Pubblicità

John Severson. Illuminazione attraverso il surfing

di - 23/06/2020

Da 4surf magazine #73 l’intervista esclusiva al padre della Surfing Industry, fondatore della prima rivista surf della storia

Di: Francesco De Luca, autore del libro Karma hostel e fondatore di Chinasurfreport (qui l’intervista)
Photo: Puka Puka Maui- casa Editrice Damiani editore

“Prima di John Severson, non esisteva nessun surf media o surf culture e neanche un’industry, almeno nel senso in cui le intendiamo noi oggi” – Sam George, 1999.

Ho avuto l’onore di conversare con John Severson qualche anno fa, quando seguendo il suo esempio, contribuivo mio modo a promuovere il nostro amato surfing in Cina, tramite Chinasurfreport, Outside Mag, e altre riviste locali.
Avvenne tutto così, tramite John Callahan, che mi chiese se volessi intervistare John per far conoscere in Cina la sua mirabile storia, raccontandola in occasione dell’uscita del suo ultimo libro “Surf”, edito dalla casa editrice italiana Damiani (per saperne di più leggi qui).
Il sogno di ragazzo, di parlare con uno dei propri eroi, si stava per realizzare.

Perché senza John Severson, senza Bruce Brown, non mi sarei probabilmente mai innamorato del surf, non l’avrei forse neanche conosciuto, non avrei vissuto tanti momenti epici nella mia vita, così come abbiamo fatto tutti noi, fratelli nel surf.
E non sarei stato ispirato a lavorare al progetto Chinasurfreport, illudendomi di aver portato una qualche dozzina di giovani cinesi a evadere dal grigiume della supercapitalistica società cinese del Duemila… interconnessioni infinite!

John Severson

John era un sognatore; un uomo che ha fattivamente costruito un mondo nuovo attraverso la sua arte, le sue abilità e la sua visionarietà.
Ricolmo di spirito Aloha, John Severson nasce in California nel 1933.
Il padre decide di cambiare vita trasferendo l’intera famiglia a San Clemente, una ridente cittadina nel sud; ed è proprio qui che il piccolo John farà l’incontro che cambierà per sempre la sua vita: l’Oceano.

Già dal 1946, le onde diventano parte della sua quotidianità, portandolo a scoprire la positività e il flusso energetico della Natura, la cui fascinazione lo accompagnerà per tutta la vita.
Conversando liberamente con John abbiamo scoperto attraverso le sue parole, la dolcezza del suo timbro vocale e delle sue espressioni, uno spirito sensibile e un’intensa passione per l’arte, e per la vita, che riuscì a condensare in un explosion mix promuovendo l’antica arte del surfing.
Qualcosa di raro.

Dopo un diploma in Educazione Artistica, ottenuto nel 1956, presso l’Università di Long Beach, incomincia subito a dipingere e a vendere, con sua stessa sorpresa, i suoi quadri, timidamente esposti presso le gallerie d’arte locali.
I soggetti dei suoi dipinti erano naturalmente la spiaggia, i surfisti e le onde dell’oceano…qualcosa che nessuno aveva trattato ancora così intensamente, e con stile.

Uno dei primi quadri di John, tela risalente al 1956

A quel tempo egli stesso non avrebbe mai immaginato che questa sua semplice passione lo avrebbero portato a influenzare l’immaginario della società moderna, trasmettendo nuovi sogni ed emozioni a milioni e milioni di giovani, in tutto il mondo; ma il suo destino gli si sarebbe rivelato molto presto.
L’esercito lo arruola nella squadra di surf delle Hawaii! “Yes Sir!”

Arrivato a Honolulu, la sua percezione della vita, della natura, dell’arte si radicalizza. John comincia a lavorare al suo primo documentario “Surf” nel 1958, a cui avrebbe poi fatto seguito “Surf Safari” nel 1959 una volta di ritorno in California, e subito dopo “Surf Fever” nel 1960.
Erano gli anni dell’avanguardismo surfistico e grandi nomi come Bruce Brown, Gregg Noll, Bud Browne, pionieri e maestri del surfing, erano compagni di una ristretta confraternita.
Condividevano gli stessi ideali, lo stesso scenario e la stessa fever.

Molti i surfisti di rilievo del tempo, impossibile ricordarli tutti, ma nomi indelebili come Ricky Grigg, Mickey Dora, Mickey Munoz, Kemp Aaberg, Greg Noll, Corky Carroll, Doc Paskowitz sarebbero poi divenuti protagonisti di film, e modelli per un nuovo lifestyle; protagonisti di storie che avrebbero presto fatto leggenda.
Nel 1959, un intraprendente John ha l’idea di creare un pamphlet di 36 pagine, in formato orizzontale; questa prima raccolta di foto sarebbe poi diventata “The Surfer”, la prima rivista di surf della storia.

SURFER, la prima cover del primo surf magazine della storia ideato da John

La prima rivista di surf di successo, che ha creato un’industry bilionaria.
John rievoca sempre come, all’epoca, per i surfisti non c’era modo di specchiarsi in nulla; non vi erano piattaforme, giornali, media di settore, figuriamoci social!
In questo vuoto totale l’idea di John cavalcava il perfetto timing.

Isolati, alla ricerca di una propria identità, i surfisti volevano avere un nome, una faccia, essere riconosciuti come tribe; volevano ridere delle proprie onde cavalcate, dei drop e dei wipe out, dei tubi, e raccontare più ampiamente delle imprese locali, ma leggendarie, dei surfer per esempio sulla North Shore, alle Hawaii.
I ragazzi avevano sogni di gloria, volevano domare mostri d’acqua; e chi non poteva farlo, voleva almeno riuscirci attraverso l’immaginazione, la fantasia di belle immagini, riuscendo così a sentire la potenza delle onde, gustando la salsedine sulla pelle.
Era la fine dell’America degli anni Cinquanta.

La Natura ha sempre permeato il substrato dell’attività di John, apparendo in maniera talvolta soffusa talvolta evidente. Ma perché “The Surfer” è così importante? Perché ci stiamo smazzando qui a cercare di comunicare questo qualcosa?
Con le sue diecimila copie autofinanziate – un bel rischio per quei tempi! – e le sue cinquemila copie vendute in pochi giorni (a un dollaro e mezzo), con questo inaspettato, seppur sperato, risultato, “The Surfer” colmò immediatamente quel vuoto – potremmo dire – sociale, creando un centro di gravità per tutta la cultura e la subcultura del tempo.
Così, nel 1960, John comincia la pubblicazione della prima rivista di surf della storia.

Nel 1961 il nome cambia in “Surfer Quarterly” e la diffusione del magazine conosce un boom sorprendente che la porterà, di lì a pochi anni, a vendere ben centotremila copie al mese!
Le fondamenta della nuova industria erano così gettate e solidificate.
Severson è senza dubbio un personaggio carismatico, la sua comparsa perfettamente in sincronia con la necessità dei tempi. Molti tra i più grandi fotografi, artisti e giornalisti d’allora subirono la sua attrazione magnetica.
Possiamo ricordare: Rick Griffin, Ron Stoner, Jeff Divine, Art Brewer, Drew Campion, Steve Pezman (poi founder di Surfers’ Journal) e molti altri ancora.

Possiamo respirare l’atmosfera elettrizzante dei tempi attraverso la lettura del nuovo libro “John Severson’s Surf” (mirabilmente curato da Damiani Editore! nda – CLICCA QUI per saperne di più).

“John Severson’s Surf” – Il libro testimonianza di una vita

Le vite, i retroscena e particolari di molti iconici personaggi della storia del surf, in questo cult book, vengono svelati e rivelati per la prima volta; testimonianze che ogni soul surfer dovrebbe conoscere e rispettare.
Conoscere le passioni, i pensieri e la spinta che hanno portato uomini a diventare leggende.
John non si è mai fermato, estremamente prolifico, in un magma mentale di creatività.

Nel 1961 dà vita a “Big Wednesday” (titolo riutilizzato nel 1978 da John Milius per il più mainstream “Un Mercoledì da leoni”, con le apparizioni di Mr. Pipeline Jerry Lopez e del neocampione del mondo Peter Townend); seguiranno poi “Going my wave” (1962), “Angry Sea” (1963) e “Surf Classics” (1964).

In questi anni di lavoro intenso, riuscì a mantenere il suo spirito intatto, senza farsi corrompere dalla neonata surfing industry.
Anni di duro lavoro, nottate passate per la lavorazione delle nuove uscite, per le prime pagine e per i montaggi video che noi possiamo ancora oggi scorpacciarci con un “play”.
Erano gli anni di tensioni sociali e vibrazioni intense.

In questo scenario John idea il dolcemente psichedelico documentario, “Pacific Vibrations” (1970). Un capolavoro assoluto, un’apocalittica visione della moderna società americana in un momento di transizione dallo splendore degli anni Sessanta ai più “disincantati” anni Settanta, passando attraverso una rappresentazione multisemantica presentata da immagini e musica.

In questa poetica pennellata di colori, “Pacific Vibrations” racconta il difficile presente di quella generazione bohemien, scientificamente cosciente, rivelando però un timore per il futuro, uno squillo d’allarme per una direzione forse troppo frettolosamente imboccata dalla società americana, che allora affrontava i mostri della guerra del Vietnam, e dall’economia globale.
L’inquinamento e le sue conseguenze entrano per la prima volta a essere oggetto d’attenzione in un documentario di settore.

La metafora di quel momento storico viene perfettamente impressa sulla pellicola, pellicola che, a mio avviso più di tutte le altre, rappresenta un John Severson ormai maturo, e pronto al cambiamento; così come lui stesso rivela nella sua monografia.
Nessuna parola per esprimere concetti o tensioni, solo musica.

Le stesse melodie psichedeliche che risuonano ancora nella vallata di Woodstock dopo il concerto del recentissimo 1969. Solo un anno prima. In un percettivamente “multi-verse universe”, citando di John il migliore amico poeta Jim Loomis, siamo spettatori di un capolavoro di regia e testimoni di un’epoca.
L’urlo della natura, dell’hic et nunc, dei “perché” senza risposta.
Un inspirato Rick Griffin riassume lo spirit del tempo nel suo visionario poster pubblicitario del film… ipnosi, acidità, dispersione.

“Il surfista è fuori nello spazio, completamente vivo, in una grande corsa, come nella vita” John Severson

“Il Surf è sogno, è una metafisica allegoria della vita” John Severson

Cosa è successo dopo questo crocevia storico tra gli anni Sessanta e anni Settanta?
John, come programmato da tempo, dopo aver creato le premesse per la nascita della surfing industry, ne prende le distanze.
Torna straordinariamente alla semplicità e alla privacy della sua vita famigliare; si nel 1971 vende il magazine e si trasferisce a Maui.
Torna a essere un uomo libero, un artista, torna al suo… free surfing!

A Maui incontra Jim Loomis, californiano di origine scozzese, professore di matematica, che aveva lasciato la modernità per andare a “vivere come Tarzan”, sopra un albero, scrivendo poesie, cosmogonie, ammirando la natura. Immediatamente istaurarono un’amicizia che durò una vita.
Jim “non c’è giorno che io non pensi a John”.

La sua vita è un esempio per tutti.
Viene premiato alla International Surfing Hall of Fame nel 1991 e riceve il premio alla carriera nel 2011 dal Surfer Magazine Poll.
La sua vita, ricca di personaggi straordinari, artisti e avvenimenti, potete trovarla rivelata in “John Severson’s surf”.

Anche se sono passati cinque anni da questa intervista, sono ancora completamente stoked e onorato di riportarvi questa nostra semplice e illuminante conversazione.

“In questo modo affollato, il surfista può ancora ricercare e trovare il suo giorno perfetto, la sua onda perfetta, da solo con i suoi pensieri…” John Severson (1959)

Intervista a John Severson
(pubblicata su Outside Magazine China N.96)

John Severson nel suo ufficio

 

Ora di Pechino 4 am Sabato – ora di Honolulu 10 am Venerdì.
Mentre fuori la Cina sonnecchia ancora e il sole dorme ancora dietro l’orizzonte visibile dei grattacieli, il chief editor di Chinasurfreport, Francesco De Luca incontra telefonicamente il mitico John Severson, Fondatore di “Surfer Magazine”, e Nathan Howe, titolare di “Puka Puka Maui”.
Parlano della vita, del surfing, dello spirito aloha e del suo ultimo libro “John Severson’s surf”.
“Yes I’m stoked!”  Rick Griffin

“Hello, Mr. Severson!”
“Hello, Francesco!”

FDL
Vorremmo cominciare questo incontro usando la parola: Amore. Perché?
All’interno della prefazione al suo nuovo libro “John Severson’s surf”, Jerry Lopez dice “Condividere qualcosa che ami è la cosa migliore che la vita abbia da offrire, indipendentemente dalle circostanze”.
Ora, lei ha passato una vita intera seguendo la sua passione celebrandone la bellezza.  Cosa pensa di questa affermazione?

JS
Penso che stiamo parlando di Spirito, stiamo parlando di qualcosa che proviene dal cuore. Lo possiamo chiamare amore o lo possiamo chiamare Stoke se siamo dei surfisti. Comunque sia si tratta di entusiasmo. È qualcosa che viene dal profondo e si sviluppa con la Natura attraverso le sue onde, e il surfing. Potrebbe sembrare apparentemente solo un hobby, ma è molto più profondo di quello che appare.
È veramente qualcosa di connesso con la Natura, è una danza, è un’arte. È la vita… è condividere qualcosa che ami, qualcosa che ti fa sentire vivo e bene, sostanzialmente ho dedicato la mia vita a questo.

FDL
Straordinario

JS
Grazie

FDL
Guardando indietro, tutti questi anni, qual è la cosa di cui è più orgoglioso e perché?

JS
Penso avere il controllo della rivista all’inizio, in quel vuoto totale. Non vi era nulla.
Ho avuto l’occasione di segnare la direzione del surfing e penso che questa sia la cosa di cui sono più fiero, assieme ad aver creato una coscienza ambientalista, creato questo sport come un’arte, anche con umorismo. Ne era arrivato il momento, era il tempo di fare un magazine, ed è stato facile definire il surfing così come lo vedevo e intuivo… a loro tutti piacque l’idea, ne furono entusiasti! Si divertirono tantissimo, non era una cosa seriosa, bisognava divertirsi e sono molto fiero di aver creato tutto questo.

John Severson

FDL
Quando ha deciso di creare la prima rivista di surf quali erano i suoi valori e obiettivi in qualità di suo editor?

JS
Bene, i miei valori al tempo erano di creare una giusta impostazione per lo sviluppo del surfing. Non volevo delegare o appesantire il significato allo sport, ero più concentrato sul fare una rivista d’intrattenimento e, come ho già detto in precedenza, una rivista per la celebrazione del surfing. I soldi non erano il fattore motivazionale, dovevamo solo garantire di averne abbastanza per fare un lavoro possibilmente migliore di uscita in uscita.

FDL
Ci rendiamo conto di quanto afferma: che prestava più attenzione al lato celebrativo del surfing più che all’aspetto promozionale e commercial; come è riuscito a mantenere il giusto equilibrio tra arte e business?

JS
L’arte era il modo in cui lavoravamo, in cui volevamo presentare i contenuti. A quei tempi sapevamo inoltre che il magazine stava per avere più aspetti commerciali e pubblicitari, e dovevamo giustamente prendere qualcosa da essi. Io ero da solo nella gestione delle decisioni e generalmente sapevo come gestirne l’equilibrio: pezzi artistici,  visioni di grandi onde, informazioni generali sul come surfare o dove, e qualcosa tra il tutto sicuramente influenzò anche, in parte, la promozione dello sport. Ma non ho mai voluto sottolineare questo, non ho mai voluto esserlo, ero molto più concentrato sull’aspetto editoriale e artistico…

NH (Nathan Howe)
John, probabilmente in quella fase storica, veramente non pensavi a fare promozione…

JS
No, No. Noi volevamo solamente fare in modo che potessimo sopravvivere e che si potesse preparare l’uscita successiva. Era molto difficile, specialmente all’inizio, quando il surf esplose letteralmente… parliamo del 1960-1961…

FDL
Lei è anche un famoso fotografo e regista. Nel 1970 ha realizzato l’apocalittico documentario “Pacific Vibration”, un capolavoro assoluto…

JS
Grazie

FDL
Ha condensato in 92 minuti l’urlo di un’intera generazione e tratto sottilmente argomenti gravosi come l’inquinamento e i cambiamenti sociali. Era conscio di cosa stava facendo oppure era alla ricerca del lato estetico e poetico del tempo? Non so, forse la domanda suonerà un po’…

JS
No, mi piace quello che hai detto ed è proprio così. Ero alla ricerca della poeticità e del feeling del tempo, sì. Poi sai… le cose stavano cambiando anche durante le riprese del film, e prima ancora della stessa sua uscita. Vi era come una piccola congiuntura ancestrale ambientale e tensioni sociali nella cultura e subcultura del momento. Il surfing era contro le problematiche sociali, la guerra del Vietnam, l’inquinamento dell’oceano e delle spiagge… ci trovammo precisamente in questa congiuntura strana, ma siamo stati puntuali all’appuntamento, abbiamo cavalcato quest’onda artistica sopra il tutto… era come se la società avesse voluto che qualcosa accadesse e poi sia stata distrutta da quel qualcosa stesso…

John Severson

FDL
Non era quindi solo surfing…era più una sorta di coscienza sociale…

JS
Sì, ma non volevo dargli troppa risonanza, era più… un messaggio sottile… comunque… sono felice di aver seguito questo filone artistico, senza parole, senza persone… solo cavalcando queste colorate tavole, farfalle e pennellate di colore…

FDL
Qual era la relazione tra il surfing, la musica e l’arte psichedelica del tempo? Come la psichedelia influenzò l’estetismo nel surfing?

JS
Be’, tutto era in continuo cambiamento e andava e proveniva da tutte le direzioni al tempo stesso: la musica, le persone, il cinema. Sentivo di essere in un tutto speciale e ne amavo i colori, le luci, le sensazioni e come il tutto procedeva. Ho amato molto i messaggi trasmessi dall’arte psichedelica. Erano splendidi.

FDL
Può dirci qualcosa in più?

JS
Be’, quando ho cominciato a girare non volevo fare un film inteso come psichedelico. Ero solamente attratto molto dai colori, dall’arte e dalle tecniche di sperimentazione fotografica che stavo utilizzando a quei tempi. Volevo deliziare gli spettatori e portarli per mano durante la narrazione del film stesso, far capire loro dove stavamo andando e dove la pellicola stava andando, non solo superficialmente, ma anche dal punto di vista culturale e sociale.

NH
John, penso che la psichedelia e le sue idee portavano a un maggiore, a un più profondo legame con la natura…in un certo senso.

FDL
Perché, nel 1971, ha venduto “Surfer”? Che cosa è successo?

JS
Cosa è successo… in verità era una cosa programmata già da prima di iniziare “The Surfer” e mentre facevo i film stessi. Ho programmato di lavorare sodo per 10 anni circa e poi decisi, parlandone anche con mia moglie, di vendere qualsiasi cosa sarei stato capace di creare per finanziare una nuova vita… una carriera surfistica!
I tempi erano ormai maturi e trovai un’occasione per vendere “Surfer”, e così feci. Mi ritirai a Maui che era splendida. In totale ci vollero 12 anni di lavoro, ma dopo questo ero di nuovo libero di dipingere e di fare surf! Non cambierei mai questa decisione e quello che ho fatto con niente al mondo. Ero finalmente libero (ride).

FDL
Quindi non l’hanno mai avuta!

JS
Esattamente, non mi hanno mai avuto!

FDL
Molti non avrebbero lasciato una rivista nel suo massimo momento di crescita e successo…sicuramente non è stato facile.

JS
Ma vedi, se non lo fai, non lo farai mai e resterai sempre inchiodato lì… comunque…

FDL
Gli artisti sono esseri sensibili e possiamo trovarne conferma nel suo lavoro, specialmente focalizzandoci sul come è rimasto attento alla Natura e al suo misticismo. Quando si è trasferito a Maui con la famiglia, cominciato una nuova vita, abbracciando full time la natura, l’oceano, i vulcani, conosciuto persone come Jim…

JS
Jim Loomis? Oh sì! (ride con affetto)

FDL
…come questo ha influenzato la sua coscienza ambientale ed eventualmente il suo attivismo?

JS
Puoi immaginare. Quando sei in ufficio tutto quello che ti arriva è completamente scollegato dalla realtà, ma quando sei nell’oceano… sei nella natura! Ed io ero finalmente tornato… se c’era della lordura galleggiante lo era davanti alla mia tavola… davanti a me! E come ben sai, se sei amante dei tuoi surf spot e qualcuno vuole distruggerli per farci un porto turistico o una banchina privata…. se questo accade e i surfisti sono all’allerta e sensibili… è facile riunirsi, parlarne e cercare di impedirlo.

Certo questa coscienza collettiva non era così forte nei primissimi anni, c’erano molte restrizioni sociali, ma comunque sia i surfisti erano i padroni di casa nell’oceano e ora lo sappiamo ancor di più! Al tempo, ero molto preso dalle problematiche a Halaya e Honolua, che abbiamo in un certo senso contribuito a salvare, e sono ancora lì. Nel frattempo abbiamo creato moltissimi nuovi surfisti che sono molto sensibili. Il tempo è con noi e i surfer anche…

FDL
Cosa ha imparato dalla Natura e dalle onde?

JS
Equilibrio. Le onde sono nella Natura. La vita è come il surfing. Ti butta giù in una direzione e tu devi essere facile e bravo a trovare sempre l’equilibrio, a ribilanciare. Le onde, come dico nel libro, vengono e vanno via… e quando arrivano è bene essere capaci, essere rapidi e bravi, perché altrimenti vanno via con la stessa velocità con cui sono venute. È la metafora della vita. Il surf ha forze che sono molto più grandi e intense delle nostre e solo rispettandolo… spingendoci ai limiti delle nostre possibilità… (ride)

FDL
Ora siamo in Cina. La prossima frontiera del surfing e della sua industry. Questo è anche uno dei paesi più complessi, sovrappopolati e inquinati del pianeta. Come pensa che il surfing possa dialogare con questa nazione?

JS
Penso come stai facendo con il tuo media, mostrando loro il surfing così com’è e farti da parte. Perché nessuno sarà mai più in grado di fermarli. Lo sai conosco bene il surfing e sono stato benedetto di vivere una vita come la mia. Il surfing è così affascinante. Penso che la Cina sarà una delle maggiori forze surfistiche del futuro e nessuno potrà fermarla. Moltissima costa, molti uragani e anche molte onde… inoltre ora la produzione mondiale di surfboards è lì, giusto?

FDL
Sì, nessuno però è in grado di predire quando questo accadrà con precisione.

JS
Sarà enorme in Cina. È solo una questione di tempo. Tu continua solamente a fare quello che stai facendo con il magazine, così come feci io, con le storie e le idee. Importante che i cinesi possano accedere all’acquisto di tavole e mute e se è così… sarà solo questione di tempo. Credimi… il surfing li colpirà così fortemente che saranno scossi così come non è mai successo loro in precedenza.

NH
Sì, inoltre ora moltissimi grandi shaper producono in Cina e i cinesi possiedono la tecnica e la tecnologia necessarie

JS
I cinesi troveranno anche il lato soul del surfing… solo questione di tempo.
Solo alcune ultime parole, così come vedi in paesi di altre parti del mondo come in Messico, in Indonesia, etc… dove vuoi… le persone surfano qualunque oggetto: pezzi di blank, tavole rotte, etc… e tutti, dico tutti… vengono alla fine presi dallo stoke… una volta successo questo… lo spirito li prende per sempre (ride).

La Surf Art di John Severson

FDL
Lei ha creato il primo magazine di surf della storia. La sua passione e attività hanno diffuso semi che hanno trovato terreno fertile in differenti momenti in differenti paesi. Ora è il momento di “Chinasurfreport” qui in Cina, quali suggerimenti ha da darci per un migliore sviluppo dello sport e della sua cultura?

JS
Penso tu sia già sulla buona strada. Senza media infatti, il surf si svilupperebbe in un informe fenomeno sociale come potrebbero essere in un certo senso i biker o rider e potrebbe anche prendere strade di vandalismo etc… ma con un media può diventare da subito qualcosa di responsabile, anche artistico.
Un approccio motivato può aiutarti a controllare questo andamento… ora non so in Cina se ci sono personaggi come Gidget e similari, noi li avevamo… (ride) tu devi essere attento a come presentare quello che vuoi comunicare e dare la direzione giusta allo sviluppo del surfing… nessuno può farlo, tu si. Diciamo che ha senso no? (ride)

FDL
Quale pensa possa essere il ruolo del surfing nello sviluppo di una società?

JS
Il surfing sicuramente ha ripercussioni sulla società, basti vedere come il mondo intero sia stato scombussolato da questa ondata culturale, è un fenomeno culturale senza dubbio.

NH
Esattamente, l’intero stile di vita attorno al surfing è letteralmente catturante, come sai… il sole, le onde, l’abbronzatura permanente… tutti sognano questa vita… è un sogno… un sogno!

JS
Il surfing cambierà le prospettive e schemi mentali di molti. Le persone cosa devono fare con tutti questi soldi? Cosa dovete fare con tutta questa ricchezza? Andate a fare surf! (ride). Dovete riempire le vostre vite con qualcosa di veramente appagante!

FDL
Dopo quest’intervista, finalmente, i cinesi potranno conoscere meglio il backstage della creazione della surfing industry e la storia del suo inventore. Vuole aggiungere qualcosa per i nostri lettori?

JS
Vorrei solamente aggiungere questo: Andate a fare surf! (Ride) Fate esperienza del sublime! La vita ha da offrire così tanto, tanti i pericoli anche, ma il surfing… il surfing è qualcosa che vi permette di cadere, risalire e ridere sempre, ogni singola volta! Il surfing è uno sport sano, vero, quindi direi ai cinesi: Andate a fare surf!

FDL
In precedenza aveva pubblicato 2 libri, uno nel 1964 “Modern Surfing around the world” e uno nel 1967 “Great Surfing”. Giusto? Da dove nasce l’idea di questi libri?

JS
Be’ il primo è un’avventura circa questo nuovo surfing, un nuovo sport che ognuno può praticare, quando feci ‘Great Surf” che era riguardo il longboard, proprio in un momento in cui appena si stava passando alla tavola corta… non fece bene all’inizio… ma col tempo si rivelò un ottimo lavoro. Diciamo racchiudono le mie migliori foto dei primi tempi combinate con opere d’arte, quadri….

Surf Art by John Severson

FDL
E poi ha pubblicato questo nuovo lavoro nel 2014…

JS
Esattamente. Questa è la mia monografia, ricopre l’intera mia carriera dalla surfing art degli anni ’56-57, sostanzialmente in solitaria, poi racconta circa i miei primi lavori cinematografici e lo sviluppo del magazine. In quei primi tempi, avevo notato che i surfisti volevano veramente le proprie immagini… pagavano anche un dollaro e mezzo per un giornale in bianco e nero… comunque… vidi qual’era il bisogno dell’epoca e feci il primo “The Surfer”… poi “Surfer” e poi, be’, sai già il resto…

FDL
Qualche altro progetto?

JS
Chissa’, magari un altro libro! (ride)

FDL
Grazie mille per tutti questi anni di intensa attività e di passione nella costruzione di un mondo migliore, Mr. Severson!

JS
Grazie Francesco, è stata un’intervista interessante, ottime domande… ultime due parole: Go Surfing (ride)

FDL
Ringraziamo anche Nathan Howe, per l’ottimo lavoro con John nella realizzazione del suo nuovo libro “John Severson’s Surf”.

NH
Grazie per il tuo interesse nei confronti di John e del suo nuovo libro. Penso che questo lavoro racchiuda veramente ottimi messaggi. Parla anche di ambientalismo, ma con un’attitudine diversa… così tanti contenuti da divulgare… ma stando lontani da spiriti di produzione di massa, di corporation… siamo contro l’inquinamento globale e a favore della promozione del lato soul del surfing. Grazie.

Chinasurfreport, fondato da Francesco De Luca, esperto in lingua e cultura cinese da oltre dieci anni, è il primo surfing webmagazine in Cina.
Interamente dedicato alla promozione e diffusione della cultura surfistica, della gioia del wave riding in questo antico e complesso angolo di mondo e non solo.
CSR Chinasurfreport info@chinasurfreport.com
Website www.chinasurfreport.com
Instagram: @Chinasurfreport

Si ringrazia Puka Puka Maui, John Severson e la casa Editrice Damiani editore per la gentile concessione

La prima locandina di “Un Mercoledì da Leoni”
Mercoledì da leoni – Noll, Pipeline
Mickey Munoz