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Maratona olimpica, tutti contro Kipchoge

di - 19/08/2016

E venne il giorno della maratona maschile, l’evento di chiusura del programma atletico di Rio de Janeiro, per molti la gara di maggior fascino, soprattutto perché la più difficile da interpretare. Nelle maratone titolate maschili la tattica gioca un ruolo preminente e se fra le donne anche la gara di Rio ha dimostrato come sia difficile sovvertire le gerarchie dettate dal cronometro, fra gli uomini la desuetudine a correre senza una lepre di riferimento cambia le carte in tavola.

Questa volta però un favorito d’obbligo c’è, il kenyano Eliud Kipchoge proprio perché la sua abitudine a correre gare titolate su pista lo porta a saper “leggere” la corsa. Argento e bronzo sui 5000 nel 2004 e 2008, dall’inizio del 2014 si è eretto a protagonista assoluto dei 42,195 km con vittorie in serie nelle classiche e il fatto che il record mondiale non gli appartenga sembra quasi un dettaglio, vista la sfilza di grandi risultati cronometrici prodotta. A Londra ha colto la sua ultima vittoria e a Rio sembra quasi “condannato” a vincere, vista la sua superiorità anche sui connazionali, fra i quali Stanley Biwott, che lo ha seguito sul podio londinese e che appare come, Kipchoge a parte, il più costante ad altissimi livelli, mentre Wesley Korir sembra almeno due gradini inferiore.

Eliud Kipchoge, grande favorito della maratona olimpica (foto Iaaf) Eliud Kipchoge, grande favorito della maratona olimpica (foto Iaaf)

L’Etiopia ha scelto tre nomi di altissimo spessore quali Tesfaye Abera (primo quest’anno a Dubai e Amburgo), Lemi Berhanu (vincitore a Boston) e Feyisa Lilesa, ma la sensazione è che non sia stata la scelta migliore da parte dei selezionatori, che hanno lasciato a casa il vicecampione del mondo Yemane Tsegay e soprattutto uno che le medaglie olimpiche sa bene come andarle a conquistare come Kenenisa Bekele.

Lo strapotere africano non si ferma però a queste due corazzate, basti pensare che a Rio si presentano da campione olimpico l’ugandese Stephen Kiprotich, altresì iridato nel 2013 e che si esalta nelle prove titolate, mentre campione del mondo è l’eritreo Ghirmay Gebrselassie, giovanissimo ma capace di cogliere le occasioni che si trovano per strada.

Che cosa resta agli altri continenti? Proprio le caratteristiche della corsa olimpica sembrano lasciare uno spiraglio a chi saprà interpretarla nel dovuto modo, considerando anche il peso della temperatura come la gara femminile ha dimostrato. Africa a parte sono proprio gli azzurri che possono recitare un ruolo importante, se sapranno correre di squadra con la regia di Ruggero Pertile che vuole conquistare la sua ennesima Top 10 e con Daniele Meucci che sogna anche qualcosa in più. Molto dipenderà dalle loro condizioni di forma e dalla loro interpretazione della gara, da quante energie sapranno risparmiare in vista della parte finale e del loro piazzamento in quei momenti,perché il tracciato brasiliano non sembra permettere grandi recuperi nella porzione conclusiva. Fra gli altri attenzione all’americano Galen Rupp, apparso in gran forma sui 10000 ma che non ha molta esperienza in maratona, come anche allo svizzero Abraham Tadesse, campione europeo sulla mezza a luglio ma che in maratona ha sempre fallito gli appuntamenti che contano pur avendo nelle gambe grandi tempi.