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DH World Cup da riformare?

di - 04/09/2023

DH World Cup Loudenvielle - Vali Holl jump

Le ultime due tappe di DH World Cup non hanno certo brillato per efficienza organizzativa mostrando diverse crepe nella gestione delle emergenze e del sistema di assegnazione dei punti. Ma come stanno davvero le cose?

Domenica tre settembre si è conclusa un intenso fine settimana di Coppa del Mondo Enduro e Downhill a Loudenvielle, sui Pirenei in Francia.

Ma… sì, perché c’è stato un ma. Un cambio di programma a causa del maltempo, come il weekend precedente in Andorra.

DH World Cup Andorra - cielo
Il meteo avverso ha condizionato le finali Elite della DH World Cup di Andorra

Loudenvielle e Andorra segnate dal maltempo

Sì sono corse le gare Enduro – EDR tradizionale ed E-EDR elettrificato – e quelle Elite per la discesa. Ma il programma DH per gli Junior non è stato rispettato. La gara prevista per sabato due settembre è stata infatti annullata a causa delle forti precipitazioni che hanno trasformato la pista in un incubo fangoso.

Anche le qualifiche degli Elite si sono svolte venerdì pomeriggio, invece del sabato come da programma originale, per evitare i temporali previsti e poi puntualmente verificatisi. I migliori interpreti mondiali della discesa non hanno deluso le attese, gettando le basi per una domenica ricca di azione, tra semi-finali e finali.

Su una pista nuova di zecca, costruita appositamente per la gara di Coppa del Mondo. Un tracciato che ha raccolto il plauso quasi unanime degli atleti: veloce nella parte alta, più ripida e tecnica nel bosco più in basso, con una tracciatura ampia che significava ampia possibilità di scelta delle linee e quindi opportunità di guida creativa. Quello che in fondo piace della discesa in mountain bike.

Solo la giornata di sabato è stata molto difficile da digerire per atleti, addetti ai lavori, e appassionati. La nuova organizzazione congiunta di ESO Sports e UCI ha cancellato la gara DH Junior per problemi di sicurezza.

Qui entriamo nel difficile terreno minato delle opinioni, perché il Downhill è sempre stato uno sport estremo, che ha giocato con la praticabilità dei tracciati, a volte correndo sul filo del rasoio, e regalando gare epiche negli anni. Vi ricordate, ad esempio, di Danny Hart a Champery nel 2011? Ecco, tenetevi stretto il ricordo, per ovvi motivi…

 

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Un post condiviso da Camille Balanche (@cam.bal)

Ma fino a quando ci si può spingere bilanciando spettacolo e sicurezza sui rispettivi piatti della bilancia? Fino a quando un tracciato può essere ritenuto praticabile, anche in condizioni di asciutto?

Sì, perché non sono solo la pioggia e il vento a condizionare la reale possibilità di correre – vedi alla voce Andorra con la rovinosa caduta di Camille Balanche sull’enorme road gap a causa del vento fortissimo – ma anche l’opposto, con piste secche e scavatissime coma la Val di Sole l’anno scorso, al centro di forti polemiche.

Il meteo – da un estremo all’altro – ha condizionato molte gare in passato. Quella di Loudenvielle, così come la precedente di Andorra, è stata una gara difficile e l’organizzazione – che piaccia o meno – ha dovuto pensare alla sicurezza.

Col senno di poi è facile dire che la tempistica della catena decisionale avrebbe potuto essere migliore, in ogni caso sono riusciti a portare a casa con successo il programma Elite femminile e maschile.

In Andorra è andata diversamente, con le qualifiche che forse – e ripeto forse – potevano essere fermate così forse – e ripeto ancora forse – evitare il brutto infortunio della svizzera Balanche. E con le semi-finali Elite annullate, con tutti gli atleti qualificati di diritto per la finale (comunque falsata dalla forte pioggia che ha rallentano gli atleti con i tempi migliori, gli ultimi a scendere).

Non c’è motivo di biasimare chi si è arrabbiato per la gestione che, sinceramente, è apparsa un po’ approssimativa dall’esterno. A volte va meglio, altre peggio. È una questione di altalene, e non ci sarà mai nessun contento fino in fondo.

 

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DH World Cup: tanti problemi organizzativi

Ma torno al punto dolente. Il vero punto dolente, quello che finora è rimasto sotto traccia. Al ritorno delle gare di MTB World Cup dopo la pausa estiva, gli atleti si sono fatti portavoce dei vari problemi organizzativi, tra cui uno stranamente non ancora considerato in tutta la sua importanza.

Il bubbone è scoppiato in Andorra, quando Adam Brayton – non proprio l’ultimo arrivato – è stato costretto a saltare le gare DH per mancanza di punti UCI. Infatti, le semi-finali della discesa assegnano sì punti per la classifica di Coppa del Mondo ma non per il ranking generale della specialità. Assurdo, vero?

Un’altra bella gatta da pelare per ESO Sports e UCI dopo la decisione arbitraria di cambiare l’ordine di partenza dei Mondiali XCO all’ultimo minuto per favorire la super-star Mathieu Van der Poel. Polemica che ha coinvolto ingiustamente anche il “povero” Tom Pidcock, che invece i punti UCI li aveva conquistati sacrificando parte del suo ambizioso programma su strada correndo la tappa di Coppa a Nove Mesto.

Ma torno al cuore della questione, a un bel buco nel regolamento ufficiale della stagione agonistica 2023: non vengono assegnati punti per la classifica UCI ai discesisti che si qualificano e corrono le semi-finali. La prima importante vittima di questa strana svista è Adam Brayton, ora 65° in classifica di DH World Cup con 47 punti conquistati nelle prime tre tappe (due piazzamenti nei primi 40), ma con soli 18 punti nel ranking UCI.

DH World Cup - estratto regolamento
Gli attuali requisiti di iscrizione alla UCI DH World Cup

In sostanza, le semifinali offrono ai corridori punti per la Coppa ma non per la classifica individuale UCI. Così, anche se un discesista è stato tra i primi 60 in qualifica, accedendo alla successiva scrematura prima delle finali, a quanto pare non ha diritto a punti in classifica.

Il regolamento 2023 prevede che un atleta debba avere almeno 40 punti nella classifica individuale UCI DH per partecipare a una gara di Coppa del Mondo. Chi fa parte di una squadra ufficiale – che paga una generosa quota d’iscrizione al massimo organo mondiale – può comunque partecipare anche senza possedere i punti richiesti.

Ma come si accumulano questi benedetti punti? Durano 12 mesi dalla data in cui vengono conquistati. Il problema di Brayton è stato quello di pensare – erroneamente – di averli ottenuti anche correndo le semifinali, per poter continuare a gareggiare nel resto della stagione, ma così non è stato.

Come lui stesso ha ammesso, in fin dei conti è stata colpa sua, avrebbe dovuto controllare prima. Ma lui, come tanti altri discesisti gli hanno scritto, non sapeva che il sistema era cambiato, ammettendo l’errore.

Ma cosa può insegnare questa lezione allo sport?

Forse, che ESO Sports e UCI vogliono disincentivare lentamente gli atleti di livello medio e basso, invitandoli neanche tanto gentilmente a uscire di scena per mantenere una ristretta elite di 30-40 top downhiller come favoriti dai fan?

Questo a pensar male. A pensar bene, forse è stato gestito tutto molto – troppo – in modo ingenuo e approssimativo. Forse – e ripeto forse – il piano era che gli atleti di livello basso e comunque emergenti avessero dovuto iniziare a correre nei circuiti nazionali e internazionali, creando una base ampia da scremare via via.

Tuttavia, forzando un avvio troppo rapido e precipitoso di questo sistema altrimenti ambizioso, lo si è fatto saltare in aria, rovinandolo. Col senno di poi – anche se, guardando bene, non era così difficile arrivarci da subito – sarebbe stato meglio usare il 2023 come un anno sabbatico, in attesa che il sistema entrasse pienamente a regime l’anno prossimo.

Ma le colpe sono tutte di ESO Sports e UCI? Mi dispiace scriverlo, ma così non è. Sì, perché ai discesisti è stata data la possibilità di avere il loro sindacato per essere degnamente e opportunamente rappresentati nelle sedi ufficiali – pensate all’associazione dei piloti in MotoGP, ad esempio – ma hanno rinunciato.

Perché non fare questo piccolo sforzo supplementare per assicurarsi che non possano accadere cose del genere? Dal caso di Adam Brayton a molti infortuni di troppo – ho citato Balanche prima, ma ricordo anche Amaury Pierron fuori per un infortunio altrettanto brutto occorsogli in prova a Lenzerheide – fino ai cambi di programma “raffazzonati” con decisioni apparse come arbitrarie.

Questo succede quando ci si siede comodamente, pensando al lato figo del proprio sport, e si spera per il meglio in gara. Forse i discesisti – e non solo i discesisti – inizieranno a cambiare idea, a partecipare attivamente al processo decisionale, per capire quanto sia importante un’associazione di categoria gestito dagli atleti per gli atleti.

Coppa del Mondo DH: cosa bolle in pentola?

Lamentarsi tra post social e Vlog fa figo, fa interazioni tra click, like e commenti, ma non porta a nulla se non al solito sdegno che dura un giorno o poco più, per poi passare tristemente al prossimo contenuto virale.

Organizzazioni come UCI fanno queste cose da sempre, indipendentemente dallo sport, che sia off-road o strada non è importante (le prime tappe della Vuelta 2023 sono un esempio eclatante).

Spetta a chi corre, a chi rischia davvero, tenerli sotto controllo attraverso un sindacato attivo. Oppure lasciare perdere e pensare solo ai propri sponsor personali, e alla propria bolla virtuale tra social e Vlog.

 

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Un post condiviso da Amaury Pierron (@amaurypierron4)

Bisogna essere consapevoli che argomentazioni e decisioni entrano nel campo nelle sfumature di grigio in un mondo sempre più polarizzato.

L’opinione di molti appassionati – me compreso – è che si sarebbe dovuta dare la possibilità di gareggiare in Andorra e Francia, ma sono consapevole di essere solo uno spettatore in questa situazione. Prima di commentare – pro o contro – forse sarebbe il caso di contare fino a dieci, e guardare ben al di là del proprio naso, pensando a tutte le parti in gioco.

Credo che alla fine conti quanto si ami davvero il lato agonistico di questo sport.

Video: la storia dell’infortunio di Greg Minnaar in Val di Sole

 

Cristiano Guarco - 4bicycle - portrait 211127

Ciao a tutti, sono Cristiano Guarco, appassionato da una vita di mountain bike ma anche del movimento ciclistico in ogni sua forma. Da circa 20 anni ho fatto della mia passione la mia professione, una grande fortuna raccontare questo mondo, per parole e immagini, che tanto mi ha insegnato e continua a insegnare ma anche ispirare.