro ego. Il malato di agonismo riscopre il piacere di pedalare, di godersi la giornata e lo “sgarro”. Il nuovo ciclista scopre la bici. Un’experience gravel ti può insegnare molte cose e non c’é nulla di banale.

Il racconto

Questo racconto nasce da insieme di idee che si mescolano. Trovano forma grazie alle esperienze di tutti i giorni, durante le prove ed i test, grazie agli eventi ed ai viaggi che spesso collimano con il lavoro. Grazie anche alla Gravel Experience promossa da Q36.5 nella zona del Lago di Caldaro, che riprendiamo sotto forma di link (qui sotto) e che abbiamo sfruttato (anche) per il test della Officine Mattio Santiago AC (bici gravel ovviamente).

Officine Mattio Santiago AC, la bici in acciaio

a cura della redazione tecnica, immagini courtesy Q36.5 @gianluca vanzetta.

4actionsport.it

 

Alberto Fossati, nasco come biker agli inizi degli anni novanta, ho vissuto l'epoca d'oro dell'off road e i periodi della sua massima espansione nelle discipline race. Con il passare degli anni vengo trasportato nel mondo delle granfondo su strada a macinare km, facendo collimare la passione all'attività lavorativa, ma senza mai dimenticare le mie origini. Mi piace la tecnica della bici in tutte le sue forme, uno dei motivi per cui il mio interesse converge anche nelle direzioni di gravel e ciclocross. Amo la bicicletta intesa come progetto facente parte della nostra evoluzione e credo fermamente che la bici per essere raccontata debba, prima di tutto, essere vissuta.