Un occhio all’orologio e uno al cliente che ovviamente se ne frega della mareggiata tanto attesa. Nel retro, il computer rimanda a scatti le immagini in diretta di schiume, tavole e omini di neoprene. L’uomo se ne va e metto in atto la mia fuga. Lamma, Windfinder, 4Surf, tutti gli oracoli danno onde certe con periodo discreto e vento in calo, volo sulla provinciale incurante dei ciclisti e degli autovelox, ansioso di conquistarmi ore di surf epiche o almeno divertenti.
Parcheggio e neppure guardo la spiaggia, procedo con la vestizione e stendo la paraffina come a recitare un mantra pieno di fiducia. Ho già mangiato la Chiquita e bevuto un sorso d’acqua quando una voce s’infrange alle mie spalle: “Sono dentro da stamattina e ormai si è rovinato, era molto meglio prima”. Sorrido zen, bofonchio qualcosa riguardo a un imprevisto che mi ha trattenuto al lavoro, provo odio, disprezzo e mi allontano salutando il surfista iettatore. Ci pensa il mare a mettermi in pace con il mondo e con me stesso, m’ingavono, qualcuna la prendo e qualcun’altra altra si rivela pura illusione, le onde, sempre diverse, come i fatti della vita.
Esco felice, guerriero stanco e ipotermico, non mi manca nulla. Mentre stringo le cinghie al portapacchi si avvicinano due tipi con le mute ancora asciutte, il loro sguardo interrogativo è un invito a fargli sapere quanto fossero belle prima, le onde, ma decido di non farlo rassicurandoli che il mare ancora regge. Per tutta risposta, con scaltrezza magistrale, i due si accordano per entrare dopo quando sicuramente sarà meglio.
Testo di Andrea Ambrosini
Photo: Giulia Fratini, The Banzai Eye, Federico Mulazzani, Jok Ingram, Selene Banchieri, Nicola Trevisiol, Fabrizio Flore, Andrea Di Pietro, Maria Elena Maione