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Le mountain bike sono troppo grandi – parte 2

di - 24/02/2022

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La geometria della mountain bike è diabolicamente complicata al pari del bike fit, l’industria ciclistica sta solo iniziando a capire come le diverse quote lavorano a braccetto l’una con l’altra.

Se avete comprato una mountain bike negli ultimi cinque anni, c’è una discreta possibilità che il telaio sia leggermente grande per voi, come spiegato nella prima puntata di questo approfondimento. Ma cosa è successo realmente? Si può rimediare? Se sì, come?

Geometria mountain bike: dove eravamo rimasti

La situazione attuale del dimensionamento delle taglie mette in crisi anche gli esperti di ‘bike fit’, che si affidano a metodologie standardizzate per definire la posizione in sella più ergonomica del cliente su una mountain bike.

È un problema che in realtà ha origini storiche. Tutti questi approcci sono infatti ereditati dal ciclismo su strada, quindi danno priorità alla potenza da una posizione seduta per lo più statica, e sono appropriati per salite e discese dalla pendenza modesta.

Il mountain biking ha a che fare quotidianamente con percentuali più elevate, girando sovente intorno al 20%, se non a valori superiori soprattutto quando l’avantreno punta verso valle.

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Le prime fasi di progettazione di una nuova bici, con le quote geometriche in primo piano – foto: Canyon

Bike Fit: sì o no?

Si passa molto tempo da seduti, e altrettanto in posizione d’attacco: in piedi, con gomiti e ginocchia flessi, pronti per i movimenti dinamici di cui si avrà bisogno nelle salite e nelle discese tecniche. Buona parte – la maggiore – delle messe in sella personalizzate sono fate in posizioni statiche su bici statiche. Per le road bike, esistono metriche molto chiare su comfort e potenza applicata ai pedali, usando tecniche avanzate come i software che analizzano la pedalata attraverso telecamere ad alta risoluzione per osservare la rotondità del gesto, la flessibilità, ed eventuali asimmetrie tra i due arti. La precisione è altissima, ma non può replicare la guida di una mountain bike su una bici statica o in ogni caso importare quei valori nel processo di adattamento.

Poiché la biomeccanica ha ignorato la maggior parte dei biker, con le loro reali necessità, questi restituiscono il favore. Potrebbe sembrare che il bike fit non sia così importante per la mountain bike perché la posizione di pedalata e di guida è attiva. Ma dall’altro punto di vista può significare che in realtà è ancora più importante. Perché? Semplice, la natura dinamica di questo sport richiede una produzione di potenza esplosiva e abilità tecniche fondamentali in più posizioni di riding. Un posizionamento mal eseguito sulla bici può ostacolare tutto questo.

Geometria Mountain Bike - Retul Premium Fit
Posizionamento in bici Retul Premium Fit – foto: Retul

Qui entra in gioco l’approccio moderno che sfrutta il perfezionamento delle quote geometriche, da prendere come un insieme funzionale e inserendo nell’equazione variabili importanti come l’inclinazione del piantone sella. L’obiettivo principale è posizionare il biker sulla bici in modo che si possa guidare sfruttando al meglio appoggi fondamentali come le mani e i piedi, soprattutto i secondi. Risponde in sostanza al trend più recente, come accennato nella prima puntata: le bici spingono a guidare in un certo modo, e i biker spingono la bici oltre i precedenti limiti, propri e del mezzo.

La bici va guidata con la parte inferiore del corpo, mantenendo basso e stabile il baricentro, riducendo la possibilità di cappottare sulle discese ripide e tecniche, oltre a limitare l’affaticamento perché si sta usando meno la parte superiore per far muovere la MTB. La padronanza delle abilità tecniche diventa ancora più importante, così come il legame tra queste e il posizionamento in sella. Inoltre non si può separare nessuno dei due dalla messa a punto della bici.

La centralità di reach e stack

Quote geometriche come reach e stack, valutate insieme, diventano centrali nel posizionamento sulla bici del biker. Per capire anche e soprattutto se lo spazio di manovra in piedi sui pedali è adeguato a mettere in pratica ogni possibile gesto.

Se la posizione è troppo compatta – reach corto – il peso sarà caricato troppo in avanti, il che può portare a un alleggerimento e quindi a una perdita di trazione della ruota posteriore sulle salite ripide, ad esempio. Se al contrario è troppo lungo, le braccia saranno troppo distese e quindi dritte, limitando la gamma di movimento e rendendo più difficile muovere la bici sotto di voi su un terreno tecnico. Il modo più semplice ed economico per risolvere la questione è agire sulla lunghezza dello stem o sul tipo di manubrio – con backsweep più o meno contenuto – ma senza esagerare per non snaturare l’anima del mezzo.

A volte la causa di uno scarso controllo accompagnato da un comfort altrettanto ridotto è un manubrio troppo largo in relazione all’altezza e alla larghezza delle proprie spalle. Una presa troppo ampia ha effetti simili a un reach troppo lungo, mettendovi al limite della vostra gamma di movimento, e potendo causare affaticamento e dolori alla parte superiore del corpo. Come capirlo? Un buon punto di partenza mette i vostri gomiti all’incirca dietro ai polsi quando siete in posizione di attacco. Una volta che avete capito come legare reach e lunghezza/ampiezza del cockpit, il gioco è praticamente fatto.

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La relazione tra reach e top tube in una moderna mountain bike . foto: Ian Collins

La soluzione finale

La geometria della bici è diabolicamente complicata al pari del bike fit. Molti fattori sono in gioco, da quelli più facilmente misurabili come l’effetto giroscopico delle ruote all’effetto caster (o angolo d’incidenza), passando per la distribuzione del peso. Fattori che lavorano tutti insieme, a cui aggiungere la presenza del biker che si muove dinamicamente su una mountain bike che a sua volta procede su un terreno irregolare. Anche per un esperto designer non è semplice capire appieno come funziona la geometria della bicicletta, e cosa esattamente porta le bici a comportarsi nel modo in cui lo fanno.

L’industria ciclistica sta solo iniziando a capire come le diverse quote geometriche lavorano a braccetto l’una con l’altra, anche le meno note e valutate come l’offset sella, o altre che comunque meritano più attenzione come offset della forcella e quindi il Trail, e il cosiddetto Wheel Flop (la tendenza del gruppo sterzo di girare automaticamente in curva, perché il tubo sterzo si abbassa mentre il manubrio si allontana dalla posizione centrale).

Anni di studio su fogli di calcolo, equazioni, grafici, e naturalmente consultazioni con i clienti finali, che si confrontano con la dura realtà delle cose: quando si guida su un terreno tecnico, il manubrio segue un percorso di rotazione specifico, e ci deve essere una distanza ideale tra mani e piedi per permettere che questo funzioni in base alle dimensioni e alle proporzioni del vostro corpo.

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L’offset della sella può variare di molto secondo l’altezza del biker – immagine: Cannondale

Una questione personale

Il dimensionamento delle varie taglie dovrebbe adattarsi all’altezza e allo stile di guida del biker, al tipo di bici e al terreno. Nessuna geometria funzionerà bene per ogni biker, l’hanno capito bene molti marchi e soprattutto Specialized con il suo sistema S-Sizing: misure specifiche per lo stile di guida, che prediligono il reach e non tanto l’altezza del piantone sella (seguendo quindi altezza e lunghezza delle gambe), per vestire la bici sul biker in base al tipo di trail su cui pedala e allo stile di guide personale.

In pratica, per i modelli che rispettano questo concetto (trail bike ed enduro, anche assistite), le misure del telaio hanno lunghezze dello sterzo e altezza di standover simili, inoltre il reach è progressivo e basato sullo stile di guida e non sulla taglia del telaio. L’aspetto forse più importante è una certa sovrapposizione agli estremi per l’altezza consigliata, permettendo di scegliere – quando possibile – tra telai più piccoli e quindi agili, grazie a reach e a un avantreno più corti, e quelli più grandi e viceversa più stabili.

Per esempio, un rider alto 173 cm che normalmente preferirebbe una media, potrebbe optare su una S3 (la vecchia M) per un feeling bilanciato tra stabilità e maneggevolezza, S2 (la precedente S) per una guida molto più agile e giocosa, o S4 (la vecchia L) per controllo e stabilità ai massimi livelli in velocità e sul ripido.

È tutto molto personale, così come il feeling della sospensione posteriore che spesso e volentieri conta più delle effettive performance. Anche in questo caso alcuni marchi stanno studiando soluzioni ad hoc, come Cannondale con la sua Proportional Response che colloca alcuni snodo del carro in modo da ottenere una risposta omogenea sulle varie taglie.

Geometria Mountain Bike - Specialized S-Sizing
Un diagramma che spiega in modo chiaro il concetto di geometria S-Sizing di Specialized – immagine: Specialized

Uno sguardo al futuro

La sensazione è che la tendenza “bassa, lunga e aperta” inizierà a invertirsi nei prossimi anni, almeno sulle full suspended dal travel più contenuto. L’intera faccenda sembra addirittura sfuggita di mano nell’ultimo biennio, seguendo quello strano paradigma per cui di più è sempre meglio, fossilizzandosi nella mente dell’industria e dei ciclisti.

Se dovesse avvenire questo cambiamento, accadrà per piccoli aggiustamenti, arrivando a compromessi più equilibrati. Forse in queste MTB del futuro prossimo non avrete più bisogno di essere fisicati come Richie Rude per superare un rock garden alla massima velocità e ottenere il massimo piacere dal vostro riding. E ricordatevi di una cosa fondamentale quando state per acquistare la vostra prossima nuova bici: Rude è alto poco meno di un metro e ottanta e, secondo la guida alle taglie di Yeti – marchio per cui corre – si trova a cavallo tra la media e la large. Rude guida la prima. Biker avvisato…

Geometria per tutti… o no?

Cristiano Guarco - 4bicycle - portrait 211127

Ciao a tutti, sono Cristiano Guarco, appassionato da una vita di mountain bike ma anche del movimento ciclistico in ogni sua forma. Da circa 20 anni ho fatto della mia passione la mia professione, una grande fortuna raccontare questo mondo, per parole e immagini, che tanto mi ha insegnato e continua a insegnare ma anche ispirare.