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“A ognuno il suo Everest” il libro di Marino Giacometti

di - 07/08/2023

 

A ognuno il suo Everest, il libro di Marino Giacometti che parla di corsa e di primati e di preparazione, ma in modo diverso, non imponendo, ma suggerendo.

“Indubbiamente ho scritto questo libro per insegnare qualcosa, ma ancora prima per far riflettere il lettore e permettergli di guardare le cose da un punto di vista più consapevole.”

Chi è Marino Giacometti

Marino Giacometti da oltre 50 anni è sinonimo di corsa. Prima da alpinista/atleta poi da organizzatore di eventi, passando per la fondazione dell’International Skyrunning Federation.

Oggi è a tutti gli effetti un globetrotter che corre da un capo all’altro del mondo per seguire le sorti della sua incredibile federazione, di cui è tutt’ora presidente, insieme a un nutrito staff di collaboratori. All’universo della corsa ha dato veramente tanto sino a scrivere un libro, “A ognuno il suo Everest”, in cui propone la corsa in una veste nuova, scevra da preconcetti, tabelle o dogmi, affinché ogni lettore possa trovare la “propria” corsa, unica e assolutamente personale

Il libro

Edito da Mondadori nella collana Vivere Meglio, “A ognuno il suo Everest” è uscito in libreria l’11 aprile scorso ed è possibile ordinarlo su linktr.ee/marinogiacometti.

Oltre il libro…

A ognuno il suo Everest non è un libro, bensì qualcosa di più. Indubbiamente una fonte certa di sapere, che invita ad approfondire i numerosi argomenti trattati, attraverso linee guida proposte passo passo durante la lettura. Non possiamo certo definirlo un volume che parla solo di montagna, ma è sicuramente anche questo. Suddiviso in tre parti ben distinte, invita il lettore al movimento, suggerendo strategie, attraverso esempi pratici.

“L’autore cerca idealmente di trasportarci dal comfort delle mura domestiche, ulteriormente addolcito dalla comodità di un divano o di una poltrona, ad affrontare ciò che sta fuori.”

Una sorta di mondo outdoor che, prima di materializzarsi, entra nell’immaginario collettivo di ognuno di noi, spingendoci ad aprire la porta di casa una volta per tutte e a uscire. Ognuno di noi a modo proprio, cercando di raggiungere un ipotetico Everest, pura materializzazione di un concetto di progressione, miglioramento di sé e conquista di nuovi, piccoli traguardi.
Ma il futuro lettore deve però sapere che proprio l’Everest occupa un numero congruo di pagine, per essere narrato dalla sapiente penna di Giacometti attraverso aneddoti e curiosità, che avvicinano enormemente alla montagna stessa. Nella terza parte Giacometti racconta un po’ più di sé, citando con orgoglio quelle origini contadine da cui tutto è partito. Quella voglia, ancora bambino, di spostarsi, correre, salire, raggiungere, che poi, con la stessa naturalezza e spontaneità, ha mantenuto in tutto il corso della sua vita.

A tu per tu con l’autore

In copertina, insieme al titolo, campeggia istrionica la scritta “Inventore dello skyrunning”, ma cos’è alla fine questo skyrunning?
Lo skyrunning è la corsa in alta quota, o quanto meno, per esprimerlo in termini concettuali, si vede una montagna dalla propria città o villaggio e si decide di raggiungerla per poi tornare a casa. È il simbolo della corsa libera con salita e discesa. Come posizionamento si mette a metà strada tra trail e alpinismo, ma di sicuro è una disciplina “mountaineering” e non atletica.

Marino, perché a ognuno il suo Everest?

“Perché ognuno di noi ha un proprio Everest da scalare. Questo libro è la materializzazione della mia presunzione nel voler motivare, in termini salutistici, le persone che magari passano buona parte della propria vita su un divano. Raggiungere la propria vetta, indipendentemente da quale essa sia.”

Ma tu come hai iniziato?

“Io nasco in un paesino molto piccolo, Corteno Golgi, in Valcamonica. Sin da piccolo ho sempre vissuto una vita dura, a stretto contatto con la natura. Una vita di montagna che per noi era l’abitudine. Una vita agreste in cui non c’era bisogno di stimolare il cammino, perché era già una necessità.”

In una vita pratica come quella che hai vissuto, come ti rapportavi alla montagna?

“Per noi che vivevamo in montagna, il movimento aveva sempre uno scopo ben preciso. All’epoca nulla era lasciato al caso e tutto aveva un senso. Il raggiungimento di una meta avveniva se c’era una necessità intrinseca che giustificasse lo spostamento. Non c’era nessun bisogno che qualcuno mi stimolasse al movimento, perché era una necessità che condividevo con la comunità in cui vivevo. Ricordo ancora quando con mio nonno guardiacaccia andavo a mettere il sale nelle saline per i camosci. Si camminava a lungo, eccome se si camminava! Ma sempre spinti da uno scopo pratico, una necessità.”

Tutta l’esperienza maturata dal vivo, tu l’hai sempre messa in pratica trasferendo le tue conoscenze agli altri. E se non sbaglio “A ognuno il suo Everest” ne è la dimostrazione. Tu hai sempre cercato di sapere in anticipo la tua condizione fisica rispetto a ciò che avresti voluto fare.

“Beh, sicuramente il libro che ho appena scritto è frutto di esperienze precedenti, opportunamente ragionate e aggiornate. Ho sempre pensato che, in ogni cosa che si fa, bisogna avere ben chiaro il nostro stato di salute e non strafare inutilmente. Anni fa avevo già scritto due manuali. Il primo sul Mountain Fitness che spiegava al sedentario come “smaltire” l’accumulo di calorie attraverso la pratica della camminata in salita. Mentre il secondo era sicuramente più tecnico. Si proponeva a un pubblico di alpinisti più maturo che voleva raggiungere un campo base in Himalaya.

“L’occasione era stata la prima ascesa al K2 150 anni prima, così mi ero ritrovato con dei medici/alpinisti a raccontare, con tanto di riferimenti scientifici, come allenarsi e raggiungere i 5000 m del campo base del K2 esclusivamente con le proprie forze… camminando!”

Si era trattato di un vero e proprio vademecum per trekkinisti in cui avevamo voluto preparare un gruppo di “trekkinisti”, utilizzando tutta la strumentazione e gli esami disponibili sviluppati per gli alpinisti professionisti.”

Marino, tu però, proprio perché sei un uomo che ha sempre basato ogni esperienza diretta sulla performance, e altrettanto spesso hai monitorato scientificamente ciò che hai fatto, come ti rapporti oggi con lo sforzo. Continui a camminare e scalare?

“Guarda, l’ultima mia impresa occupa la parte finale del libro e si tratta di un contenuto che ho inserito quando stavo per andare in stampa, perché ci tenevo. Ho voluto testimoniare la mia salita alla Capanna Margherita, sul Monte Rosa, la mia montagna di sempre. Un regalo che mi sono voluto fare l’ultimo giorno dei miei 69 anni. Sono partito consapevole di quanto avrei dovuto affrontare. Così ho preso per la prima parte la funivia per poi proseguire tranquillamente a piedi, con in tasca un paio di bustine di miele e una bottiglietta d’acqua.

“Ci tenevo a ritrovare le stesse emozioni di anni prima. Rapportate però all’età che mi porto dietro, ed è ciò che ho tentato di illustrare nel libro.”

Mi è sempre piaciuto affiancare alle performance tutto ciò che la scienza può spiegare. E il supporto che può dare a ognuno di noi, non solo agli atleti professionisti. Ho sempre cercato di abbinare alle imprese la sicurezza, ed essere in buona salute ne fa indubbiamente parte.”

Possiamo definire “A ognuno il suo Everest” come un libro didattico che ci vuole insegnare qualcosa?

“Indubbiamente ho scritto questo libro per insegnare qualcosa, ma ancora prima per far riflettere il lettore e permettergli di guardare le cose da un punto di vista più consapevole. Ognuno di noi ha un livello energetico, di preparazione e di esperienza assolutamente personale. Per questa ragione conoscersi bene e a fondo fa sempre la differenza, indipendentemente dall’obiettivo che si vuole perseguire.”

Daniele Milano nasce una buona cinquantina di anni fa in Valle d’Aosta. Cresciuto con la montagna dentro, ha sempre vissuto la propria regione da sportivo. Lo sci alpino è stato lo sport giovanile a cui ha affiancato da adolescente l’atletica leggera. Nei primi anni 90 la passione per lo snowboard lo ha letteralmente travolto, sia come praticante che come giornalista. Coordinatore editoriale della rivista Snowboarder magazine e collaboratore per diverse testate sportive di settore ha poi seguito la direzione editoriale della testata Onboard magazine, affiancando sin dal lontano 2003 la gestione dell’Indianprk snowpark di Breuil- Cervinia. Oggi Daniele è maestro di snowboard e di telemark e dal 2015 segue 4running magazine, di cui è l’attuale direttore editoriale e responsabile per il canale web running. Corre da sempre, prima sul campo di atletica leggera vicino casa e poi tra prati e boschi della Valle d’Aosta. Dal 2005 vive un po’ a Milano con la propria famiglia, mentre in inverno si divide tra la piccola metropoli lombarda e Cervinia. “La corsa è il mio benessere interiore per stare meglio con gli altri”