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In memoria di John Severson. So long, John

di - 16/06/2017

A cura di Francesco Aldo Fiorentino | Surfer’s Den

Non tante settimane fa si è venuto a creare un vuoto difficile da riempire nell’universo del surf, un vuoto creato dalla dipartita di due personaggi del pantheon del surf. I due John. Prima ci ha lasciato John Severson e, pochi giorni dopo, John O’Neill detto “Jack”.
In Italia per tanti motivi si è scritto di più sulla morte di Jack O’Neill che di John Severson.
Le spiegazioni sono diverse e vanno dal fatto che Jack O’Neill fosse più iconografico con la sua benda da pirata e la lunga barba che adesso va molto di moda, oppure alla maggior diffusione del brand di mute vendute a milioni di persone, o magari alla troppo recente storia del surf nella nostra penisola e conseguenti lacune culturali sulle origini.


Probabilmente la spiegazione è da ricercare in tutte queste cose, ma il motivo principale è che è davvero difficile parlare di John Severson e descriverlo nella sua interezza.
Senza menare il can per l’aria si può dire che Severson ha inventato tutto quello che è stato il surf come lo conosciamo dagli anni 50 ad oggi. Il surf dell’era moderna. John Severson non solo è stato il grafico stupefacente che ha reso graficamente le basi dell’immaginario surfistico con le locandine dei suoi film auto prodotti e auto distribuiti, proiettati negli auditorum delle high school che richiamavano ad ogni proiezione migliaia di persone. Ognuno di esse riprendeva il surf e i surfer dall’ottica dei surfer reali, e allo stesso tempo in contrapposazione alla caricatura di surfer proposta dai film hollywoodiani che creano poser e wannabe a migliaia ad ogni uscita.
I suoi surfers erano differenti dagli sportivi e anticonformisti gentiluomini di fortuna che li avevano preceduti.

La nuova generazione di surfer era fatta da gremmie, balordi, perditempo, esaltati che non si riconoscevano nei valori dell’american way of life e d’altro canto non aveva altri riferimenti, ma erano accomunati dalla passione per il surf.
Con i suoi film in qualche modo indica e forse traccia una strada identitaria che lega il surf alla natura e al viaggio in una unica soluzione, ed evitava l’imminente bando dei surfer dalle spiagge della California.
Surf fever, The angry sea, Going my wave , Surf safari, Surf classic, Big wednesday, Pacific vibrations…questi sono alcuni titoli ma prestate attenzione! Non vi ricordano niente? Sicuramente avrete notato il titolo Big Wednesday. Non è quel Big Wednesday noto in Italia come Un mercoledì da leoni del regista John Milius, ma viene prima, e Milius ne riprende il titolo omaggiando, citando sotto traccia e metaforando come è suo stile memore dei suoi inizi da gremmie.
Surf safari, titolo ripreso dai Beach boys, assidui frequentatori delle affollate proiezioni d.i.y. dei film d.i.y. di Severson, nel loro hit “Surfin ‘ safari”. Film che montavano colonne sonore della nascente surf music con band come i The Challenger, che tanto influenzerano i Beach boys. Già quello raccontato fino ad ora sarebbe sufficiente a consacrare il compianto J.S. tra gli astri del firmamento del surfing o tra gli dei o i santi. Ma Severson non è un astro, ne un santo o una divinità, ma è il big bang, Zeus, Dio! Seguitemi e capirete perché.

Stiamo parlando degli anni ’60, quando negli USA l’editoria si occupa già di surf esattamente come se si occupasse di baseball o football con un approccio sportivo…agonistico ed in ultima analisi una noia asettica. Ma di editoria di surf e di Cultura Surf si inizia a parlare quando John Severson apre, o forse è più appropriato dire ” fonda”, Surfer magazine, o Surfer, o Surfer mag o come chiamato da tutti “La Bibbia del surf“, che da quasi 60 anni detta i comandamenti del surf mondiale. All’inizio Surfer era totalmente d.i.y.; delle foto, dell’impaginazione, delle illustrazioni e degli articoli e della raccolta pubblicitaria si occupava il multi talento John Severson. Ma tra i talenti del compianto protagonista di questo articolo c’era anche il talento di scoprire altri talenti, tra l’effervescente e creativa scena surf che brulicava nella California dei 60’s. A lui si deve la scoperta di Rick Griffin, Sam George e l’acume di avere i memorabili j’accuse di Dora. Dal 1960 Surfer ha fatto crescere la scena surf e l’ha diffusa nel mondo, ha creato una cultura a se stante rispetto le altre, ha lasciato pezzi di letteratura, ha rivoluzionato la grafica di volta in volta (partendo da se stesso, passando per Griffin e Carson) ed ha contribuito a creare un nuovo business, il surf business.
Mi rendo conto di essere stato riduttivo e approssimativo ma scrivere di chi ha inventato il surf è davvero difficile, ma spero di essere riuscito a darvi una vaga idea che poi voi approfondirete.
I mezzi a disposizione non mancano. So long, John