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La Bianchi Infinito CV Disc alla Strade Bianche

di - 12/03/2019

Una sorta di chiodo fisso, non solo il nostro: utilizzare la nuova Bianchi Infinito CV Disc e partecipare ad un evento particolare come la Granfondo Strade Bianche di Siena, pedalare su una bici di categoria endurance, con i dischi; questa l’idea alla base dell’esperienza che vogliamo raccontare. Per renderla ancora più interessante e vicina alla sensibilità di chi ci legge, abbiamo affidato questa bici ad un nostro collaboratore, Davide Sanzogni, buon granfondista ma assolutamente digiuno di freni a disco (mai pedalato su una bici di questa categoria, mai usato un cambio elettronico, si perché la Bianchi in questione è munita di Shimano Dura Ace Di2). Davide, stradista puro, quello che i bikers definirebbero non a torto un “bitumaro”. Naturalmente, dopo questo reportage in corsa seguirà un approfondimento tecnico più completo.

Particolare della finitura della Bianchi INFINITO CV Disc

Bici consegnata e, avete presente quando ad un bambino consegni il gioco nuovo? Ecco, questo è successo! Bianchi Infinito CV Disc equipaggiata con gruppo Dura Ace Di2, ruote Fulcrum Racing 418 DB Clincher. Colorazione celeste bianchi ovviamente, abbinata al nero con finitura lucida, giusto per sentirsi un po’ pro. Tutto questo accade il giovedì 7, a ridosso della gara. Giusto il tempo di regolare l’altezza sella, personalizzare i comandi dei freni in modo che le leve siano raggiungibili (quanto meno per frenare in sicurezza) e provarla per qualche decina di km. Basta chiacchiere, entriamo nel vivo, la penna passa a Davide.

Le impressioni dopo un paio d’ore di attività: la Bianchi colpisce per il feeling che trasmette da subito in fatto di maneggevolezza, con una scorrevolezza degna di nota, nonostante delle ruote che non sono un peso piuma e delle coperture con sezione da 28 (Vittoria Rubino Pro). “Si ma che bici, sembra di pedalare sul velluto, il pezzo di strada, quello prima della rotonda, è veramente messo male, eppure ci sono passato dentro come un proiettile”. La bici ti trasmette una grande sicurezza, così come l’impianto dei freni che supplisce ampiamente all’impossibilita di tirarne fuori il meglio in una sola seduta di rodaggio.

Lo slogan delle Strade Bianche

Infatti e’ già tempo di andare a Siena per partecipare a questo grande evento, che sempre più, nonostante la giovane età, assume le dimensioni di una manifestazione internazionale. E’ importante sottolineare che la gara e l’aspetto agonistico, qui passano in secondo piano. Questa e’ una vetrina turistica per Siena e per l’Italia tutta, oltre che per alcuni importanti marchi che la sponsorizzano legati al mondo del ciclismo ma non solo. É sufficiente pensare che sugli oltre 5000 iscritti almeno 1 su 5 proviene da una diversa nazione, oltre 50 sono quelle rappresentate.

Arte italiana

Una Bianchi tra le vie di Siena a vedere dal vivo la vittoria di Alaphilippe. 250 metri all’arrivo, ovvero dove sullo sconnesso lastricato medioevale il francese si e’ alzato sui pedali per andare a vincere, gesto tecnico ancora più apprezzato dopo aver saggiato quel tratto il giorno seguente in un contesto di gara. Lui con i freni a disco che va a vincere una gara che non è cosa per velocisti, noi con una bici disco di ultima generazione.

In piazza del Campo a Siena durante la conclusione della prova UCI maschile

Veniamo dunque alla granfondo e al comportamento della Bianchi. L’uscita da Siena avviene a forte velocità perché si parte in discesa. Parto da una griglia relativamente arretrata con davanti un migliaio di partecipanti, ho sfruttato l’agilità della bici e la modulabilità del sistema frenante per recuperare posizioni, oltre ad un pò di fortuna che non guasta mai. La sensazione e’ quella di avere più’ margine, in fatto di frenata e libertà di traiettoria: cerco di approfondire questi aspetti. Quando nel traffico si e’ costretti a traiettorie non ottimali il sistema disc consente una correzione in curva senza che avvenga la naturale tendenza a raddrizzare la bici, con la conseguenza di partire per la tangente e andare dritti come quando ci si trova a pinzare coi caliper. Allo stesso tempo il passo generoso della Bianchi, dovuto principalmente al carro posteriore allungato e alla geometria endurance in generale, aumenta la stabilita’ e il comfort. A me è sembrato di pedalare su una bici più comoda rispetto agli standard a cui sono abituato, comodità che si traduce anche in una maggiore stabilità. Tutto questo comporta una certa morbidezza nei rilanci dove non c’e’ quella sensazione di estrema reattività di altri modelli completamente votati alla gara: di tanto in tanto Alberto mi parla di un comportamento più “lungo”, meno cattivo ma non per questo con una performance inferiore: mi viene da dire che la prestazione è diversa e ora inizio a capire a cosa si riferisce. Qui la potenza non viene sprecata ma tutta scaricata a terra. E nel finire di una gara anche questo può fare la differenza, con particolare riferimento al mondo amatoriale.

La polvere, sottile ma palpabile

La gara prosegue ed iniziano i tratti sterrati che danno il nome alla gara. La polvere si alza e si respira, letteralmente, e lo scaldacollo indossato per le temperature piuttosto basse diventa un utile filtro. Qui la Infinito sembra avere una marcia in più, spinge, tira e non perde di trazione, neppure sul brecciolino e su qualche pietra. Lo si tocca con mano quando all’inizio di ogni sterrato si recuperano posizioni in gruppo, perché l’anteriore permette di correggere, non è cattivo e il posteriore non si stacca da terra.

Il primo tratto sterrato e’ pianeggiante e l’insidia maggiore sono alcune borracce perse da chi ci precede e alcuni partecipanti fermi per via delle forature. Già nel secondo tratto verso Grotti si inizia a salire con rampe a doppia cifra. Una precisazione: la bici è una taglia 55, pesa 7.5kg senza pedali, non molti per la categoria disc endurance ma e’ inevitabile che in questo frangente paghi qualcosina rispetto ad altre specialissime normalmente utilizzate lungo le salite alpine. Nulla che penalizzi troppo visto la brevità di queste ascese e, volendo, neutralizzabile con un set di ruote differente ma, se ne avrò occasione ne parlerò in futuro. A riguardo, particolare da notare è l’elegante e pratico sistema di perno passante delle ruote che sparisce nel perno stesso: nessun utensile da usare per svitare il bloccaggio, nessuna linguetta che sporge dalla forcella e dal fodero posteriore! Bello, ci piace.

L’ennesimo strappo

Dopo un’ora di gara e’ certamente tempo di alimentarsi e forse questa e’ la difficoltà maggiore, visto che tanto la planimetria quanto l’altimetria sono assai movimentate e gli zuccheri non possono mancare. Si arriva alla divisione dei percorsi e si prosegue per il lungo entrando nel terzo settore sterrato, come sempre caratterizzato da dei cippi permanenti in pietra con il logo della manifestazione. Al quarto settore di sterrato, quando ormai si e’ presa familiarità con questo terreno e il gruppo pur numeroso risulta ormai selezionato e si viaggia veloci, ecco che si alza l’asticella di difficoltà con un bel tratto fortemente in discesa dove il gruppo si allunga. Comportamento della bici ineccepibile: nei cambi di traiettoria, quelli voluti, quelli necessari per scartare qualche concorrente e quelli non voluti per via dello sconnesso, la bici si guida e si controlla senza sforzo.

Segue un tratto abbastanza interlocutorio su asfalto, dove si può recuperare e dove avviene anche un divertente siparietto con il gruppo fermo, per meno di un minuto, ad attendere il passaggio di un treno. Come succede ai professionisti quando alla Parigi-Roubaix passa il TGV!

Le bici ondeggiano e la fatica si sente

La gara riprende e cosi’ la marcia della Bianchi ed e’ la volta del lungo quinto settore sterrato che comprende la salita a San Martino in Grania. Qui dove brevi discese ed aspri strappi si susseguono il cambio elettronico fa la sua parte ed è bello averlo a disposizione, un bel giocattolo, facile da usare. Al contrario agli utilizzatori dei cambi meccanici e’ richiesta maggiore attenzione e lucidità, cosa non sempre possibile quando la stanchezza aumenta con la conseguenza che qua e là le catene cadono lasciando i malcapitati a pedalare a vuoto sul più bello. Questo tratto seleziona ulteriormente il gruppo: un pugno di atleti allungano, molti di più perdono le ruote e il drappello risulta dimezzato quando mancano ancora una cinquantina di km all’arrivo, soprattutto, ancora 1000 metri di dislivello. Si perché alle Strade Bianche, la metà del dislivello totale e’ concentrata nell’ultimo terzo di gara, dove le salite non risaltano nell’altimetria generale del tracciato ma nella pratica si susseguono senza soluzione di continuità.

A mio parere, anche se non ho provato un numero esagerato di bici nel corso della mia vita ciclistica, è proprio qui che vengono fuori alcune doti di questa bici: guidabilità, stabilità, sicurezza in frenata, unito al sistema di cambio adottato, l’elevato grado di confort generale. Il mix di queste cose, unite ad una certa carica di adrenalina, mi regala un finale divertente. Nell’ultimo settore sterrato delle Tolfe, attraverso prima una ripida discesa che con la Bianchi affronto con la stessa sicurezza di un rullo compressore e poi un muro al 18%. Le energie risparmiate fin qui, insieme al 34×30, non lo fanno patire e con altri quattro corridori ne nasce una piccola fuga; e’ bello giocare a fare i corridori, se la bici ti dà una mano è ancora meglio.

La Bianchi INIFINITO CV DISC al termine della gara un po’ impolverata

Anche il muro di via Santa Caterina non fa poi cosi’ tanta paura, qua “si corre nella leggenda” recita lo slogan e dopo il traguardo, a ridosso dei primi 100 classificati, non resta che complimentarsi con gli altri del gruppetto e naturalmente con la bici celeste che ci ha portato fin qui. Poi, la bici te la guardano, ti chiedono commenti in merito, fai finta che sia tua e il divertimento soffoca la fatica della giornata.

a cura di Davide Sanzogni, redazione tecnica

foto di Davide Sanzogni e C.O.

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