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Sensazioni da onda: i riccioli di Natal

di - 25/01/2018

A cura di Luca Diodato
Quella che sto per raccontare è una storia breve. Una storia di mare e di libertà. Una storia che ha preso forma circa tre anni fa. 
Quella che sto per raccontare è una storia che dedico a tutti quelli che hanno trovato il surf; e grazie al surf hanno trovato persone; scoperto angoli di mondo. Hanno trovato emozioni da ricordare. Da raccontare. 
Una storia che dedico a tutti quelli che hanno avuto voglia di rincorrere i propri sogni. Coltivarli. Farli crescere. Senza mode e forme, seguendo semplicemente se stessi. 
Quella che sto per raccontare è una storia breve.
Quella che sto per raccontare è la storia del momento in cui ho incontrato il surf. 

Mancavano pochi giorni al mio compleanno. Una decina. Nell’ultimo anno avevo annullato per due volte viaggi già prenotati; Maldive ad agosto e Filippine per capodanno. Viaggi che avevo pianificato con settimane di anticipo. Viaggi che ad oggi ancora non ho fatto. Sarebbero stati “il mio primo viaggio fuori dall’Europa”. Ma se è andata così, non era quello il momento in cui dovevo scoprire quei luoghi. E, probabilmente, non ero pronto per farlo.
Mi ricordo che ero in moto quel giorno.  Ma non ricordo esattamente dove stessi andando. C’era il mare, sicuro. Mentre passeggio, all’improvviso dietro quel casco sento che è arrivato il momento. Il mio primo viaggio fuori dall’Europa sarebbe stato per quel mio compleanno. E in quel preciso istante giuro a me stesso che nulla lo avrebbe annullato. Perché era il momento era maturo.
Atterro per la prima volta nella mia vita a Parigi. Scalo Air France e dopo poche ore sono in volo per l’arcipelago delle Antille Francesi. Non spiaccico una chiacchiera di francese. Fino a qualche giorno prima non avrei mai pensato di andarmene laggiù da solo. Ho letto molto poco del posto in cui andrò. Ma su quel volo, cazzo, mentre sento di perdermi avverto una gioia e un’energia clamorose. Il mio incontro con il surf è stato su un’isola di Guadalupe. A “Grand Terre”.
In quei giorni, perdendomi, ho girato tanto; senza regole. Dandosi una decina di giorni lenti, l’isola di Grand Terre è sufficientemente grande per decidere ogni mattina una direzione nuova e andare.  Quella mattina avevo deciso di scoprire un pezzo del lato sud dell’isola. Dietro un giardino di mangrovie, trovo la “Plage de Bois Jolan”. Si apre davanti a me un paradiso. Sento la mia zona di confort lontana, in un altro continente. Ma questa sensazione è sorprendentemente stupenda.
A un certo punto arriva Natal. Arriva con uno zaino; mi sa tanto di zaino da scuola. É accompagnato da un uomo; a sensazione, e da come lo accudisce, sembra fosse il papà. Natal ha con sé una tavola da surf sotto il braccio. Natal ha non più di 10-11 anni. Non avevo mai visto dal vivo un surfista. A un certo punto, quell’uomo prepara il suo asciugamani, si stende e inizia a sfogliare il suo libro. Natal nel frattempo lascia lo zaino sulla sabbia e si infila un custome. Si lega “quel laccio” e inizia a nuotare. Verso le onde.  

Oggi ogni volta che qualcuno mi domanda “come hai iniziato a fare surf”, racconto sempre di questo episodio. In quel preciso momento credo di aver iniziato a “praticare” il surf. Mentre accompagnavo con gli occhi Natal verso le onde; e poi sulle onde. Natal ci danzava su quelle onde; con quei riccioli biondo scuro e quella sua magliettina antisole blù. Ogni tanto il papà lo seguiva rimanendo disteso e tranquillo; sicuro che Natal là in mezzo ci stesse da Dio. Quasi come se quella danza di Natal fosse quotidiana. Ecco, su quella spiaggia c’è stato il mio primo contatto con il surf. Il surf probabilmente lo conoscevo. Era dentro di me. Ne avevo sentito parlare. Ma non l’avevo mai visto. Non lo avevo mai toccato; coltivato. E grazie a Natal, lontano dalla mia zona di confort, è successo.
Dopo neanche mezz’ora, Natal viene richiamato da quell’uomo. “Natal, Natal”… e Natal si lascia accompagnare fino a riva da un’onda. Grazie a quel richiamo, oggi conosco il nome della persona che mi ha avvicinato al surf. Natal! Mi piace pensare che il papà l’avesse richiamato per tornare a casa a mangiare. Dopo le distrazioni da dopo scuola. 
La mattina dopo, ho preso la mia prima lezione di surf.
Voglio dedicare questo racconto a tutti quelli che hanno avuto voglia di rincorrere i propri sogni. Coltivarli. Farli crescere. Senza mode e forme, seguendo semplicemente se stessi. E poi, voglio dedicare questo racconto a Natal
Nella mia vita ho tanti sogni. Alcuni hanno preso forma, altri ci sono ma hanno forme sbiadite. Altri ancora li scoprirò continuando a perdermi e a cercare. Qualcun altro resterà nel mondo dei sogni. Ma di certo, un’emozione che mi farebbe piacere raccontare quando un giorno tirerò le somme dei miei sogni realizzati, sarebbe quella che mi regalerebbe mezz’ora di onde insieme a Natal. 
Grazie Natal, ovunque tu adesso sia. A presto…
LUCA DIODATO

Foto: Justin Jay
Foto: Justin Jay