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Intervista a Rory Russell, la leggenda di Pipeline

di - 14/06/2019

Photo: Tommaso Orlandi (@tom_orl) & courtesy Lightning Bolt

Nel contesto urbano di una città come Milano può capitare di tutto, anche di incontrare una leggenda vivente come Rory Russell, confuso tra la gente comune nel cortile del Base e intento ad osservare attentamente alcuni shaper italiani al lavoro.
Divenuto famoso negli anni ’70 surfando con le iconiche tavole Lightning Bolt i profondi tubi di Pipeline, Rory ancora oggi trascorre la maggior parte dell’anno sulla North Shore. Tuttavia la sua storia parte dall’Europa e più precisamente dalla Germania dell’ovest, dove nel 1953 è venuto al mondo all’interno della base militare di Würzburg.
Raggiunte le Hawaii nei primi anni ’60, il giovane Russell è cresciuto vicino a Chun’s Reef, dove ha iniziato a surfare grazie alla sorella più grande, surfista prima di lui che le ha spianato la strada (come afferma in un’intervista a The Surfer’s Journal, grazie al fatto che i ragazzi locali volevano portarla a surfare…mentre tutti cercavano di uscire con lei Rory prendeva le loro tavole ed entrava in mare).
A 12 anni ha surfato Pipeline per la prima volta, successivamente ha vissuto appieno la shortboard revolution e infine uno dei fatti che lo contraddistinguono è stata la sua capacita di una “clean exit” – un’uscita pulita – da quel periodo critico e turbolento.

I: Rory, sai che qui a Milano aprirà una nuova onda artificiale? Non sarà come quella di Kelly Slater ma sarà comunque un’onda, di tipo statico. Cosa ne pensi di quest’onda? Pensi sia una valida alternativa per surfare qui?
È di sicuro un inizio, è sicuramente meglio di niente. Del resto, il surf è come tutto il resto, si inizia con poco e alla fine, impegnandosi, si può arrivare ad ottenere molto. È inevitabile, voglio dire… non potevo nemmeno immaginare quanti surfisti ci fossero in Italia. Se avessi detto alle persone che conosco che qui ci sono dei grandi surfisti, loro avrebbero risposto ‘’cazzate!’’. I miei amici quando invio loro le foto dell’evento mi chiedono: <<Sei a Milano?! Perché sei a Milano? Cosa stai facendo? Un festival di surf & skate? Ma cosa ti è passato per la testa?>>. E la mia donna invece: <<Perché ci vai? E cosa combinerai in mezzo a tutte quelle belle donne?>>.

Comunque, il fatto è che la disposizione al surf, lo stile di vita di chi fa surf, è totalmente diverso da qualunque altra cosa… noi siamo persone che si rilassano, che non si angosciano, non sono turbati da nulla… ma che si preoccupano per il benessere del pianeta più di chiunque altro. Stiamo infatti cercando di affrontare seriamente questi tipi di problemi (es. clima, inquinamento). Certo è che i surfisti sono i primi amici del pianeta, anche perché sono loro a sentirne di più gli effetti. Alle Hawaii, per esempio, stanno iniziando a testare l’acqua per valutare il livello di radiazioni e la quantità di plastiche.

I: Sì, sono stato di recente in Indonesia ed è stato assurdo, ero sbalordito… toccavo plastica ogni volta che remavo.
Ah l’Indonesia… Non ci sono più stato dal lontano 1974. In quel periodo non c’erano le macchine e praticamente non c’erano turisti. Il primo anno in acqua c’eravamo solo io e Gerry [Lopez, ndr] e ogni volta la scena era tipo: << vai tu, Gerry >>, << no, vai tu >>, << no dai, vai tu >>, << ooooook…vado io >>.

Rory Russell, Pipeline – Ph: Jeff Divine

I: Quali sono le tre migliori onde che hai surfato nella tua vita?

1 Maalaea (sull’isola di Maui, Hawaii)

2 Padang Padang (Bali)

3 Ala Moana (sull’isola di Oahu, Hawaii)

Maalaea è la mia preferita, è come un miraggio… è come se… non fosse davvero reale. È davvero straordinaria. Lì ho cavalcato le mie due migliori onde in front side… ma bisogna fare attenzione, non bisogna prenderla in back side perché l’onda è troppo veloce, può facilmente travolgervi e inghiottirvi.

I: E a Padang Padang?
Una volta abbiamo portato lì il nonno di Nathan Fletcher cha ha surfato per 60 anni. Era la sua prima volta lì a Padang Padang e si sentiva un po’ nervoso, le onde si alzavano oltre i sedici piedi. Siamo entrati in acqua e lui alla fine disse: <<Gesù Cristo, è stata la seconda migliore surfata che abbia fatto dal 1959! >>. E poi lo abbiamo riportato fuori il giorno dopo e le onde erano ancora più grandi e belle e lui disse: << Questa! Questa le ha battute tutte … questa è stata la migliore in assoluto >>.
Ed era stata in effetti una giornata straordinaria, non c’era nessun altro in acqua a parte noi, e il take off era facile…

Rory Russell, Pipeline, Oahu, Hawaii 1973 | Ph. Jeff Divine

I: Che cosa pensi della cultura del surf in Italia?
La cultura del surf è la stessa ovunque. L’amore per l’oceano, l’amore per il surf. È lo stesso.

I: Qui è un po’ diverso, come sai. Non abbiamo l’oceano, surfiamo in un mare chiuso, quindi spesso dobbiamo aspettare a lungo ogni volta per la session successiva.
Sì, sì certo. Per voi deve essere davvero noioso, vero? Bisogna avere tantissima passione.

I: Lo spot più vicino a Milano è ad un’ora e mezza in auto e di solito quando si parte non si sa nemmeno se le onde saranno buone o meno.
Ed è per questo che i meteorologi ora vanno di moda. È un gran bel lavoro. [riferito a Michele Cicoria]
Tutti i giorni alle Hawaii la situazione è la stessa in realtà, non sai mai come sarà il mare fino a quando non ti svegli al mattino e guardi fuori. Ho visto una mareggiata davvero grande nel 1969 sulla NorthShore, in realtà la mareggiata più grande che abbia mai visto, neanche sappiamo quanto fosse grande. Le onde arrivavano fino alla fine della strada, era così rumoroso, incredibile. Non era mai stato così. Un’altra grossa mareggiata è arrivata nel periodo in cui andavo a scuola, era notte, quindi non ce n’eravamo accorti, le onde erano davvero grande e nei giorni successivi divennero enormi. NorthShore era stata praticamente spazzata via.

 


I: E gli shaper italiani? Li hai mai visti al lavoro?
Sono molto molto tecnici. Penso che facciano molto di più di quello che dovrebbero. Ma sono molto bravi, voglio dire… davvero precisi. Io al contrario sono un macellaio… penso che all’inizio si possa essere un po’ macellai, ma che quando si arriva alla mano finale bisogna essere precisi.

I: Chi è il miglior shaper secondo la tua esperienza? Negli Usa? Tranne te…
Per me, tutti gli shaper… perché la tavola è un’estensione della loro anima. Tutti dovrebbero farsi le proprie tavole. Diventano parte della persona.

I: Quindi, cosa rende uno shaper bravo?
Il saper fare surf e sapere come una tavola reagisce, conoscere i diversi rail e i diversi tail. Quindi, penso che un buon shaper dovrebbe essere un surfista, che viaggi molto e che faccia molte tavole. Io creo le mie tavole personali, invece di andare in negozio e spendere molto. Una volta, ho fatto una tavola in 22 ore, due anni fa, davvero in fretta… 6 piedi, era perfetta. L’ho fatta nel garage di mia madre, ho messo la resina e le pinne. E ci ho surfato il giorno dopo, alle 6 del pomeriggio ed è andata alla grande, la tavola era perfetta e la vita era meravigliosa.

I: Ti ricordi la prima tavola che hai modellato?
Sì… fammi pensare… sì, era 6 piedi, doppio wing, swallow tail. In realtà, era successo che Gerry era incazzato perché avevo appena rotto la sua tavola e il suo piano era quello di fregarmela.

I: Una volta ho provato a fare una tavola con mio fratello, qui a Milano, abbiamo guardato alcuni tutorial e abbiamo realizzato una mini simmon, una 5’2 … ma era una schifezza, non era una buona tavola. Era troppo pesante.
Però hai capito cosa c’era di sbagliato… e ora puoi migliorare. Bisogna iniziare da qualche parte. Anche la mia prima tavola non era un granché… ma bisogna continuare a provare e continuare ad imparare.

I: Quando hai intenzione di provare l’onda di Kelly Slater?
È difficile che riesca perché devo stare a casa di mia madre. Sai, è per questo che non faccio nemmeno surf da un po’. Quindi, faccio qualche tavola e guido. Rimango calmo, facendo esercizio e leggendo, che è molto importante.

I: L’ultima domanda riguarda le competizioni: conosci alcuni surfisti italiani, come Leonardo Fioravanti?
Ah Leonardo… sì, è sempre sulla NorthShore… è un buon surfista, un surfista davvero molto bravo.

I: Cosa ne pensi della competizione dei giorni nostri? Gli aerial rappresentano un’innovazione rispetto al passato, vero?
Nei primi anni ’70, devi sapere che c’era un clima di magia sulla NorthShore. E c’era tanto suol surfing… e poi arrivarono i soldi e le competizioni, fu così che l’anima e la magia della NorthShore scomparvero. E poi tutti hanno iniziato a venire per il contest, così Pipeline e tutta la zona è divenuta molto affollata.

I: E pensi che ci sia oggi un posto come quello che era a suo tempo la NorthShore?
Non ancora… no… forse in Indo…le Menthawai sono incredibili. E la Micronesia. Tahiti e le Fijii.

Grazie per queste belle emozioni Rory! Ci vediamo presto!

Intervista a cura di Paolo Ceriotti e Michele Cicoria
Photo: Tommaso Orlandiwww.tom-orlandi.com
Traduzione: Marta Ruocco