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BMC Timemachine Road 01, velocità con stile

di - 04/07/2018

Aerodinamica estremizzata e freni a disco, un binomio consolidato, due segmenti dell’ingegneria che hanno dato modo di sviluppare nuovi progetti legando con successo le due categorie. BMC Switzerland presenta il suo nuovo progetto votato alla velocità, la Timemachine Road 01 e, anche in quest’occasione non ci troviamo di fronte ad una rivisitazione della precedente Timemachine ma di una piattaforma completamente nuova.

Durante le prime prove in terra svizzera, nei pressi del lago di Zurigo, abbiamo utilizzato l’abbigliamento BMC, casco e occhiali POC, calzature Shimano S-Phyre.

L’obiettivo era quello di sviluppare una bicicletta molto moderna, dedicata al mondo delle alte velocità ma più comoda rispetto al modello più anziano, versione tanto apprezzata dai professionisti per le sue doti di rigidità. Diversi i focus e gli obiettivi: velocità e comfort come scritto, integrazione, dispersione minima della potenza espressa ma anche una buona dose di versatilità. Entriamo in modo più specifico nel progetto Timemachine Road 2019.

Sviluppato nella galleria del vento, il frame è costruito in carbonio con tecnologia monoscocca e nasce nella sola versione con i freni a disco. Molte le sue particolarità, in termini di forme e ricerca del dettaglio, anche quello più piccolo che potrebbe sembrare marginale. Una premessa: con il passare delle stagioni, il marchio svizzero ha costruito attorno a se, passo dopo passo, una sorta di aurea, raffinatezza e preziosità, eleganza, pregio ma anche capacità di sviluppare biciclette con un dna racing, sfruttando quello che è diventato un family feeling che accomuna tutte le bici del catalogo, ovvero, il carro con inserzione bassa al piantone, soluzione che ha fatto scuola, copiata da molti anche a distanza di anni.

Timemachine Road 01 però, si adegua ai tempi e alle tecnologie, ad un mercato che pretende bici più versatili: ci ripetiamo? No, perché questo progetto aero adotta delle geometria particolari, una sorta di via di mezzo tra Roadmachine e Teammachine. Veloce ovunque, aerodinamica, stabile, tanto agile e si permette di attaccare le salite senza troppo timore del peso, grazie ad un frame al di sotto del kg di peso nella taglia 54 (forcella a steli dritti da 400 grammi).

Non può passare inosservato tutto il blocco centrale, quello che include le due borracce con i suoi bottle cage e il vano porta oggetti. Qui il disegno dei tubi è stato modificato, von volumi aumentati proprio per adattarsi e ottimizzare i flussi aerodinamici, con una penetrazione dello spazio migliore con utilizzo combo. Una considerazione: tutti noi ciclisti “odiamo” la sacca porta attrezzi da inserire sotto la sella!

La centralina della trasmissione Shimano Di2 è nascosta all’interno del cage sul tubo obliquo.

Il seat-post, anche questo completamente in carbonio è studiato per questa piattaforma di bici e offre la possibilità di un triplo off-set.

Integrazione: tanta integrazione anche per il cockpit, stem e piega, concetto che diventa sinonimo di pulizia. L’attacco manubrio in alluminio (ICS Aero), più schiacciato rispetto a quello utilizzato per le Roadmachine e Teammachine (sempre di stampo ICS), ha una sorta di calotta nella parte bassa che nasconde completamente i fili e le guaine.

Il manubrio è in carbonio con profilo alare, non troppo largo per non essere scomodo, con stack e reach ridotti, permettendo di avvicinare le dita il più possibile alle leve del freno e della trasmissione. La curva del manubrio è smussata, per eliminare eventuali fastidi e contatti indesiderati che si possono generare con il polso. Interessante, oltre a tutto il resto, la copertura che è stata sviluppata nella zona della pinza del freno anteriore, componente che ha l’obiettivo di rendere il comparto più aerodinamico rispetto agli standard.

Quattro gli allestimenti a disposizione, con prezzi che variano dai 4199 euro della MOD, fino ad arrivare ai 11999 euro della One, oltre al framkit che ha un costo di 5499 (frame, forcella, bottle cage module, cokpit e seat-post).

LE PRIME IMPRESSIONI

Siamo rimasti colpiti, quasi impressionati dalla fluidità, equilibrio e comfort della bicicletta, provata per tanti km (circa 130 con 1500 mdsl) allestita con ruote DT Swiss ARC da 62 mm di altezza, non proprio delle ruotine. Ci è piaciuto definire questo progetto “smothness”, capace di esprimere un comfort che non ti aspetti, in grado di smorzare le vibrazioni negative e le imperfezioni dell’asfalto, ben al di sopra della media di questa categoria di bici. Timemachine ha un’elevata capacità di mantenere la velocità alta (quando si viaggia oltre i 40 kmh) ed è facile da rilanciare proprio in queste situazioni.

Le geometrie è un valore aggiunto non da poco, a vantaggio anche di quei corridori che amano utilizzare queste bici e che hanno una struttura fisica non imponente: in questo caso la Timemachine di ultima generazione diventa una piattaforma ampiamente sfruttabile su percorsi impegnativi con dislivello importante, tracciati nervosi e su salite e strappi di breve e media lunghezza. Ci è stata data la possibilità di provare la bici, giusto qualche km per saggiare le differenze, con ruote dal profilo di 48 mm. Cosa cambia? Si nota subito una maggiore reattività in salita e nei rilanci alle basse velocità. Una bicicletta molto particolare, in considerazione della categoria, facilmente guidabile da differenti tipologie di atleti.

photo credits: Phil Gale e BMC, redazione tecnica

bmc-switzerland.com

 

 

Alberto Fossati, nasco come biker agli inizi degli anni novanta, ho vissuto l'epoca d'oro dell'off road e i periodi della sua massima espansione nelle discipline race. Con il passare degli anni vengo trasportato nel mondo delle granfondo su strada a macinare km, facendo collimare la passione all'attività lavorativa, ma senza mai dimenticare le mie origini. Mi piace la tecnica della bici in tutte le sue forme, uno dei motivi per cui il mio interesse converge anche nelle direzioni di gravel e ciclocross. Amo la bicicletta intesa come progetto facente parte della nostra evoluzione e credo fermamente che la bici per essere raccontata debba, prima di tutto, essere vissuta.