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Prova POC Omne Ultra Mips

di - 19/07/2023

Arrivato in redazione prima di due importanti trasferte, non poteva esserci momento migliore per metterlo alla prova. La prima, lungo le strade della costa e dell’entroterra corso, con clima primaverile (e bagnato), la seconda sulle strade bianche della Nova Eroica, ai 32° del sole toscano.

Pronto a tutto

I progettisti POC lo definiscono un casco per l’avventura, anche per il fatto di essere equipaggiato, sulla calotta esterna, con punti di attacco, cinghie e velcro per permettere di fissare una protezione antipioggia, una targhetta identificativa, attaccare una luce, un gel… da prendere al volo senza frugare nelle tasche.
A parte l’indubbio effetto scenografico (alla Nova Eroica sono stati in molti a osservarlo con curiosità), si tratta di piccoli e originali accorgimenti che sono stati apprezzati in più occasioni. Peccato invece, e non è il primo casco del brand svedese su cui lo notiamo, che in POC si siano curati poco di garantire un sicuro grip agli occhiali, nel momento in cui vengono sfilati dalle orecchie e infilati nelle feritoie anteriori del casco. Condizione che, soprattutto quando si fa Gravel, è indispensabile. Nell’Omne Ultra non ci sono applicazioni antiscivolo all’interno delle due prese d’aria anteriori che di solito si utilizzano per infilare le stanghette degli occhiali, con il risultato che alle prime sconnessioni si rischia di trovarsi gli occhiali a terra, sotto le ruote.

Molte conferme

Per il resto, si tratta di un casco ben fatto, rifinito con cura, dal profilo sottile e dai volumi contenuti e con una calzata confortevole. Comfort che non viene meno anche se le uscite si protraggono per diverse ore, cosa che nel Gravel capita di frequente e che abbiamo sperimentato sulla nostra pelle alla Nova Eroica. Le cinghiette si regolano con facilità e in modo intuitivo, così come il sistema di ritenzione posteriore, regolabile su tre differenti altezze di appoggio alla nuca e dotato della classica rotella di comando, facile da azionare. Soddisfacente l’imbottitura (amovibile e lavabile), che sotto il sole della Toscana si è inzuppata in fretta e ha lasciato cadere qualche goccia di sudore dalla fronte, ma bisogna ammettere che il caldo era davvero tanto.

A proposito di temperature, il sistema di aerazione è efficace e compie bene il suo dovere. Le prese d’aria non sono molte ma il loro disegno e le dimensioni generose consentono un afflusso d’aria abbondante e una buona ventilazione fra le aperture frontali e gli estrattori posteriori. Anche questa caratteristica è particolarmente apprezzata in un utilizzo Gravel, quando le velocità sono inferiori e quindi l’effetto di raffrescamento, specialmente nelle uscite estive, è ridotto.

Grazie Mips

Il compito più delicato, ossia assicurare protezione, è affidato, oltre che alla struttura e ai materiali, anche al sistema di sicurezza Mips, un aiuto nel contrastare le ripercussioni da impatti multi-direzionali. Nello specifico, si tratta della variante Integra, un sistema di gestione della rotazione direttamente progettato e integrato nel casco, così da avere il minor impatto possibile in termini di ingombri e peso. A proposito di peso, l’Omne Ultra Mips ha fermato l’ago della bilancia a 335 g, un valore non eccelso ma per nulla penalizzante, nemmeno dopo molte ore in sella.

Concludiamo con un cenno alla qualità percepita, caratteristica cui POC ci ha abituati e che contribuisce a mantenere buono il rapporto qualità/prezzo di questo casco. Gli accoppiamenti sono eccellenti, le finiture delle applicazioni sulla calotta esterna anche, così come la scelta dei colori e le cinghiette di chiusura.

Scheda tecnica

Struttura: Calotta in due parti in EPS
Rivestimento: Policarbonato con accoppiamento in-mold
Aerazione: 10 prese d’aria
Protezione: Sistema Mips Integra
Colori: Silver, Green, Salt, Black (finitura opaca)
Taglie: S/50-56, M/54-59 cm, L/56-61 cm
Peso rilevato: 335 g (taglia M)
Prezzo: 200 euro

Ci piace
• Dimensioni
• Design originale
• Aerazione
• Comfort

Non ci piace
• Mancano applicazioni antiscivolo per trattenere gli occhiali

Mi piacciono le biciclette, tutte, e mi piace pedalare. Mi piace ascoltare le belle storie di uomini e di bici, e ogni tanto raccontarne qualcuna. L'amore è nato sulla sabbia, con le biglie di Bitossi e De Vlaeminck ed è maturato sui sentieri del Mottarone in sella a una Specialized Rockhopper, rossa e rigida. Avevo appena cominciato a scrivere di neve quando rimasi folgorato da quelle bici reazionarie con le ruote tassellate, i manubri larghi e i nomi americani. Da quel momento in poi fu solo Mountain Bike, e divenne anche il mio lavoro. Un lavoro bellissimo, che culminò con la direzione di Tutto MTB. A quei tempi era la Bibbia. Dopo un po' di anni la vita e la penna parlarono di altro, ma il cuore rimase sempre sui pedali. Le mountain bike diventarono front, full, in alluminio, in carbonio, le ruote si ingrandirono e le escursioni aumentarono, e io maturavo come loro. Cominciai a frequentare anche l'asfalto, scettico ma curioso. Iscrivendomi alle gare per pedalare senza le auto a fare paura. Poi, finalmente arrivò il Gravel, un meraviglioso dejavu, un tuffo nelle vecchie emozioni. La vita e la penna nel frattempo erano tornate a parlare di pedali: il cerchio si era meravigliosamente chiuso.