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La maratona più “pazza” della storia

di - 22/08/2015

Per certi versi la maratona che ha inaugurato l’edizione 2015 dei Mondiali a Pechino è stata la più sorprendente della storia della rassegna, non solo per il podio finale ma per tutta la sua evoluzione. I sospetti della vigilia si sono trasformati in realtà, le condizioni climatiche hanno ribaltato tutte le gerarchie, dando scacco matto ai corridori kenyani presentatisi per monopolizzare il podio e che hanno finito la loro maratona anzitempo. Mai protagonisti, sempre in attesa, Kipsang, Kimetto e Korir hanno confermato di non saper interpretare gare dove mancano le lepri e dove bisogna essere in grado di cambiare strategia in corsa oltre che ritmo.

Il vincitore Ghirmay Ghebreslassie con la bandiera dell'Eritrea al traguardo (foto Getty Images/Iaaf) Il vincitore Ghirmay Ghebreslassie con la bandiera dell’Eritrea al traguardo (foto Getty Images/Iaaf)

Al di là di chi è salito sul podio, la gara di Pechino ha promosso a pieni voti i nostri portacolori: Ruggero Pertile a 41 anni ha compiuto il suo capolavoro e mai come nel suo caso il 4° posto, che nello sport significa sconfitta, è in realtà una vittoria perché il padovano ha dimostrato che l’esperienza è il primo motore per un maratoneta ad alti livelli. Sesto a 2 km dal traguardo, il portacolori dell’Asssindustria Padova ha dato la paga a corridori ben più affermati come Dechasa del Bahrain e l’ex campione mondiale Kiprotich (Uga) dimostrando di essere colui che aveva più energie a disposizione. Bravissimo anche Daniele Meucci, ottavo al traguardo ma solo perché la fallosissima organizzazione cinese non aveva segnalato il traguardo, altrimenti in volata l’etiope Desisa non avrebbe avuto scampo. Il campione europeo, costretto anche a uno stop di un minuto nel momento topico della gara per problemi di stomaco comuni anche ad altri atleti (un fattore fondamentale in ottica olimpica provvedere all’alimentazione in maniera autonoma) ha mostrato di saper interpretare la gara e di avere grandi margini, compiendo un passo fondamentale in ottica olimpica.

La vittoria finale dell’eritreo Ghirmai Ghebreslassie sorprende fino a un certo punto: il 20enne che ha dato al suo Paese il primo oro mondiale della sua storia riuscendo dove anche Zersenay Tadesse aveva fallito aveva già mostrato di avere raggiunto esperienza e crescita di risultati, con la piazza d’onore di quest’anno ad Amburgo in 2h07’47”. A Pechino è stato il più sapiente, innanzitutto rimanendo coperto per tutta la prima parte di gara quando i nostri Pertile e Meucci, insieme a Dechasa, periodicamente davano scossoni al gruppo di africani quasi spauriti (passaggio alla mezza in 1h06’55”, tempo da maratona amatoriale) poi uscendo dalla naturale selezione quando il carneade Tsepo Raponene del Lesotho aveva giocato le sue carte con una fuga che per qualche tempo sembrava anche poter essere vincente, infine, dopo essere passato in testa, non lasciandosi impressionare dalla rimonta dell’etiope Yemane Tsegay, che quando l’ha affiancato pensava di cogliere finalmente il successo della vita, ma aveva speso troppo in quella rincorsa. A Ghebreslassie è bastato allungare di nuovo per piantarlo sul posto. 2h12’38” il suo tempo finale con 40” su Tsegay, che comunque si conferma il più affidabile nelle grandi gare, e 1’02” sull’ugandese Solomon Mutai, al suo miglior risultato in carriera e che ha degnamente sostituito il suo capitano Kiprotich, sesto al traguardo dopo una gara anonima. Poi Pertile, a 1’55” con Meucci ottavo a 2’36”, due risultati sui quali bisogna ora lavorare pensando solo a Rio 2016 perché le prospettive sono molto incoraggianti. Bocciati i kenyani, rimandati gli etiopi, il mondiale dimostra che l’Africa non dipende solo da loro ma ha un serbatoio di talenti inesauribile anche in altri Paesi: ra i primi 10 gli unici non africani sono proprio i nostri, qualcosa vorrà pur dire…

Gabriele Gentili

Ilpodio finale con da sx Yemane Tsegay, Ghirlay Gebreslassie e Solomon Mutai (foto Getty Images/Iaaf) Ilpodio finale con da sx Yemane Tsegay, Ghirlay Gebreslassie e Solomon Mutai (foto Getty Images/Iaaf)