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Tubeless o tubolari? Ecco la risposta

di - 20/02/2022

Prima di addentrarci nella specificità dell’argomento e spiegare pro e contro di tubeless e tubolari, è doverosa una premessa, che chiarisce qual è l’ambito in cui ci stiamo muovendo e come ci siamo arrivati. Ossia, come negli ultimi anni si siano evoluti gli pneumatici da strada.

Spazio alle gomme

Polivalente” e “versatile” sono aggettivi assai diffusi per raccontare molte delle bici da corsa attuali. In fondo la possibilità di adattarsi a terreni, situazioni e stili diversi di guida è una delle prerogative dei modelli dei nostri giorni. Merito sicuramente di geometrie non esasperate e di una concezione strutturale che media con sapienza comfort/rigidità/leggerezza. Andando più a fondo con il ragionamento, questa dote dipende anche di una caratteristica ormai intrinseca delle road bike attuali, ma che qualche anno fa mancava.

Ci riferiamo alla maggiore tolleranza gomme, ossia lo spazio che un telaio consente all’ingombro degli pneumatici. Uno spazio cresciuto grazie soprattutto al passaggio ai freni a disco, che ha eliminato gli ingombri dei freni sui foderi e ha dato più libertà ai progettisti. La luce (in gergo si dice così), anche sulle bici race, oggi permette di montare tranquillamente gomme da 30 mm, sulle endurance si arriva a 35 mm e sulle gravel siamo anche oltre i 2″. Questa caratteristica consente grandissime possibilità di personalizzazione e il carattere della bici può essere modificato semplicemente variando sezione e tipologia della copertura montata.

Archiviata praticamente del tutto la 23 mm (che ormai ha anche limiti di compatibilità con i canali larghi dei cerchi di moderna generazione) la sezione di gomma più utilizzata di serie sulle bici da corsa race è oggi la 25 mm. Ma, in determinate condizioni di fondo, per esempio alle Classiche del Nord o alla Strade Bianche, si sale a 28 mm e 30 mm.

Sezione, volume e pressione

Questa nuovo scenario apre ad altri aspetti. Maggiore è la sezione utile, maggiore è il volume dello pneumatico e quindi la quantità d’aria che può contenere. Di conseguenza, più ampie e marcate sono le differenze che si potranno poi percepire in sella, in funzione della pressione di gonfiaggio. Pressioni che, in configurazione tubeless, possono essere inferiori di 0,5/0,8 bar rispetto alla configurazione con tubolare (fra i professionisti si sta entro un range di 5,5-6,5 bar).

Ciò che ovviamente peggiora con l’aumentare della sezione è la leggerezza, poiché per fare una gomma più grossa ci vuole più materiale.

Più complicato, invece, mettere in relazione sezione e scorrevolezza. In questa analisi entrano in ballo altri fattori come la superficie (in pista si usano ancora gomme strette e pressioni molto alte) le pressioni di esercizio e il battistrada. Certo è che se il vecchio pneumatico da 23 mm è poco scorrevole per la sua scarsa capacità di deformarsi, all’estremo opposto, uno da 30 mm è giustificato solo dalla presenza di fondi accidentati o dal desiderio di comfort.
Nei fatti, allestire una bici race con gomme da 30 millimetri significa modificarne le caratteristiche di assorbimento, avvicinandone il feeling a quello di una bici Endurance.

Quel che è certo è che all’aumentare della sezione diminuisce la pressione di esercizio utile per sfruttare tutte le caratteristiche funzionali con cui uno specifico pneumatico è stato progettato. Di conseguenza, aumenta la capacità di assorbire le vibrazioni, ovvero il comfort percepito; ma l’andamento di questa relazione segue una logica esponenziale, non lineare. Per fare un esempio, rispettando le pressioni di esercizio consigliate, il guadagno in termini di comfort nel passaggio tra un ipotetico 28 millimetri e un 30 millimetri sarà maggiore rispetto al passaggio tra un 26 mm e un 28.

Il tubeless è più scorrevole

Le caratteristiche prestazionali di uno penumatico sono in relazione anche con la tipologia di gomma; in questo senso l’industria ci sta proponendo da qualche stagione il sistema tubeless come il migliore, soprattutto in un’ottica di prestazioni agonistiche. La sua bontà sembrerebbe tale che anche tanti professionisti ne hanno fatto una scelta d’elezione, preferendolo al tanto amato tubolare. Fedelissimi a quest’ultima soluzione, più che altro per una questione di feeling personale e conseguente convinzione mentale, sono alcuni dei “senatori” del gruppo (come per esempio Vincenzo Nibali).

Come stanno davvero le cose? È vero, moltissimi pro utilizzano oggi il tubeless. Si tratta prevalentemente di corridori della nuova generazione, velocisti, passisti. Pochi invece fra gli scalatori o quegli atleti che mettono la leggerezza in testa ai loro requisiti tecnici (Tadej Pogacar pedala in configurazione tubeless, ma nelle tappe di salita preferisce risparmiare peso e affidarsi ai tubolari).

Le caratteristiche strutturali del sistema tubeless (cerchio più pneumatico) fanno sì che questo sia assai più scorrevole del tubolare. Con il tubeless viene a mancare del tutto quella frizione che si crea tra carcassa e camera d’aria nel momento in cui lo pneumatico impatta con il suolo e, deformandosi, va a creare uno sfregamento con la camera interna. Uno sfregamento significa assorbimento di energia, che a sua volta si traduce in un aumento della resistenza al rotolamento. Morale, con un sistema tubeless, si guadagnano diversi  Watt.

Inoltre, queste caratteristiche rendono il tubeless migliore del tubolare anche dal punto di vista del comfort, perché lo si utilizza a pressioni di esercizio inferiori, quindi con una migliore capacità di deformarsi, di copiare il fondo e di assorbire le vibrazioni.

Il tubolare è più leggero

La disputa tubeless/tubolare è però persa dal primo sul piano della leggerezza. La presenza di un cerchio più robusto, con fianchi pronunciati (anche se in variante hookless, ossia con la spalla senza uncino di ritenzione) e del liquido sigillante da inserire necessariamente nello pneumatico, producono un peso complessivo più elevato del sistema formato dal classico cerchio per tubolare e dallo pneumatico.
Ci sono poi ambiti nei quali il regno del tubolare, a livello professionistico, è ancora indiscusso, come il Ciclocross.

In realtà, si tratta di differenze che solamente l’atleta di altissimo livello può davvero apprezzare: caratteristiche funzionali, praticità d’uso, protezione dalle forature e soprattutto costo, fanno sicuramente propendere l’asticella verso il sistema tubeless per tutta quella enorme platea dei ciclisti di livello amatoriale.

E i copertoncini?

Anche se ormai il tubeless sta diventando lo standard privilegiato sulle bici di serie di fascia alta o medio/alta, il copertoncino non si dà per vinto. Sconfitto sotto tutti gli aspetti (scorrevolezza, peso e vulnerabilità), invece di arrendersi, rilancia. Lo fa grazie all’avvento delle camere d’aria superleggere in materiali termopalstici, che sono un passo avanti anche rispetto a quelle in lattice. Questa nuova abbinata gli fa recuperare tanto terreno in termini di peso, di resistenza al rotolamento e, incredibilmente, anche di resistenza. Può dunque essere la soluzione ideale per chi non si sente ancora pronto al passaggio al tubeless. La parola fine non è stata ancora scritta…

Ex agonista, prima della mountain bike, poi della bicicletta da corsa, tuttora pedalatore incallito, soprattutto su asfalto. Nel suo passato tante granfondo e da qualche tempo anche una passione matta per le biciclette d’epoca. Per anni “penna" delle storiche riviste “La Bicicletta” e “ Bici da Montagna”, si occupa di informazione legata al mondo “bici” da un mucchio di tempo, soprattutto di tecnica e nuovi prodotti.