La Granfondo Whysport vista e pedalata da noi

Questa edizione della Granfondo Whysport di Valdagno certamente farà riflettere un po’ tutti gli organizzatori del comprensorio vicentino e della Regione Veneto, che in pochi giorni hanno visto il disputarsi 3 gare, tutte di alto livello e con un grande passato in termini di partecipazione e impegno organizzativo. Ci sembra che il verdetto finale abbia fatto capire che la voglia di correre certo non manca, però in questo lato di Italia non ci sono i numeri per riproporre calendari simili.

Non vogliamo entrare nel merito della ragione o del torto, compresa la concomitanza sfortunata di Alassio-Laigueglia che qualche ciclista l’ha di sicuro deviato. Però non ci si può esimere da una riflessione che dovrà essere guidata dall’Acsi che è l’Ente che patrocina queste gare, eccetto Marostica. L’altra battuta che ci è concessa è come mai, dopo anni di ripetuti errori, noi amatori ci iscriviamo ancora a manifestazioni che non dimostrano di mettere al primo posto il nostro benessere e la nostra sicurezza (non ci riferiamo certo a Liotto o a Valdagno!); salvo poi lamentarci sui social di questo o quello. Ma scusate, se si rifanno sempre gli stessi errori ci sarà un motivo? Credo che alla fine tocchi anche a noi premiare o bocciare organizzatori, senza pensare solo al costo di questa o quella iscrizione.

Chiusa la parentesi non possiamo dire di non aver goduto una splendida mattinata di bici girovagando attorno a Valdagno (in verità ci saremmo anche persi perché un cartello indicatore era sparito in una piazza dopo Castelvecchio nel Lungo). Percorso veramente a due facce, velocissimo e gradevole fino a Corneda Vicentina, assolutamente impegnativo e con salite severe con un anticipo stile Croce D’Aune poi. Da assestare qualche presidio prima del bivio dei percorsi. Da paura il Pasta party con birra e gelato che ci hanno fatto recuperare calorie in positivo. Una bella manifestazione che merita altri numeri magari ricollocata in date più accessibili e forse addolcendola un po’ nel Lungo per non spaventare troppo.

A cura del nostro Enrico Monti, foto di Massimo Argnani