Pubblicità

Il test della Selle Italia SLR Boost Carbokeramic

di - 07/02/2020

Selle Italia SLR è un punto di riferimento per tutti, una sella utilizzata da tutti, in tutte le discipline. SLR Boost è la “sella corta”, disponibile con o senza il canale Superflow. Disponibile nelle versioni IDMatch L1 e S1 è categorizzata come un prodotto Performance, per agonisti delle distanze medie. Dopo aver provato la versione Superflow, abbiamo testato quella senza canale.

Non solo un test ma la volontà di conoscere ed approfondire

Prosegue la nostra ricerca e approfondimenti in merito alle selle corte. Dopo aver testato in anteprima il nuovo shape che caratterizza uno dei modelli storici di Selle Italia, riprendiamo la nostra precedente pubblicazione, ci vogliamo confrontare con la medesima piattaforma (la SLR Boost) ma senza l’ampio canale di scarico centrale. Non solo: abbiamo voluto provare la SLR Boost più larga L1 (145 mm). Avevamo provato la Boost Superflow con IDMatch S1 (248 mm di lunghezza per 130 mm di larghezza).. Tecnicamente, questa sella offre le stesse garanzie di stabilità che avevamo evidenziato nella versione Superflow. Lo fa a prescindere dalle situazioni in cui si pedala e dallo stile. Rispetto alla sorella, questa senza canale è più rigida e compatta nella porzione mediana/frontale, perché il materiale presente contribuisce ad “irrobustire” l’intera struttura. Leggera, rigida e prestazionale, ha la scocca e i rail (7×9 mm) in carbonio, con un’imbottitura dallo spessore minimo. Il prezzo di listino è di 299,90 euro.

Le nostre impressioni

Prima di tutto è necessario dire che la SLR Boost Kit Carbonio è una sella pensata per gli agonisti. Ci concentriamo sul modello soggetto della prova con alcuni sconfinamenti sul test della Superflow che vi abbiamo proposto ad inizio estate. Selle Italia SLR Boost L1 IDMatch con larghezza di 145 mm, una dimensione per nulla esagerata con cui ci siamo trovati a nostro agio da subito. A prescindere dalle preferenze, questa è una misura e una base d’appoggio in grado di accontentare un’ampia schiera di utenti. La SLR Boost non è una sella completamente piatta, ben sagomata, ergonomica e con svasature laterali ampiamente sfruttabili ( e davvero utili dopo diverse ore di attività). Proprio il design in questa zona, che tende a scaricare verso il basso l’azione della gamba, permette di sfruttare una pedalata profonda. Inoltre, se esaminiamo la SLR in senso orizzontale, notiamo che questa ha un leggero incavo nella porzione centrale, una cosa voluta che permette al corridore di rimanere stabile e ben centrato sulla sella, a prescindere dalla posizione sul manubrio e sotto sforzo intenso.

 

Ingombri laterali ridotti, un dettaglio non secondario

Si, ingombri limitati nella parte anteriore ( rispetto alle selle con lunghezza standard). Una delle peculiarità delle selle corte è proprio questa. Quando si pedala da seduti, in pianura oppure in salita, il “naso” della sella spunta per pochi centimetri (le prime volte è una cosa strana, per chi usa una sella corta la prima volta!). “Abituati” alla sella con il canale, non abbiamo per nulla subito l’assenza del Superflow, anzi, sotto alcuni punti di vista abbiamo sfruttato meglio la struttura di una parte centrale che non mostra nessun cedimento, bella tosta. Questo aspetto può essere un vantaggio per chi va alla ricerca di una posizione bassa al manubrio, anche in salita e quando si spinge a fondo sui pedali, con un avanzamento “inevitabile” sulla sella: la conformazione della SLR Boost limita lo slittamente in avanti, davvero un bel vantaggio. Il posizionamento adeguato dei rail in carbonio permette di avere un buon impatto visivo anche quando la SLR Boost è piuttosto arretrata.

Perché una Boost IDMatch L1

Abbiamo sempre utilizzato prodotti di concezione IDMatch S, una sorta di taglia small (ad esempio la SLR Boost con larghezza di 130 mm). Ora invece ci confrontiamo con una L1 (diciamo una taglia large). Vogliamo capire, il nostro obiettivo è approfondire, quanto larghezza della sella possa influenzare e cambiare le prestazioni, della sella stessa e dell’atleta. Partiamo dal presupposto che il punto anatomico della sella rimane il medesimo, che sia lunga o corta, larga o stretta. A questo link è possibile approfondire il concetto di punto anatomico della sella.

Un bel dettaglio delle Selle Italia con protocollo IDMatch. La scocca inferiore ha un segno con il BRP, cioè Biomechanical Reference Point, dove la sella è larga 7cm.

Questo permette di identificare il punto preciso, il riferimento ideale. Come accennato in precedenza, la larghezza di 145 mm non è esagerata e permette un’ampia sfruttabilità anche per chi è abituato ad usare selle più strette. Noi, abbiamo notato che usando la SLR Boost L1 con queste misure e sulle lunghe distanze, siamo stati in grado di usare maggiormente gli appoggi posteriori proprio dopo le 4 ore di sella. Giusto o sbagliato (tecnicamente), una sella del genere ci ha permesso di appoggiare la zona dell’ischio con un tangibile beneficio per tutta la parte muscolare di glutei, sezione lombare e anche per le braccia. Considerando anche la “categoria selle corte”, che portano il corridore a stare per più tempo chinato sul manubrio (rispetto alla sella tradizionale). Biomeccanica a parte, dobbiamo anche pensare all’ambito amatoriale, dove non sempre l’utente usa il prodotto migliore per le sue “esigenze fisiche” e non sempre è abituato a stare piegato sul manubrio per tanto tempo consecutivo.

a cura della redazione tecnica, foto della redazione tecnica

per ulteriore informazioni,

selleitalia.com

 

Alberto Fossati, nasco come biker agli inizi degli anni novanta, ho vissuto l'epoca d'oro dell'off road e i periodi della sua massima espansione nelle discipline race. Con il passare degli anni vengo trasportato nel mondo delle granfondo su strada a macinare km, facendo collimare la passione all'attività lavorativa, ma senza mai dimenticare le mie origini. Mi piace la tecnica della bici in tutte le sue forme, uno dei motivi per cui il mio interesse converge anche nelle direzioni di gravel e ciclocross. Amo la bicicletta intesa come progetto facente parte della nostra evoluzione e credo fermamente che la bici per essere raccontata debba, prima di tutto, essere vissuta.