“Scendere di forma per andare più forte”: sembra un controsenso, ma è proprio questa la regola su cui si basa la supercompensazione, Carlotta Montanera ti spiega che cos’è e a che cosa serve.
A cura di Carlotta Montanera – www.runningcharlotte.org
Supercompensazione, un termine difficile, ma…
“Uno dei termini che si sentono spesso citare dagli allenatori e dagli esperti di running è la “supercompensazione”. Un termine difficile da analizzare, ma fondamentale da comprendere per i runner di qualsiasi livello.”
Partiamo da qui
Partiamo dalle basi della teoria dell’allenamento. Per allenamento si intende l’azione programmata di una serie di stimoli che servono a “rompere” l’equilibrio del nostro corpo in modo da generare una reazione uguale e contraria in esso che migliori le nostre capacità nel caso quel determinato stimolo si ripresenti. Questa è la teoria che si fonda sull’omeostasi. Il nostro corpo cioè tende a rimanere in equilibrio dinamico e quindi quando qualcosa, come l’allenamento, interviene a modificare questo equilibrio, l’organismo produce una reazione che riporta le forze in balance.
“L’allenamento quindi si basa proprio sul meccanismo di adattamento del corpo. Più il corpo si adatta agli stimoli crescenti e più diventerà allenato.”
Omeostasi in biologia
“L’attitudine propria degli organismi viventi a conservare le proprie caratteristiche al variare delle condizioni esterne dell’ambiente tramite meccanismi di autoregolazione ( dispositivi omeostatici).”
Il corpo si adatta ai carichi progressivi
Il principio di supercompensazione identifica esattamente questo adattamento del corpo ai carichi. Dopo un periodo allenante è quindi necessario dare tempo al corpo di attuare la supercompensazione, programmando un fondamentale periodo di recupero. Il tempo di recupero sarà di lunghezza adeguata rispetto agli stimoli dati, in modo da dare al corpo il tempo corretto per adattarsi.
Le tre fasi sono:
Le fasi diventano quindi tre: allenamento – fase di recupero – supercompensazione. Se allenamento e recupero saranno coerenti, otterremo quindi una situazione migliore della partenza, grazie alla supercompensazione.
Programmare la supercompensazione
Ora che abbiamo spiegato di cosa si tratta, cerchiamo invece di capire perché programmare un periodo di supercompensazione è così difficile. Purtroppo molti runner pensano di poter fare a meno dei periodi di recupero e percepiscono la crescita di allenamento come una curva lineare, sempre in ascesa. A maggior ragione, se si nota un periodo in questa curva che decresce, lo si interpreta come un problema, che spesso ci porta anche a una demotivazione più o meno forte. Si iniziano a fare confronti con le settimane precedenti, ci si giudica: “fino al mese scorso correvo agevolmente a 5’00’’ al chilometro e ora faccio fatica. Come mai? Starò sbagliando qualcosa”. Quando invece è assolutamente corretto scendere momentaneamente di forma nelle fasi di recupero, proprio perché la curva dell’allenamento non è lineare, ma va giù per poter risalire e andare oltre. Anzi, se la curva non scende, se la forma non scende, non stiamo dando al corpo la possibilità di supercompensare e quindi non gli stiamo permettendo di salire di forma.
Accettate i cali!
Uno degli errori più frequenti tra i runner è proprio quello di non accettare di vivere dei momenti di “fuori forma”. Anche tra i macrocicli di allenamento, infatti, è assolutamente necessario programmare dei periodi più o meno lunghi di recupero. Se guardiamo cosa fanno gli atleti professionisti, dopo il periodo di gare c’è sempre un periodo che va dalle due settimane al mese in cui si stoppano quasi del tutto gli allenamenti. Questo non significa ovviamente non fare nulla, ma diminuire il carico, magari cambiare sport o comunque rilassare il corpo. La cosa fondamentale da comprendere è che soltanto in questo modo si può salire di forma nel ciclo successivo e questo vale per qualsiasi sport, per qualsiasi livello e per qualsiasi distanza.