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Red Bull Mottarone, la festa della Graziella

di - 09/01/2023

Prendi la fantasia e l’entusiasmo di un personaggio come Nico Valsesia, mettili a bagno in abbondante Red Bull e lascia macerare per un paio di mesi. Il risultato sarà tanto inaspettato quanto divertente, e il successo assicurato.

Che te lo dico a fare…

Hei ragazzi, fanno la RedBull al Mottarone. Si parte da Omegna, 20 km di salita, il 3 settembre. Andiamo?
Ok, va bene”.
Ah, sarebbe in Graziella…
Siiiiiiiiiiiii!!!
Creiamo il gruppo whatsapp, siamo in trenta amici, vecchi e nuovi. Qualcuno dice sì qualcuno no, qualcun altro dice forse… Alla fine ci iscriviamo in venti.
Primo passo: serata con birra, hamburger e riunione operativa. Io metto a disposizione ben otto Graziella. Sono ovviamente di recupero e quindi da rimettere in sesto. Sono tutte in #ciclofficinapopolaregallarate e non aspettano altro che tornare sulla strada. Decidiamo che mercoledì e sabato saranno i giorni deputati ai lavori meccanici e così si comincia. Serate intense di ricerca, birra, risate e delicate operazioni di chirurgia estetica. Caccia ai pezzi tra le varie bici recuperate e ricoverate in officina, verifica dei freni, analisi dei copertoni, studi di fattibilità per aggiungere il cambio, calcoli matematici per alleggerire i rapporti…
Alla fine, più o meno faticosamente, tutte le operazioni di ri-messa su strada sono andate a buon fine. Unico punto dolente, comune a ognuna delle biciclette, la frenata. Il problema è congenito, i freni della Graziella sono stati progettati per rallentare, non per frenare… E per risolvere il problema avremmo dovuto superare le evidenti limitazioni strutturali dei mezzi. Il gioco non valeva la candela e poi la birra ci ha fatto pensare che anche così le bici andavano bene lo stesso.

Qui butta male

Il meteo della settimana che precedeva il sabato della Red Bull Mottarone era psicologicamente disarmante. La previsione di acqua a secchiate ha fatto desistere quasi la metà del gruppone.
Siamo comunque partiti in dieci, sabato mattina di buon’ora da Gallarate. Ad accoglierci, a Omegna, troviamo una folla di pazzi simili a noi. Ovviamente ci integriamo in un attimo. Si ritirano le tabelle con i numeri, si dà un’ultima occhiata alle Graziella e ci si raduna in piazza dietro l’arco Red Bull. Dal gippone transformer allestito a discoteca semovente, i due speaker sparano musica e intrecciano sciocchezze, mentre Nico Valsesia si aggira fra i Graziellisti elargendo sorrisi e complimenti per aver condiviso la sua pazza idea. Un po’ di festa e via, si parte. Per superare i 20 chilometri e arrivare in cima ci sono voluti 2 ristori, 8 lattine di Red Bull, foto a ogni cartello, spiegazioni alle persone incredule incontrate lungo la strada… Dopo lo striscione dell’arrivo la festa non finisce e aiuta a prepararsi per la discesa. I freni non ci abbandonano e così, nonostante qualche “lungo”, riusciamo a tornare a Omegna, in tempo per assistere all’atto finale di questa festa: la sfida di tuffi dalla rampa… Avere 54 anni e ogni tanto sentirsene 14 è un regalo. Grazie(lla) Red Bull Mottarone e appuntamento al 2023, quando gli anni saranno 55 ma il ragazzino dentro di noi ne avrà ancora 14.

La mia Graziella

La mia Graziella arriva da un salvataggio dalla discarica. Una delle specialità della #ciclofficinapopolaregallarate è proprio quella di resuscitare vecchie biciclette in disuso, quindi è stata completamente smontata riverniciata in un blu Red Bull, con non poca difficoltà è stata ri-assemblata con pezzi provenienti da altre bici “donatrici”, tornando così a nuova vita. La ruota anteriore apparteneva a una vecchia Graziella, quella posteriore e la guarnitura da 46 denti (con pignone da 24), completa di pedivelle, arrivano da una bici da ragazzo, il manubrio da una BMX , i freni da un altra vecchia Graziella. Pattini freni, copertoni e camere d’aria che sono parti delicate e legate alla sicurezza, sono invece nuovi. Come chicca, adesivi Red Bull, ali in polistirolo rivestite con adesivo cromato e logo Red Bull, trombetta Horn vecchio stile e mascotte paperella con casco. Alla fine ho messo insieme una bicicletta un po’ alleggerita e perfettamente funzionante.

 

La parte più bella dell’avvicinamento all’evento è stata sicuramente la preparazione di altre cinque biciclette, vissuta fianco a fianco con i miei amici. Ritrovarsi in officina usciti dall’ufficio e uscirne a notte inoltrata dopo aver tentato esperimenti e svelato ai compagni di avventura alcuni segreti di meccanica… Un’esperienza dalla quale siamo usciti tutti arricchiti: quando si creano delle “bici Frankestein” è matematico che le cose che vanno storte sono di sempre più rispetto a quelle che funzionano al primo tentativo.
Su un paio delle nostre creature abbiamo mantenuto la trasmissione originale, con corona da 42 e pignone da 18, le altre le abbiamo invece montate con il cambio, quindi 40 davanti e 12-27 dietro, per affrontare in agilità gli strappi a doppia cifra della scalata al Mottarone (nota per i più curiosi: se vi siete chiesti come abbiamo potuto alloggiare nel telaio la ruota con la cassetta, che ha il mozzo con battuta più larga, sappiate che è stato “sufficiente” allargare il carro con un crick da auto…).

#ciclofficinapopolaregallarate

Nata nel 2015 quasi per gioco su una pagina fb, ha subito incontrato il favore dell’amministrazione comunale, che ci ha concesso degli spazi dove condividere la pratica del riuso ecologico di vecchie con lo slogan “resuscitami“. Si tratta di uno spazio da condividere, dove si trovano attrezzature e capacità tecniche. Non ripariamo biciclette, ma diamo la possibilità alle persone di sistemarle, modificarle, costruirne di nuove o apportare modifiche. Abbiamo portato la Ciclofficina nelle scuole medie cercando di trasferire questa cultura, poi abbiamo portato gli studenti in officina x provare con mano, abbiamo collaborato con associazioni che hanno in affidamento ragazzi minorenni, abbiamo collaborato con il reparto di neuropsichiatria infantile con giovani disabili. Insieme a un’altra associazione – Progetto 98 – abbiamo formato educatori e aiutato persone con disabilità acquisita a trovare secondo le loro capacità il modo per resuscitare vecchie bici. Abbiamo insegnato a bimbi piccini a togliere le rotelle e pedalare in autonomia. Abbiamo insegnato agli adolescenti che la bici è il loro primo passo verso l’autonomia. E siamo solo all’inizio…

Di Marco Golzio
Foto Martina Folco Zambelli|HLMPHOTO

Mi piacciono le biciclette, tutte, e mi piace pedalare. Mi piace ascoltare le belle storie di uomini e di bici, e ogni tanto raccontarne qualcuna. L'amore è nato sulla sabbia, con le biglie di Bitossi e De Vlaeminck ed è maturato sui sentieri del Mottarone in sella a una Specialized Rockhopper, rossa e rigida. Avevo appena cominciato a scrivere di neve quando rimasi folgorato da quelle bici reazionarie con le ruote tassellate, i manubri larghi e i nomi americani. Da quel momento in poi fu solo Mountain Bike, e divenne anche il mio lavoro. Un lavoro bellissimo, che culminò con la direzione di Tutto MTB. A quei tempi era la Bibbia. Dopo un po' di anni la vita e la penna parlarono di altro, ma il cuore rimase sempre sui pedali. Le mountain bike diventarono front, full, in alluminio, in carbonio, le ruote si ingrandirono e le escursioni aumentarono, e io maturavo come loro. Cominciai a frequentare anche l'asfalto, scettico ma curioso. Iscrivendomi alle gare per pedalare senza le auto a fare paura. Poi, finalmente arrivò il Gravel, un meraviglioso dejavu, un tuffo nelle vecchie emozioni. La vita e la penna nel frattempo erano tornate a parlare di pedali: il cerchio si era meravigliosamente chiuso.