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La Granfondo Nice Cote d’Azur vissuta da noi

di - 09/04/2018

GF NICE COTE D’AZUR 2018

Dal nostro inviato Riccardo Zacchi:

Evidentemente non sono stato l’unico ad interpretare in “versione granfondistica” il proverbio, “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”, poiché in t400 amanti delle due ruote a pedali si sono presentati ai nastri di partenza della Gf Nice Côte d’Azur, new entry del calendario ciclosportivo francese.

La manifestazione nizzarda ha avuto un quartier generale d’eccezione: lo splendido stadio “Allianz Riviera”, gioiello architettonico della città e chiaro esempio di eco-sostenibilità. La comoda partenza alle ore 9:30 mi ha permesso di recarmi sul posto per il ritiro pacco gara direttamente al mattino e, complice anche la ormai rinomata “tranquillità” pre-gara transalpina, ho vissuto questo momento senza particolare affanno. La location di partenza offre grandi spazi e comodità, tra cui parcheggi a non finire e particolare vigilanza garantita dai numerosi addetti/volontari che si sono messi a disposizione per questo evento.

Senza particolare stress anche le operazioni di consegna numeri, souvenir e sistema di cronometraggio che sono state gestite con perizia e velocità. Le griglie di partenza vengono aperte soltanto dieci minuti prima dello start ma, atteggiando al quale ormai mi sono abituato, non vedo nessuno scalpitare o fremere per accaparrarsi un posto migliore.

Primo dello start ufficiale, un breve discorso sulle norme di sicurezza e di comportamento da adottare durante la gara (mantenere sempre la destra, la corsia opposta NON è mai chiusa al traffico) e poi la bandierina viene abbassata. L’uscita dall’impianto sportivo e i primi 15 chilometri su tangenziale/statale vengono percorsi dietro macchina ad un’andatura controllata di 30km/h.

In questo tratto non ci sono stati particolari problemi, le posizioni in gruppo si sono sin da subito stabilizzate e non mi è sembrato di scorgere alcuna situazione di eventuale pericolo, grazie anche al grande lavoro svolto dalle moto staffette che rallentavano e facevano accostare il traffico proveniente dal senso di marcia opposto al nostro.

Nel momento in cui si abbandona la strada principale per imboccare la valle del Vésubie, il giudice di gara dà il via ufficiale alla competizione ed il ritmo si fa subito molto alto, con il gruppo allungato sul falsopiano che caratterizza questo tratto di percorso; questa prima parte di gara la si affronta percorrendo per un lungo tratto un canyon con pareti rocciose alte centinaia di metri a picco sopra le nostre teste, davvero molto impressionanti e spettacolari, così come il rombo delle rapide che solcano questa gola al fianco della strada.

Una volta giunti in vista di Lantosque, l’angusta valle ora si apre decisamente, ma noi svoltiamo sulla destra per iniziare la prima – e più lunga – ascesa di giornata, il Col de la Porte; questa salita è sostanzialmente divisa in due parti, con i primi tre chilometri molto pedalabili e successivamente, dopo un breve tratto di discesa, gli ultimi sette un po’ più impegnativi.

Allo scollinamento, posto poco sopra i 1000 metri di altitudine, un ricco ristoro (da notare la presenza di borracce, gel e barrette offerte “al volo”) attende i concorrenti prima di gettarsi nella spettacolare discesa ricca di tornati e scorci mozzafiato sulla costa che riporta verso Nizza; ma quest’ultima non sarà così facile da conquistare, visto che dobbiamo ancora affrontare, in rapida successione, le ultime due asperità di giornata.

La prima è il Col de Châteauneuf che, con i suoi 6,7km al 6,5%, mette immediatamente in difficoltà le gambe dopo la lunga discesa; fortunatamente è una salita molto regolare, per cui una volta preso il ritmo giusto si riesce a gestire lo sforzo; superata anche questa difficoltà e la sua relativa discesa, ci attende la Côte d’Aspremont, al cui “sommet” (scritto e detto alla gallica) è posto il traguardo della competizione.

Non è una salita dura, i primi due chilometri sono attorno al 6% mentre i restanti 1500 metri sono poco più che un falsopiano, ma essendo teatro di battaglia per lo sprint finale ognuno prova a dare tutto ciò che gli è rimasto nelle gambe! A ciò seguono attimi di puro affanno dopo la linea di arrivo, così è necessaria qualche pedalata a testa bassa e al limite dell’equilibrio per recuperare dallo sforzo. Una volta riconsegnato il chip ai volontari, gli ultimi 12km che riportano alla sede di partenza sono da percorrere in maniera non agonistica seguendo le chiare indicazioni poste sulla strada dall’organizzazione; fortunatamente il tracciato è quasi tutto con pendenza favorevole (tranne qualche strappetto di poca importanza), poiché le energie rimaste nelle mie gambe sono davvero poche!

Una volta tornati al quartier generale, docce (negli spogliatoi dello stadio, davvero spettacolari!), pasta party e premiazioni sono tutti ospitati all’interno dell’area dell’Allianz Riviera, garantendo massimo comfort e relax. Ci si gode così qualche momento di tranquillità sotto il tiepido sole della Costa Azzurra, assaporando quel clima primaverile che da noi (per quanto mi riguarda) fatica a decollare.

Per concludere vorrei fare grande plauso agli organizzatori, che, sebbene fossero alla prima edizione e in una data difficile per quanto riguarda il reclutamento di risorse umane, hanno saputo organizzare e gestire al meglio una manifestazione con un buon numero di partenti, senza precludere sicurezza o comodità a nessuno di noi.

Tutte le immagini sono ACTIV’images ( Pierre Moulierac)

granfondonice.com

 

Alberto Fossati, nasco come biker agli inizi degli anni novanta, ho vissuto l'epoca d'oro dell'off road e i periodi della sua massima espansione nelle discipline race. Con il passare degli anni vengo trasportato nel mondo delle granfondo su strada a macinare km, facendo collimare la passione all'attività lavorativa, ma senza mai dimenticare le mie origini. Mi piace la tecnica della bici in tutte le sue forme, uno dei motivi per cui il mio interesse converge anche nelle direzioni di gravel e ciclocross. Amo la bicicletta intesa come progetto facente parte della nostra evoluzione e credo fermamente che la bici per essere raccontata debba, prima di tutto, essere vissuta.